sabato 3 marzo 2012

diario di un qualsiasi nessuno

L’erede australiano IV

-Dopo la disgrazia, lei è rimasta sola con i suoi bambini- Lei annuisce.

-Una donna viene a darmi una mano due volta alla settimana, ma quella mattina non c’era- Si vede che non capisce il senso della domanda.

-No, non è questo. Poco fa mi ha detto, testualmente, Ai bambini abbiamo detto che erano morti solo qualche giorno più tardi. Potrebbe spiegarmi quell’abbiamo? Si riferiva a lei e alla donna delle pulizie?- La donna lo guarda sorpresa.

-No, certo che no- risponde. –Intendevo io e mio cugino-

Olindo si limita a un’occhiata interrogativa.

-Ha ragione-, si scusa la donna, non l’ho incluso nel modulo che mi ha fatto compilare. Ma non si tratta di un componente stabile della nostra famiglia. E’ qui da un mese, più o meno, e non si tratterrà a lungo. Presto tornerà a Sidney, in Australia, dove è nato e vissuto- Alla fine un nuovo elemento, anche se sospetta che servirà a poco.

-Se era già qui il giorno dell’incidente forse dovrei parlarci. Potrebbe ricordare qualche dettaglio utile- La donna approvò con un cenno del capo, anche se poco convinta.

-Adesso non è in casa. Ogni tanto va a trovare qualche vecchio amico di sua madre, la sorella di mio padre. Rincasa quasi sempre per l’ora di cena. Se ritarda, avverte. Gli dirò che vuole vederlo. Non credo che avrà difficoltà a venire in agenzia- Evidentemente la donna ha escluso a priori che possa restare lì ad aspettarlo fino all’ora di cena, ma l’idea di riceverlo in ufficio non gli piace.

-Se non le dispiace, preferirei tornare e parlare con lui in sua presenza. Sa, un ricordo tira l’altro e in due si ricorda meglio- La Bertani accetta l’idea senza difficoltà.

-Va bene, dice-, -le do un colpo di telefono domani mattina,

così ci mettiamo d’accordo. O preferisce che le telefoni lui direttamente?-

-E’ indifferente-, risponde, -chiami dopo le nove, per favore-

Sale in macchina e comincia a pensare a questo cugino scaturito dal nulla. Dubita che potrà essergli di qualche utilità. Cosa potrà dirgli più di quanto non gli ha già raccontato la Bertani? In teoria potrebbe anche aprirgli una pista, ma solo in una teoria spudoratamente ottimistica. Marco sarà già ad aspettarlo in ufficio. Potrebbe avere delle novità, ma è poco probabile. L’indagine procede con i motori al minimo, c’è anche il rischio che si fermino. Ormai ha anche lui i motori al minimo, perciò decide di tornarsene a casa. Sua moglie gli ha promesso la pentolaccia e non vede l’ora di metterci i denti. Mentre aspetta, si farà una partita a scacchi con sua figlia, Michela. Fa solo la seconda al Liceo scientifico ma alla scacchiera è avversario di tutto rispetto e non è raro che riesca a metterlo alle corde. A lui non dispiace. Quanto al caso Bertani, se ne riparlerà al mattino, a mente lucida.

Le notizie di Marco, dopo la visita al meccanico, non aprono nessuna pista. Apparentemente si tratta di una brava persona, e sembrava sinceramente addolorato per la morte di quel conoscente, che ormai era quasi un amico. Gli ha assicurato di aver revisionato i freni, fra le altre cose, con la massima accuratezza. In particolare di aver cambiato i tubicini dell’olio che erano piuttosto usurati. Al meccanico ha anche chiesto se per caso avesse notato, fra gli altri pezzi sostituiti, un qualsiasi particolare che potesse generare un sospetto di manomissione, un tentativo di sabotaggio, ma lui, il tecnico, lo ha rassicurato. Se avesse notato cose di quel genere, si sarebbe premurato di avvertire l’ingegnere. In sostanza, un buco nell’acqua, come era ampiamente prevedibile.

Alle nove e mezzo arriva la telefonata della Bertani a distoglierlo da ulteriori considerazioni sconfortanti sulla relazione di Marco. Può recarsi da loro in mattinata o nel pomeriggio, come preferisce. Né lei né suo cugino prevedono di uscire in giornata.

-Preferirei in mattinata, visto che per loro fa lo stesso. Va bene per le dieci e mezzo?- Fosse per lui, andrebbe anche subito, ma di mattina la gente preferisce godersi il relax e la privacy della casa il più a lungo possibile.

-D’accordo, signor Ferretti, la aspettiamo- Comincia a pensare che cosa chiedere al cugino, ma non ha un’idea precisa. La cosa migliore sarà lasciarlo parlare, sperando che ne scaturisca, chissà, un altro cugino.

