giovedì 19 gennaio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Racconto thriller - L'erede australiano- Parte I

All’aeroporto Raffaello Sanzio è appena giunto un volo da Roma. Due passeggeri superano l’uscita conversando cordialmente. In realtà si conoscono poco, si sono presentati e hanno cercato di ammazzare il tempo facendo due chiacchiere durante il volo. Sono di statura media, sul metro e settantacinque, corporatura snella. Uno dei due porta i baffi.

-L’auto è già qui?-, chiede l’altro, mentre si da un’occhiata in giro. Anche il baffuto si sta guardando intorno.

-Credo sia quella-, dice, indicando una Volkswagen decappottabile con un tizio accanto. –Vado a vedere-. Raggiunge l’auto, scambia alcune parole con il tizio, che subito dopo si allontana.

-Possiamo andare-, quasi grida, facendo cenno all’altro di raggiungerlo.

L’auto procede da un quarto d’ora attraversando ampie distese di grano ancora verde, campi di girasoli e frutteti, il tutto cosparso da vecchi casolari, ma anche di costruzioni nuove, specie ai piedi delle colline, dove spesso risiedono moderni opifici. Il tempo si sta guastando, il cielo si è annuvolato e già pioviggina.

-Sarebbe stato meglio prendere l’autostrada?- chiede il baffuto.

-No, non è lontano-

L’asfalto si sta facendo scivoloso e per un paio di volte l’auto subisce un lieve slittamento. Il baffuto guida e tace, immerso in chissà quali riflessioni, ma la velocità supera di gran lunga quella imposta dai limiti che si succedono lungo il percorso e consentono al massimo i novanta chilometri all’ora. Il baffuto si mantiene sui centoventi. Troppi i sorpassi, alcuni anche rischiosi, al punto che l’altro comincia a scocciarsi.

Deve dire a quel deficiente di rallentare, di considerare il traffico intenso e il fondo sdrucciolevole e che se continua a guidare in quel modo finiranno sfracellati contro un camion o in fondo a una scarpata. Non ha nessuna voglia di finire in quel modo. Non immagina neppure che le sue previsioni stanno per essere confermate dagli eventi e che non avrà neppure il tempo di rammaricarsi della propria esitazione. Un ulteriore, incauto sorpasso, e l’auto sbanda pesantemente per evitare uno scontro frontale con un TIR, esce di strada e finisce in una scarpata piuttosto alta, rotolando ripetutamente su se stessa. Il passeggero la segue con la sguardo, abbarbicato al margine, dopo essere riuscito a balzare fuori dallo sportello. Quando la macchina smette di rotolare, prima dell’arrivo dei curiosi e dei soccorsi, comprimendosi con le mani la gamba nel tentativo di attenuare un dolore lancinante, discende lentamente la scarpata e si avvicina cautamente al relitto. Il baffuto deve aver battuto malamente la testa e si è sfracellato la faccia contro il parabrezza. Giace immobile, con il busto per metà fuori del finestrino, ma respira ancora. L’alito è appena percettibile, ma è ancora vivo. Il passeggero si da una rapida occhiata intorno, si muove con decisione imprecando per una nuova fitta lancinante alla gamba. Preme una mano sulla bocca del ferito e gli chiude le narici con l’altra. Poi aspetta. Dopo pochi secondi la vittima sembra scuotersi, ma ha perduto le forze. Riesce a spalancare gli occhi e li fissa sul suo aguzzino. Quasi subito però li richiude e stavolta per sempre. Non si vede ancora nessuno e l’uomo ne approfitta per arraffare dalle tasche e dal portafoglio del morto. Quando arrivano i soccorsi vengono entrambi portati via in ambulanza. Durante il percorso e all’ospedale cercano di rianimare l’uomo esanime. Ogni tentativo è inutile.

Olindo Ferri, ex detective della Squadra Omicidi in pensione, si sta rigirando fra le mani un quotidiano che non ha la minima voglia di leggere. All’altro lato della scrivania siede il suo unico collaboratore e factotum, Marco Perretti, che non è un’aquila ma gli è d’aiuto quando deve esternare il dialogo interiore. Insomma, gli fa domande che ha già rivolto a sé stesso, poi da anche le risposte. Raramente Marco fa in tempo a precederlo, però va sottolineato che a volte ci riesce. Anche lui ha in mano un giornale, uno dei tre che va a comprare ogni mattina per l’agenzia, giusto per tenersi al corrente. Dopo averlo scorso rapidamente lo butta sulla scrivania.

-Niente di nuovo e le solite stronzate della politica- commenta svogliato.

-Che ti aspettavi?-, replica Olindo, -a ciascuno secondo i propri meriti. I buoni, se ce ne sono rimasti, non contano. Saranno premiati nell’altro mondo- Si fa una risata e posa anche lui il giornale sul ripiano.

-Senti un po’-, dice, -stavo pensando-. Segue un momento di pausa, durante la quale continua a pensare. Marco aspetta.

-Non ti pare che Occhio di Lince sia un nome troppo scontato per un’agenzia investigativa?-, chiede finalmente. Marco ci riflette su qualche secondo.

-Non so che dire-, risponde incerto, -però a me non dispiace. Come vorresti chiamarla?- Lo sa che Olindo ha già almeno un paio di alternative in testa, è il suo modo di procedere, ma stavolta la sua curiosità rimane insoddisfatta. Dietro il vetro della porta d’ingresso si profila una figura di donna. Suona il campanello. Marco torna immediatamente al suo tavolo e Olindo si ricompone prima di invitarla ad entrare.

-Avanti!-, dice ad alta voce. Nel riquadro della porta appare una donna non molto alta, sul metro e sessantacinque, bionda, ben vestita, dal fisico leggermente appesantito ma ancora di bell’aspetto. Ha un piglio deciso, benché appaia un po’ a disagio.

