martedì 12 ottobre 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Mercoledì, 31 marzo 2010. Sono le due di mattina e appena mi sono svegliato ho capito che non c’era verso di rimettermi a dormire. Insonnia. L’unico rimedio è farmi un caffè e fumarmi una sigaretta. Aspettando che si faccia il caffè, mi sono messo a scrivere. Ieri non è piovuto, ma la barca è ancora lì. Fare programmi è da presuntuosi. Come voler predire il futuro. Per di più, non riesco a capire il verso di questa dannatissima staffa da applicare alla poppa. Durante le mie ricerche per i negozi di nautica ho visto almeno una decina di illustrazioni, ma nessuna era uguale a questa. Erano di una semplicità estrema, non c’era bisogno di chiedere quale fosse il verso, cioè quale parte andasse in alto e quale in basso. Ho fatto anche un salto al rimessaggio, ho chiesto a quattro cinque sprovveduti come me, ma non c’è stata illuminazione. Alcuni propendevano per un verso, altri per quello opposto, e io sono rimasto con il trapano in mano e con il timore di forare la barca in modo sbagliato. Naturalmente non ho fatto buchi e mi sono riportato a casa il trapano e la staffa, sperando in un avvenire migliore. Ho provato a telefonare al rivenditore, e subito il tizio si è impegnato in una disquisizione sulla funzione della staffa, usando termini maledettamente tecnici, di pertinenza della meccanica, di cui non capivo un cazzo, in un tono scontato e pieno di sussiego, senza peraltro rispondere alla mia domanda, del resto molto semplice da capire anche per un buzzurro –quale parte va sopra e quale sotto?- con il risultato di un supplemento di incazzatura e una telefonata sprecata. Poi mi sono ricordato di un amico, anche lui ha la barca al rimessaggio, che poco si intende di vela e per fortuna va solo a motore. Ho fatto di nuovo un salto alla barca, sperando di incontrarlo, e quando l’ho visto, quasi non ci credevo. Mi ha chiarito la situazione in due parole e domani mattina viene a darmi una mano per montarlo. Appuntamento alle dieci. Non è vero che l’umanità è condannata alla sofferenza, non sempre. Il giorno dopo, ore dieci e un quarto. Ad alleviare la sofferenza il più delle volte è solo un’illusione passeggera. Il mio amico è arrivato puntuale, ma con una fretta del diavolo, mi ha dato qualche indicazione sommaria, ha cercato di sbloccare il maledetto aggeggio, mi sono dimenticato di annotare che era maledettamente bloccato, poi ha detto che lo aspettava la moglie ed è sparito come un fugacissimo banco di nebbia. Ho cercato di ricordare i suoi suggerimenti ultrarapidi, ho provato l’aggeggio sulla poppa per vedere se il problema era risolto. Neanche per sogno. Sono tornato a casa e ho telefonato al rivenditore. Appuntamento alle quindici. Arrivo puntuale come una cambiale in scadenza, non trovo il tizio che me l’ha venduto. Al suo posto c’è un altro, più insofferente, deve essere il padrone. Gli espongo il problema e lui quasi si incazza, poi io gli dico che il marchingegno è bloccato e lui si incazza ancora di più, perché, dice, senza averci montato il motore certo che è bloccato. Se è vero, come sostengono molti psicologi, che in ciascuno di noi abita un genitore, un adulto e un bambino, il rivenditore aveva certo indossato i panni del genitore e stava rimproverando un bambino disattento, senza sapere che il bambino che credeva di avere di fronte era in realtà un adulto molto, molto incazzato, di certo più incazzato di lui, che si stava ricacciando in gola, a fatica, una lunga serie di fanculo a vantaggio del proprio particulare. Quello guicciardiniano, per intenderci. Mi spiega, anche lui a grande velocità, cosa devo fare, poi mi restituisce il coso e si dedica ad altro. Torno in spiaggia e appoggio il coso alla barca cercando di seguire le sue indicazioni. Di nuovo non mi convince, e davvero comincio a dubitare di essermi rincoglionito. Ma quando mi è successo? Possibile che in famiglia non mi abbiano detto niente? Personaggi strani non ne ho visti, voglio dire psichiatri o psicologi introdotti di straforo per una visita a mia insaputa, magari contrabbandati per testimoni di Jeova o promotori telefonici, o venditori di enciclopedie e non so che altro. Niente di tutto ciò. Dunque è probabile che abbia ancora tutte le cellule funzionanti e che se le metto in moto, senza continuare a chiedere a tanta gente, creando problemi a chi ha fretta e facendo incazzare chi non ha pazienza e mi fa capire che non ha tempo da perdere con chi è tanto imbranato da dover chiedere spiegazioni, forse arriverò a una qualche conclusione. L’arnese si è bloccato in una posizione che mi rende difficile capire come cazzo funziona. Per prima cosa, sbloccarlo. Mi infilo due guanti molto spessi per proteggermi le mani e ci provo. Dopo ripetuti tentativi e un numero imprecisabile di moccoli, ci riesco, anche se solo in parte, e incredibilmente si svela l’arcano. Ripeto la prova appoggiandolo alla poppa, e, che sia il modo giusto o no, mi pare che possa andare. Forse domani mattina riesco a montarlo, portare la barca all’attracco e chiudere questo fottutissimo capitolo della staffa misteriosa. Ho detto forse. Niente programmi.

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