lunedì 24 maggio 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

3 febbraio 2010

Siamo alle solite. Entri in una struttura sanitaria felice come una pasqua e quando esci hai la bava e le corna, e anche se non hai incornato nessuno, hai tanta voglia di farlo. Nell’eventualità di crimini inspiegabili, senza uno straccio di logica o di movente, di improvvisi raptus che esplodono in sanguinaria violenza, la polizia dovrebbe sempre accertarsi che il colpevole non sia appena uscito da una ASL. In tal caso, nulla potrebbe più nascondersi dietro l’inspiegabile e tutta la vicenda si puntellerebbe su un indistruttibile rigore logico. Lo so che avete pensato che stessi dando i numeri, quando ho detto che entri in una struttura sanitaria felice come una pasqua, in primis perché se ci vai vuol dire che non stai bene e inoltre sai a cosa vai incontro e, meglio che vada, ti pioverà sul bagnato. Era solo per accentuare il contrasto. Licenza letteraria. La verità è che stamattina è toccata a me. Ho fatto un’ora di coda, naturalmente ho scelto la fila sbagliata perché quella accanto filava come un TAV, ho pagato il ticket e sono partito alla ricerca di Radiologia. Ricerca difficile. Ho percorso tutto il corridoio, letto il nome dei reparti a tutte le porte aperte e chiuse, niente Radiologia. Una dottoressa in camice bianco sfreccia veloce come le stelle nella notte di San Lorenzo, ma trova il tempo per un rapidissimo cenno verso una scala. Nessun cartello, ma di certo è nel seminterrato. Ci vado. Lo sportello è deserto. Gli utenti in attesa sono quattro, tutti anziani, e nel punto in cui si incrociano i nostri sguardi si forma un grosso punto interrogativo. Nessuno parla. Per fortuna ho pensato alle contromisure e ho portato il giornale. Vediamo. L’influenza A è stata incredibilmente benigna. Pochi i morti, in genere anziani che soffrivano di gravi patologie pregresse. Critiche ai governi che hanno speso milioni per i vaccini. Continua con le troppe spese per i vaccini. Mi pare che manchi qualcosa. Rileggo. Non manca niente, è una questione di stile. Infatti il significato di ciò che ho letto è il seguente: L’influenza A è stata incredibilmente benigna, infatti è morta solo gente anziana che aveva già gravi problemi di salute. Erano anziani, erano malati, si capisce che sono morti. Erano anziani, erano malati, a chi cazzo può fregare di meno se sono morti? Naturalmente il cronista non l’ha fatto apposta, anche perché scrive sempre di fretta. Però avrebbe potuto evitare l’errore. Sarebbe stato sufficiente immaginare un’intervista impossibile a ciascuno di quei disgraziati trascinati a forza nella fossa dall’AN1H1 e rivolgere loro una sola domanda –E’ contento che questa tanto temuta influenza A si sia rivelata così incredibilmente benigna?-

Sento gridare. I quattro in attesa sono diventati sei. Una signora sta davanti allo sportello e un’altra, in camice verde, sta gridando da dietro il vetro. E’ la tecnica di laboratorio. Vuole sapere se le ha consegnato un certo documento, l’altra non ne ha idea e lei continua a gridare. Finalmente si ricorda di non averglielo consegnato e la smette. La signora davanti allo sportello riprende fiato. La donna in camice verde si concentra su un elenco stampato che ha sotto gli occhi, probabilmente le radiografie che ha in programma. Ricomincia a scorrerlo di nuovo, ma stavolta lo fa imprecando contro ignoti e finalmente comincia a chiedere le impegnative. Quando gliela consegno, mi punta la penna in faccia e vuole sapere dove sono nato. Glielo dico in fretta, mentre mi scruta con l’aria di puntarmi addosso una pistola. Finisce di raccogliere le impegnative, poi sparisce. Mi rimetto a sedere e riprendo il giornale. Mi torna subito in mente l’intervista impossibile e penso a cosa potrebbe rispondere il morto. Ci metto un po’ di tempo, ma alla fine mi convinco proprio che il morto neppure gli risponderebbe, o lo manderebbe a quel paese o lo prenderebbe a calci in culo. Vengono chiamate un paio di persone, poi finalmente arriva il mio turno. La donna in camice verde mi fa accomodare in uno stanzino e mi dice di liberare il torace. Vista l’aria che tira, cerco di fare in fretta, poi rimango ad aspettare e comincio a sentir freddo. Siccome da una ventina di giorni ho una febbre inestinguibile e una tosse che sta cercando di spezzarmi le costole, mi incazzo. Un attimo dopo riappare come una farfalla e dice di scusarla perché deve vedere una lastra. Sorride perfino. Ho freddo. Passano un paio di minuti e riappare di nuovo imprecando per l’enorme accumulo di radiografie fra mezzogiorno e l’una. Però mi invita verso la macchina. Tanto per dire qualcosa, le dico di prendersela con calma. Non l’avessi mai fatto. Comincia a dare di matto e mi spiega, sempre smoccolando, di essere vittima di un complotto per mandarla a casa in ritardo rispetto a quelli del reparto accettazione. -E lei mi dice di prendermela con calma!- Me l’hanno già detto che il silenzio è d’oro, specie in certe occasioni, ma pare che ogni tanto una stronzata sia d’obbligo. Poco ci manca che la mandi a prendersela da un’altra parte, invece non dico più una parola, nemmeno quando mi lascia ad annaspare come un pesce preso all’amo.

-Un bel respiro!- mi fa. Eseguo e trattengo il fiato in attesa del secondo comando -Fermo!-, che non arriva, e non arriva neanche il terzo -può respirare!- Naturalmente aspetto un po’ poi riattivo i polmoni per motivi di sopravvivenza. Riappare dopo un paio di minuti con una fretta del diavolo. Ha l’aria soddisfatta. Pare che sia andata bene. Mi fa voltare di fianco e mi solleva le braccia sulla testa lasciandomi in una positura da Nureyev. –Resti fermo così-, e scompare. Passano venti secondi e poi -Un bel respiro!-, seguito da incombente silenzio. Stavolta però sono preparato e ricomincio a respirare dopo qualche secondo. Poi mi passa vicino con dei fogli in mano. –Venerdì il referto in portineria!- e sparisce insieme ai fogli. Due secondi e ha già ripreso a gridare da dietro lo sportello. Vado a rivestirmi. Tutto sommato, è andata bene, non sono neanche tanto incazzato, a parte un po’ di freddo. Per di più non avevo mai assistito al rapido smaltimento di radiografie accumulate in un orario indesiderato, in contrasto con la pausa pranzo. Roba da Guinness dei primati.

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