venerdì 30 settembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 29agosto 2010. Venerdì ho provato di nuovo la vela. Con il nuovo accorgimento suggeritomi da Roberto, il pittore, stavolta ero sicuro di farcela. Per la verità fischiavano almeno ventisette nodi di scirocco e con la vela incerta c’era qualche rischio. Non ho resistito. Con quel vento la vela avrebbe detto la verità, tutta la verità. E infatti così è stato. L’ho issata una prima volta, e la prua si è messa quasi completamente in direzione del vento, avanzando lentamente, troppo lentamente, lasciando le onde libere di portarmi a spasso a loro piacimento. Ho tirato giù tutto e con il motore mi sono riportato al riparo degli scogli, ho spostato in avanti l’attacco della drizza sul pennone alto, poi ho issato di nuovo e riprovato. Stavolta la vela si raggrinzava, non pigliava il vento e sembrava volersene andare per proprio conto. Di nuovo tiro giù tutto e mi riporto a ridosso degli scogli. Abbandono il dispositivo miracoloso di Roberto, ripristino l’attacco del pennone alto e abbasso tutto l’assetto di una ventina di centimetri. Isso di nuovo. Pare che vada un po’ meglio, ma l’orza è ancora eccessiva e sono ancora in balia delle onde. Provo a virare. Meglio lasciar perdere. Tra l’altro, la pressione del vento sulla vela poco più che ferma potrebbe combinare guai. Di nuovo tiro giù tutto, evito di incazzarmi, tanto non servirebbe gran ché, e rientro. Attracco e faccio un po’ di conti. Con l’albero a prua, assicurato in un apposito congegno metallico, tra l’altro comodissimo perché non richiede lo strallo e neppure le sartie, la barca poggiava in modo indecente e non era possibile stringere il vento. Ora, dopo aver spostato l’albero al centro, accade il contrario. Orza eccessivamente e di poggiare non si parla neppure. Se due più due fa ancora quattro, devo trovare una via di mezzo. Comincio subito a darmi da fare e sposto l’albero di una trentina di centimetri in avanti. La sistemazione è provvisoria e precaria e questo cavolo di scirocco sta pure rinforzando e non è il caso di continuare le prove. Rientro e attracco. Se ne riparlerà. Due giorni dopo il rientro avevo appuntamento con l’otorino. Dannati tappi agli orecchi, accumulo di cerume che ogni due o tre anni mi fa diventare sordo. Vado all’ASL, e il primo inghippo è allo sportello. La doc ha scritto visita otorinolaringoiatrica sull’impegnativa, ma io non sono venuto per una visita, devo solo farmi togliere i tappi. A quanto pare c’è differenza: Sette euro di ticket per i tappi, diciassette per la visita. L’impiegata risolve consentendomi di pagare in seguito, facendo specificare all’otorino se mi ha visitato o si è limitato a sturarmi gli orecchi. Ragazza intelligente. Vado dall’otorino e aspetto davanti alla porta. Davanti a me, una famiglia islamica. Moglie, marito e due bambini. Dalla porta di fronte esce una dottoressa e invita i genitori ad entrare. Osservo di due fratellini, forse cinque, forse sei o sette anni, mentre aspettano. Giocano, in ogni atteggiamento una dimostrazione di affetto, ogni tanto si abbracciano perfino, con tenerezza. Si vogliono bene, devono volersene tanto. Viene da chiedersi per quale sortilegio la gente di questo mondo possa cambiare in modo tanto drammatico. Si apre la porta e appare l’otorino. Donna. Resta sulla soglia con un’aria sconcertata. Discute con una paziente. Anche lei ha l’aria sconcertata. Manca l’acqua calda e dovrà tornare il giorno dopo. Anch’io dovrò tornare il mattino seguente. Per stappare gli orecchi c’è bisogno di acqua calda. Prima di tornare, però, faccio un salto dalla doc per cambiare la dicitura sull’impegnativa. La doc è in ferie, trovo un sostituto che comincia a smoccolare perché quelli dell’ASL non possono pretendere di insegnare ai medici come si redige un’impegnativa. Quando smette di smoccolare, la butta giù di fretta e me la consegna. All’ASL finalmente c’è acqua calda e l’otorino, ragazza affabile e simpatica, compie egregiamente l’opera. Ringrazio e vado a pagare. Nuovo inghippo. Allo sportello mi chiedono se mi sono fatto sturare un orecchio o entrambi. Entrambi, naturalmente, le dico. Invece la faccenda non è tanto scontata, perché sono sette euro e rotti per ciascun orecchio. Insomma, mi sono sorbito tutti i moccoli del doc sostituto per risparmiare, alla fine, un paio di euro. C’è chi dice che nella vita è il percorso che conta, non il risultato. Nella fattispecie mi permetto di dissentire. Adesso il mio udito è a posto, e questo è il risultato. Quanto al percorso, non riesco a entusiasmarmene. Ieri il tempo si è messo al brutto e ha minacciato pioggia per quasi tutto il giorno. Sul tardi, turbini di vento. Ho aperto la porta di casa per vedere cosa succedeva, cominciava anche a piovere. Me ne sono andato a letto sperando che non ne venisse giù tanta da riempirmi la barca. Stamattina alle sette sono corso al porto a sgottare. Sorpresa, la barca era quasi asciutta. Quella prima pioggia, sul tardi, non aveva avuto seguito. Però il vento aveva soffiato forte. Sono corso al circolo dei velisti. Le barche erano tutte in ordine, incluso il Vaurien. Solo un enorme catamarano aveva tentato di decollare ed era finito con l’albero sopra la recinzione di una piscina. Nient’altro da segnalare.

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