Giovedì, 7 giugno 2012
Il 3 di febbraio del 2010 ho
cominciato a scrivere questo diario di un
qualsiasi nessuno con queste precise parole: Siamo alle solite. Entri in una struttura sanitaria felice come una
pasqua e quando esci hai la bava e le corna, e anche se non hai incornato
nessuno, hai tanta voglia di farlo. A oltre due anni di distanza, con i
casini combinati dal governo Monti che potrebbero, come ormai in molti
affermano, togliere all’Italia ogni speranza di ripresa, con quelli della
Fornero, cui deve esser parso l’uovo di Colombo del risparmio mandare la gente
in pensione evitando poi di pagargliela, con il terrorismo mediatico e il teatrino
organizzato ogni giorno dai politici che aspettano solo che Monti gli rimpingui
le casse per poter disporre dei soldi dei contribuenti, a oltre due anni di distanza, dicevo, le cose
non sono cambiate. Ieri ho accompagnato
mia moglie alla ASL per una radiografia all’omero, tanto per accertare che dopo
una brutta caduta di diversi mesi fa le cose fossero tornate a posto. La lascio
all’ingresso e vado a parcheggiare. Quando la raggiungo, è allo sportello
dell’accettazione. Un tizio alto, con un cranio perfettamente rasato e
luminoso, è impegnato in una sorta di conferenza, ma in realtà si sta
rivolgendo a mia moglie. Dal modo in cui parla, si capisce però che ha bisogno
di un pubblico e poiché ha davanti a sé un sacco di gente che aspetta il proprio turno, ne approfitta
spudoratamente. Assume toni didattici, compiacenti, pazienti e perfino
tolleranti nell’apparente sforzo di spiegare a mia moglie i termini del
problema. Gravissimo, senza soluzione. Il che comporta il pagamento di un
ticket maggiorato di venti euro. Decidiamo di entrare nel reparto e chiedere se
davvero dobbiamo sottometterci all’estorsione. La prima infermiera che
incontriamo si mette a ridere e dice che secondo lei nessuno si rifiuterà di
eseguire la radiografia. Per maggior sicurezza ne chiama un’altra che si
incazza perfino per via di chi crea difficoltà invece di agevolare il lavoro.
Prende in mano l’impegnativa e va a parlare con l’oratore. Problema risolto in
meno di un minuto. Nel giro di un quarto d’ora abbiamo finito e siamo già in
possesso del foglio per il ritiro del referto, fra una settimana. Pagheremo
allora, con una nuova impegnativa. Tutto qui. Innocente escamotage, non fa male
a nessuno. Malgrado l’incazzatura, esperienza edificante. Su cinque operatori
contattati (includo il radiologo, ovviamente, e anche una signorina allo
sportello che, si capiva dell’espressione, non approvava la concione di cranio
luminoso, molto verosimilmente il suo capoccia), un solo rompi. Percentuale del venti percento, avrebbe
rilevato un sondaggio DOXA, con buone possibilità, dovendo proprio entrare in
una ASL, di imbattersi in gente illuminata all’interno del cranio. Come si
spiega, allora, che parlare male delle ASL è come sparare sulla Croce Rossa? E’
mai possibile che si debba sempre incocciare quel dannatissimo venti per cento
di oratori, mancati poeti e gran rompicoglioni?
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