lunedì 27 settembre 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Martedì, 30 marzo 2010
Mattinata luminosa e senza vento, ideale per spostare il quasi fly junior dall’attracco al rimessaggio, soprattutto per tirarla a riva, con il mare piatto come una tavola. Pensieri al vento. Mia moglie deve recarsi in un paio di posti, il traffico è fitto e i parcheggi scarseggiano. Per di più c’è una masnada di vigili, aspiranti vigili e vigili in appalto che si aggirano fra le auto in sosta con il taccuino delle contravvenzioni nella sinistra e il prurito nella destra. Quanto ai mancini, il prurito ce l’hanno nella sinistra. Se ti beccano, meglio non protestare, tanto non c’è perdono per chi incorre in quisquilie del genere. Se ammazzi qualcuno, o se almeno fai parte di una banda di assassini, allora è diverso, perché con il pentimento si dimenticano di quanta gente hai ammazzato e ti guadagni un premio. Con la qualifica di pentito hai diritto a una pensione, una casa nuova, cose del genere. Per farla breve, accompagno mia moglie in modo di poter restare in macchina nel caso debba parcheggiare alla meglio. Vado al pontile di pomeriggio, ma si è già levato un po’ di vento. Incontro un amico di vela, un toscano. Fa il falegname, ma solo per dieci mesi all’anno, perché d’estate pianta il lavoro e anche l’idea del lavoro e viene a godersi la barca insieme alla moglie. E’ un’inglese, anche lei va matta per il mare e insieme fanno una coppia piacevole a starci insieme. Mi avverte che ci sono onde molto lunghe e se si va a terra bisogna fare attenzione per via delle barriere di scogli. Ci sono abituato. Esco dal porto tranquillamente, le onde rompono a riva. Mano a mano che mi allontano le onde si fanno più alte, ma sono sempre innocue. Poi, quando arrivo e devo passare fra due file di scogli, le cose si complicano un po’, perché con la prua a terra comincia una sorta di surf. Cerco di allinearmi al verso dell’onda e per fortuna l’occhio non mi tradisce. Quando sono a trenta metri un cavallone si impadronisce della barca e mi porta dritto dietro gli scogli attraverso lo stretto passaggio. Dentro tira un’altra musica, c’è maretta, tiro su in fretta il motore, subito dopo il timone e la deriva, se no si spezzano urtano il fondo, e mi lascio portare a terra dai frangenti. Ho solo un rullo di gomma, l’altro è di plastica, perciò rischio qualche vertebra per tirare la barca in secca, poi la scarico completamente per alleggerirla e comincio a farla rullare verso il rimessaggio. Niente da fare, perché proprio in quel momento si mette in moto una ruspa che in un minuto solleva tanta terra da creare una barriera insuperabile fra me e le altre barche. Fanculo. Per raggiungerla devo uscire dalla spiaggia e allungare il tragitto di almeno tre volte. Arrivo dopo un tre quanti d’ora, a corto di fiato, non riuscirei a spegnere una candela. Salvagente, timone, deriva, vela e fiocco e tutto il resto sono ammucchiati sulla spiaggia. Ce li ho lasciati quando ho dovuto alleggerire la barca. La macchina è rimasta sul molo e devo andare a riprenderla. Un paio di chilometri. Me li faccio a piedi, e per strada continuo a ripetermi che non faccio moto da tanto tempo e che ne avevo un gran bisogno e che posso finalmente approfittare di una buona occasione, mentre le gambe pare che siano di tutt’altro avviso. Non condividono il mio entusiasmo, ma mi portano a destinazione. Mi metto al volante, vado a riprendermi il tutto e me ne torno a casa. A scaricare la macchina non ci penso nemmeno, preferisco scaricarmi di peso sul divano e alleggerirmi il cervello ascoltando stronzate alla televisione. Riecheggiano ancora i commenti dei politici sui risultati delle elezioni regionali. Difficile capire chi ha vinto, perché nessuno ammette di averle perse. Poi arriva Bersani che pare si sia scoperto meteorologo. Da un pezzo non fa che ripetere che il vento sta cambiando e comincia a soffiare in un’altra direzione. Nessun riferimento alla rosa dei venti. E’ una sorta di disco inceppato che continua a girare anche dopo le elezioni. Sempre più spesso appare Di Pietro, al colmo della beatitudine per l’indice di gradimento salito al sette per cento, candidato all’aureola di leader della sinistra. Arriva Bossi e giura eterna fedeltà all’amico Berlusconi, che ha il patema d’animo ogni volta che Umberto apre bocca, memore di quello che gli ha combinato in una passata legislatura, mica tanto lontana. L’umore del senatur è variabile e cambia direzione molto più in fretta del vento di Bersani. A sublimare la merda, la più maleodorante possibile, arriva la pubblicità. La cellulite è una malattia, a caratteri cubitali. Sconvolgere la psiche delle donne, a partire dalle dodicenni, è routine per chi ha qualcosa da vendere. La televisione è il nuovo Verbo, forse sarebbe il caso di scriverci una nuova Bibbia, a cui anche i genitori siano tenuti a prostrarsi. Così potremmo starcene tutti tranquilli, senza provare più quel prurito ai piedi e la voglia di dare tanti calci in culo a tanti figli di puttana invisibili.

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