-Si accomodi- dice Olindo, invitandola a sedersi di fronte a lui, dall’altro lato della scrivania. Seguendo la consueta prassi, le porge un modulo che la donna compila rapidamente, precisando i propri dati anagrafici, indirizzo, numero e nome dei familiari, telefono e ogni altra indicazione necessaria.

Olindo ci da una rapida occhiata, poi mette il foglio da parte.

-Grazie-, le dice, -ora, se vuole, può dirmi che cosa l’ha portata qui- Si accorge di aver usato un tono caramellato, quello che di solito riserva ai casi di infedeltà coniugale, per mettere le vittime e proprio agio come se stessero confidando i loro segreti a una persona amica. Qualcosa però gli dice che lo sguardo non è quello di una donna tradita. C’è dell’altro in quegli occhi, un assillo e un tormento dovuti ad accadimenti molto più dolorosi.

-Ho perduto mia madre e mio marito -, esordisce la donna, mentre le lacrime le inumidiscono gli occhi senza riuscire ad indurla al pianto. Olindo tace, comprende che le serve tempo per riprendersi.

-Un incidente d’auto-, precisa la donna dopo qualche secondo. Poi racconta, costretta a ricordare -C’ero anch’io con loro, e i miei due figli, andavamo tutti insieme a vedere la casa che avremmo voluto comprare con il ricavato della vendita del podere.-.

-Può dirmi qualcosa di più su questo podere?- le chiese, senza avere ancora la più pallida idea di come gli si sarebbe prospettato il problema. In ogni caso, in qualsiasi indagine, non è mai sbagliato approfondire le questioni di denaro.

-Certo-, disse la donna. –Appartiene da tanto tempo alla nostra famiglia, ci sono cresciute diverse generazioni. Purtroppo mio padre e due fratelli maggiori ci hanno lasciato e non bastano più le braccia. Per di più mio marito è ingegnere informatico e bisogna capirlo se preferisce vivere in città. Avevamo deciso di comprarci una bella casetta con un po’ di prato intorno e mia madre sarebbe venuta a vivere con noi-.

-Poi c’è stato l’incidente-, interviene Olindo. –E dopo, il podere è stato venduto?-

-No-, risponde la donna, - e la casa che intendevamo acquistare non è più disponibile. E’ stata venduta-

-Come mai non avete più venduto il podere?- vuole sapere Olindo.

-Sono stata io a non voler più vendere. Non saprei dire perché. E’ come se dal giorno dell’incidente mi stia sforzando di trovare risposte a una domanda assillante -Come è stato possibile?-

-Un incidente d’auto…- comincia a dire Olindo, pur conscio di accingersi a fornire una spiegazione ovvia e del tutto inutile, ma non può proseguire.

-Lo so-, lo interrompe la donna, -un incidente d’auto è la disgrazia più comune che possa capitare, decine di migliaia di vittime all’anno, continui inasprimenti delle pene per ridurre le violazioni al codice della strada. So cosa vuole dirmi-.

-Allora, perché chiedersi come sia stato possibile?- le chiede, intuendo che, per qualche motivo, si tratta di una domanda risolutiva.

-L’incidente-, comincia a spiegare la donna dopo attimi di silenzio, -è stato attribuito all’usura del tubicino che pompa l’olio nei freni. Ha presente il tubicino di gomma?-

-Naturalmente. E’ un incidente piuttosto frequente. L’olio non arriva e i freni d’un tratto non funzionano- Spiegazione inutile, la donna ne è già a conoscenza. Di certo ha qualcosa da aggiungere, un fatto, una scoperta imprevedibile che tolga all’accaduto ogni parvenza di banalità, un nuovo elemento, in sostanza, dal quale scaturiscano i termini del problema connesso a quella domanda -Come è stato possibile?-

-All’incirca una settimana dopo l’incidente ho ricevuto posta da un’officina che si trova in paese, a una mezz’ora di macchina. Era una fattura. Fra le riparazioni elencate figurava la revisione dei freni e la sostituzione dei tubi dell’olio. Evidentemente ci aveva pensato mio marito quattro o cinque giorni prima dell’incidente-. Adesso i termini del problema sono chiari. Anche troppo. La donna lo scruta in silenzio, curiosa di osservare la sua reazione. Olindo riprende in mano il modulo che le ha fatto compilare prima di iniziare il colloquio.

-Ha con sé la fattura?- chiede, avvertendo che qualche rotella sta cominciando a muoversi, ma è solo adrenalina.

-Certo-. La donna apre la borsetta e ne estrae una busta con il nome di un’officina stampigliato in alto a sinistra. Gliela passa, lui l’apre e da un’occhiata alla fattura.

-E’ vero. Sembra proprio che la revisione dei freni sia stata fatta di recente. Può lasciarmela?- chiede, distratto.

-Vuol dire che accetta di aiutarmi?-, chiede a sua volta la donna, sorpresa.

-Mi scusi- dice Olindo, imbarazzato, -sì, vuol dire che accetto il caso. Sempre che le nostre tariffe non siano un problema-

-Sarebbero?-

-Milleduecento a settimana più duecento al giorno per le spese. Una settimana va pagata in anticipo-, precisa e aspetta.

-So che può sembrare una domanda stupida, ma vorrei chiederle ugualmente se può prevedere, approssimativamente, quante settimane saranno necessarie- Domanda ricorrente di chi non ha disponibilità illimitate.

-Mi dispiace di non poterle dare una risposta, perché è molto difficile sapere a priori come si svilupperà l’indagine-. La donna assume un’espressione infastidita, ma Olindo non ha finito.

-Posso assicurarle, però, che saremo noi stessi a interromperla nel momento in cui non risultasse più di alcuna utilità-

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