giovedì 26 gennaio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

-Vede-, riprende la signora, -mio marito è un chirurgo urologo e si può trattenere nel podere solo quando il lavoro glielo permette, per godersi un po’ di quiete, ma le assicuro che le occasioni, come lo è questa, del resto, sono davvero poche. Io vengo e riparto insieme a lui, e passo la maggior parte del tempo in città, dove posso dedicarmi alla mia passione, la coreografia. Anche i miei fratelli hanno preso altre strade, disinteressandosi del podere. I campi e le vigne vengono affidati ad imprese specializzate, che ci corrispondono un affitto, le assicuro piuttosto basso, a fine stagione. Nella masseria vive solo mio padre, accudito da una domestica, che ormai funge anche da badante. Da un paio di mesi è vittima di una paralisi progressiva che presto lo farà passare a miglior vita. Alla sua morte il podere sarà venduto. Non so neppure come sia riuscito a scrivere quella lettera, né perché ci tenesse tanto ad acquistare il podere adiacente, quando ormai era rimasto solo e malgrado io e i miei fratelli avessimo sempre cercato di distoglierlo dall’idea- Una pausa di riflessione, brevissima, seguita da un invito.

-Desidera vedere mio padre? Se vuole, posso accompagnarla nella sua stanza- Olindo è un pesce fuor d’acqua. La signora non gli ha concesso neppure un fiato e quanto ha appreso supera ogni aspettativa.

-Non è necessario-, dice, imbarazzato. Tolgo il disturbo, con il suo permesso- La signora le porge il dorso della mano e lui fa l’atto di baciarlo, facendo attenzione a non toccarlo con le labbra. Forse gli ha concesso un ultimo test. Lo scorta fuori, fino a quando non è al sicuro dai cani.

-Addio, signor Ferretti- dice. Resta poi ad osservarlo, finché non riesce a girare l’auto e ad andarsene. Ha bisogno di bere qualcosa, ma ormai è l’ora di pranzo.

Alle tre del pomeriggio Marco è già in agenzia, a sistemare la nota spese per l’amante tradito che ha commissionato la precedente indagine. Ha pedinato la donna per una settimana ed è riuscito a mala pena a cavarne un numero di targa. Per fortuna è stato sufficiente. Un tipo minuto, dannatamente sexy, di un’eleganza costosa. Non le bastava più il marito e si era fatto un amante e poi non le era bastato più neanche l’amante. In un’agenzia investigativa se ne sentono di cotte e di crude. Olindo sarebbe arrivato fra poco. Era curioso di sapere se dai Frattini avesse scoperto qualcosa di interessante. Quella puttana doveva essersi accorta di lui o aver sospettato qualcosa. Lo aveva fatto girare in lungo e in largo per città e dintorni visitando parenti e negozi. Poi, l’ultimo giorno, aveva portato la macchina in un garage, uno di quelli a più piani e lui era rimasto fuori ad aspettare. Dopo un po’ era uscita correndo e aveva imboccato un viale protetto da un segnale di senso vietato grande come un UFO. Aveva dovuto lasciare l’auto in zona rimozione e rincorrerla come un dannato, arrivando giusto in tempo per vederla infilare una stradina laterale e saltare dentro un’auto che la aspettava. Giusto in tempo per prendere il numero di targa. Tutto era accaduto in una manciata di secondi.

Olindo entra con una faccia che non dice niente di buono. Marco non fa domande, si limita a guardarlo e aspetta.

-I Frattini non c’entrano-, sputa fuori, togliendo i giornali dal ripiano e buttandoli su una sedia.

-Siamo un pochino agitati, o sbaglio?- fa Marco, amichevolmente ironico.

-Ho fatto anche una figura di merda-, si rammarica Olindo, -Vado a trovare una famiglia di contadini e mi ritrovo a parlare con una tipa che pare uscita da una pellicola di Luchino Visconti. Non riusciresti neanche a immaginartela-. Fa un ampio gesto con la mano, come per sottolineare il concetto di impossibilità.

-E’ la padrona?- chiede Marco, poco coinvolto dalle manifestazioni estatiche del principale. –Ma la lettera non era stata firmata da un uomo?-

-Dal padre, paralizzato e in procinto di lasciare questo mondo. No, i Frattini non c’entrano, bisognerà cercare altrove. Dovrò parlare ancora con la cliente. Tu andrai a trovare il meccanico. Prendi l’indirizzo dalla fattura-. Alza la cornetta e telefona alla Bertani. Il telefono squilla a lungo e a vuoto.

-Non risponde-, dice seccato, -ci riprovo fra poco. Tu, intanto, vai dal meccanico. Non credo che servirà a molto, ma non si sa mai-. Marco rintraccia la fattura e si annota l’indirizzo e il numero di telefono.

-Ci vediamo più tardi-, dice, andandosene.

Ciao-, gli fa Olindo, - portami qualche dettaglio- Marco annuisce pazientemente.

