venerdì 25 marzo 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Mercoledì, 4 agosto 2010. Nel mese di luglio le vendite delle auto sono colate a picco, e pare che siano state le vendite della Fiat a raggiungere profondità abissali. Tanti giovani potrebbero anche fare il gran passo con qualche anticipo, se poi, oltre al mutuo per comprarsi l’auto, non fossero costretti ad accenderne un altro per pagarsi l’assicurazione. Lo sanno tutti che in Italia le Assicurazioni, parlo della polizza RC, intralciano il mercato dell’auto, ma la cosa passa inosservata, sfugge all’attenzione, è un fatto marginale. Mai che una volta, dico una volta, abbia letto o sentito dire da qualche parte che le auto fanno fatica a vendere a causa di una incurabile elefantiasi che da tempo affligge i premi assicurativi imposti a chi guida. Quando si parla di ridurre i premi, quelle poche volte che accade, costretti da statistiche implacabili, anche se molto sgradite nei settori interessati, che attribuiscono alle RC italiane un importo doppio di quello in altri paesi, si parla di percentuali irrisorie, che aggiungono alla rabbia la presa per il culo. Ma chi se ne frega, tanto l’Italia è il paese delle canzoni, delle chitarre e dei mandolini, dove tutto finisce a tarallucci e vino. Questa notte è piovuto cats and dogs , come chiamano gli inglesi una pioggia torrenziale, cioè come dire che sono piovuti cani e gatti, e stamattina la barca era piena come una vasca da bagno. Ci sono dovuto salire per sgottare, e quasi la rovescio. Ho fatto anche un salto a vedere il Vaurien. C’è molta acqua, ma lui sta a terra e può aspettare. Con l’acqua dentro è anche più stabile e se il mare si ingrossa e ci arrivano le onde non se lo porteranno via. Una sera si son portate via un catamarano, così, come niente fosse, e l’hanno sballottato fino agli scogli dove non ha avuto scampo. Disintegrato. Quando ci si mette d’impegno, il mare è anche un gran rompicoglioni. Oggi ho lavorato un paio d’ore alla stesura del racconto thriller, esercizio che mi sono proposto prima di riprendere i fili del mio ultimo romanzo, rimasto a metà. Ho scritto dodici pagine, trenta righe di sessanta battute ciascuna, più o meno. Alla fine saranno venti o venticinque pagine, forse trenta. Non sono molte, ma sufficienti per un racconto breve. Non ho fatto molta fatica, anzi, lentamente ho ripreso a divertirmi. Si vede che l’esperimento funziona. Prevedo di portarlo a termine nel giro di due o tre giorni. Tempo permettendo. Cioè, sperando nel cattivo tempo, che mi tenga lontano dalla barca. Al TG le immagini che vengono da Mosca fanno paura. A parte gli incendi, che secondo lo speaker sono alle porte della città, non so proprio cosa si possa riuscire a distinguere, parlo di edifici, monumenti, sights in generale, in quella nebbia di smog e di fumo che avvolge la gente come un alone infernale. Ho telefonato all’agenzia viaggi, dove per quisquilie del genere neanche ti stanno a sentire. Mi hanno assicurato che se davvero ci sarà pericolo, ci penserà la Farnesina a sospendere i voli. Quando si dice la sfiga. Decidiamo di andare a Mosca e piglia fuoco la Russia. Ho acceso il computer e mi sono cercato il numero della Farnesina. Ho ricevuto assicurazione che non c’è pericolo, unico disturbo lo smog selvaggio, per cui sarà bene portarsi dietro un kit di mascherine che consentano di respirare e sopravvivere. Ah, dimenticavo. Mi hanno anche assicurato che i russi hanno assicurato che nel giro di pochi giorni tutto tornerà alla normalità. Il nostro volo è fra dieci giorni. Speriamo che in Russia pochi significhi davvero pochi. Ci sarebbe da dubitarne, visto che in questa lingua si sbatte spesso il muso contro stranezze insospettabili. L’uso dei verbi, ad esempio, segue una diversa concezione del tempo. Diversa dalla nostra, intendo. Chi studia il russo lo sa e si dispera. C’è davvero da augurarsi che tale diversità non ecceda l’ambito

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