La visita al meccanico e un nuovo colloquio con la Bertani sono mosse obbligate, anzi, le sole di cui dispone. Non si aspetta gran ché né dall’una né dall’altra e si rende ben conto che se davvero non dovesse scaturirne niente si ritroverebbe con un pugno di mosche. Tuttavia non è una novità, per ogni investigatore, che l’inizio di ogni indagine sia la parte più difficile, specie quando non si sa ancora bene cosa cercare. Poi, di solito, a volte per abilità a volte per caso, si riesce a trovare il filo, anzi, l’estremità del filo, come in un gomitolo intrecciato. A quel punto, è solo questione di arrivare a districarlo.

Passa più di un’ora prima che la Bertani risponda al telefono. E’ disposta a riceverlo subito, forse pensa che l’indagine abbia già dato dei risultati.

Entrando nella masseria non gli sembra affatto di trovarsi in un’altra dimensione, come gli era accaduto dai Frattini. L’arredamento è quello che ci si aspetta in una casa di campagna, i mobili sono mobili di campagna, non antichi ma semplicemente vecchi mobili in legno robusto, i quadri non sono intonati a un’epoca o a un particolare stile. Un paio di apparecchi televisivi, un video registratore e uno scaffale pieno di DVD, non sembrano creare intollerabili contrasti. Gente pratica, che ama le comodità e poco si cura di estetica.

Il locale a pianterreno è molto grande, include cucina e sala da pranzo. In un angolo è stato ricavato spazio per un robusto salottino di vimini con un televisore a lato, spento. La Bertani ha posato sul tavolinetto un vassoio con due tazzine di caffè.

-Spero che lo gradisca-, dice, posando su di lui uno sguardo pieno di aspettative. Purtroppo non ha molto da riferire.

-Certo. Davvero gentile-, le dice, mentre si serve e mette lo zucchero.

-Suppongo che si aspetti qualche novità da questa mia visita, ma temo che dovrò deluderla- la donna ha un gesto di scoraggiamento, ma conserva un’espressione curiosa.

-Tutto quello che posso dirle-, continua, pacato, -è che sono stato dai Frattini e ritengo di poterli escludere dai possibili sospetti-. La donna non mostra di essere sorpresa. Continua a tacere e lui le fa un breve resoconto di quanto ha appreso nel corso della breve visita.

-A meno che-, conclude, -non mi fornisca lei particolari di cui non sono a conoscenza- La donna riflette brevemente.

-No-, risponde, -non credo proprio. Conoscendo la loro situazione, mi ero meravigliata anch’io del tono di quella lettera. E’ stato un atto di frustrata presunzione, nient’altro, e concordo che non abbia niente a che vedere con la sua indagine-. Per fortuna la Bertani non è una di quelle isteriche che pretendono risultati immediati, incapaci di adeguarsi al lento ritmo di un’indagine.

-Perché è venuto?- chiede. In realtà, dopo quanto si sono detto, il motivo della sua presenza è ancora piuttosto vago.

-Ho bisogno di dettagli-, dice, senza un’idea precisa. –La più piccola informazione, anche se apparentemente insignificante, può essere di aiuto- l’orologio a cucù suona le sei e un quarto.

-Un mio capriccio-, dice, -mio marito me lo ha comprato a un’asta- Un velo di tristezza le copre il viso, ma solo per un attimo.

-Dettagli di che genere?-

-Qualsiasi cosa possa venirle in mente-

-Non saprei-, dice, sforzandosi di ricordare. –Siamo saliti in macchina che saranno state le nove, l’incidente verso le dieci e mezzo. Credo che i soccorsi abbiano impiegato una ventina di minuti, ma ricordo molto poco, perché ero quasi svenuta. Ricordo soltanto di essere stata messa su un’ambulanza. A parte lo shock, non avevo niente di grave. Il giorno dopo ho potuto vedere mio marito e mia madre nella camera mortuaria dell’ospedale. Ai bambini lo abbiamo detto solo qualche giorno più tardi-

-Ricorda qualcuno, in particolare, fra i primi soccorritori o all’ospedale, che per qualche motivo abbia attratto la sua attenzione?- Sta parlando a vuoto e lo sa, ma deve riuscire a carpirle qualcosa.

-No-, risponde laconica.

-A revisionare l’auto è stato il vostro meccanico abituale?- un ultimo tentativo, poi il buio.

-Certo, ci siamo sempre serviti dallo stesso meccanico-.

-Eravate in buoni rapporti?- La donna sorride.

-Con mio marito avevano fatto amicizia e capitava che andassero a caccia insieme. Una volta hanno portato anche me. Insomma, eravamo in ottimi rapporti- Un vicolo chiuso, sbarrato, senza uscita. Gli resta il sospetto dei freni manomessi. Per la verità quasi una certezza. Ma da chi? Sospettare del vecchio Frattini, impensabile. Lo stesso vale per la figlia e per il genero. Gli altri due figli hanno preso il largo e apparentemente si disinteressano delle faccende di famiglia. Forse meriterebbero una piccola indagine, solo per non lasciare nulla di intentato. Potrebbe anche indagare sul meccanico, ma quanto ha appreso non lo sollecita in quella direzione. C’è qualcosa, però, che gli frulla nel cervello. La donna ha usato un’espressione che sul momento lo ha sorpreso, poi se l’è lasciata sfuggire e ora si ripresenta come un fantasma. Si sforza di ricordare e alla fine ci riesce.

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