Nell’angolo dell’ampio locale, sulle robuste sedie di vimini, siedono in tre. Sul tavolino la Bertani ha servito aperitivi con dei salatini in un vassoio. Fatte le presentazioni, i due cugini hanno fatto qualche doloroso commento sulla disgrazia, senza però aggiungere alcunché di nuovo a quanto già sapeva.

Prima che si fossero seduti al tavolo, Olindo ha notato qualcosa. Il cugino della Signora muove una gamba con difficoltà, probabilmente gli duole, ma sembra che cerchi di nasconderlo. Capisce che possa dolergli la gamba, ma non che si sforzi di nasconderlo. Non conosce ancora esattamente il perché della sua visita, e con nove probabilità su dieci sarà del tutto inutile. Ma ormai è lì, e deve trarne il massimo, verificare ogni indizio, dettaglio, per quanto insignificanti. Se tornerà a mani vuote, gli resterà ben poco da fare. Conclude che deve scoprire perché il cugino tenta di nascondere un’infermità che potrebbe essere solo momentanea. Cerca di risolvere con una mezza battuta.

-Non mi dica che ha avuto un incidente anche lei, signor Sonetti!-. Evita di accennare sorrisi e riesce a darsi un’aria di preoccupata meraviglia.

-Non ci crederà-, interviene la Bertani, ma anche Frank ha avuto un incidente d’auto.

-Da non crederci!-, commenta, sorpreso.

-E’ vero- dice il cugino.

-E proprio il giorno del suo arrivo!- aggiunge la Bertani.

-Una frattura?-chiede.

-Già. La tibia e un paio di metatarsi- Prima l’ingessatura, quindi una fasciatura molto stretta. Ormai è questione di giorni, poi me la toglieranno-

-Con questo caldo, una bella seccatura!- dice Olindo, agitando la mano per sottolineare.

-Ci può giurare-, concorda il cugino, -ma per fortuna siamo agli sgoccioli-

-Già, per fortuna-, ripete la Bertani.

Il cugino deve essere un tipo riservato, non ama parlare dei fatti propri e per questo cerca di nascondere la sua piccola infermità. Molti evitano di parlare dei propri guai, delle proprie malattie, di ogni tipo di avversità che li affligge. Ma una medaglia ha sempre due facce, e il risvolto potrebbe essere meno ovvio. Il cugino, per dirne una, avrebbe potuto non gradire che lui sapesse dell’incidente, e questa può anche essere una pista. Vaga quanto si vuole, ma pur sempre una pista. Deve continuare, a costo di figurare importuno.

-Suppongo avesse noleggiato un’auto all’aeroporto- dice, con studiata noncuranza.

-Proprio così-, gli conferma la Bertani, che ha un atteggiamento protettivo verso il cugino.

-Pensi-, continua, -non ha voluto disturbarci e ci ha telefonato solo dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Così siamo andati a prenderlo- Negli occhi della donna, un velo di tristezza. Ci sarà andata con il marito. Olindo deve sapere a tutti i costi il nome dell’ospedale, neppure lui sa esattamente il perché, ma deve saperlo. Finora la donna gli è stata di aiuto, ma deve evitare di trasformare la conversazione in interrogatorio.

-Davvero una sfortuna-, commenta, -ormai a pochi chilometri da casa dopo un viaggio tanto lungo-. Poi ignora volutamente il cugino e rivolge lo sguardo direttamente alla Bertani, scuotendo la testa.

-Davvero-, approva la Bertani annuendo. –Quanto ci mancava, Frank? Una trentina di chilometri? Per fortuna l’ospedale era vicino- Frank si limita ad annuire. Ora ne sa abbastanza, ha elementi sufficienti per rintracciare l’ospedale. Gli manca la data dell’incidente, ma Frank è lì da un mese e può risalire a una data approssimativa. Quando se ne va, avverte nel cugino un’espressione scocciata, e la cosa gli va a genio.

Nel pomeriggio Marco gli riferisce di un paio di telefonate di probabili clienti e di aver fissato un paio di appuntamenti per il giorno dopo.

-Bene-, fa Olindo,-lo vedi che ho fatto bene a lasciarti in ufficio?- In risposta, arriva un grugnito.

-Piglia una cartina, anche se potrebbe non servire-.

-Che cartina?- fa Marco. Nel frattempo Olindo ha aperto un cassetto della scrivania.

-Niente, niente, ce l’ho qui. Vieni a vedere-, dice, dispiegandola sul ripiano.

-Ci serve una località, a una trentina di chilometri da qui, in direzione dell’aeroporto Raffaello Sanzio, dove può trovarsi un ospedale efficiente. Non dovrebbe essere difficile, ce ne sono rimasti pochi, di ospedali-

-Già-, grugnisce Marco, e si mette al lavoro. Da parte sua Olindo fa un rapido calcolo per una data approssimativa dell’arrivo del cugino, cerca il numero Rent a car dell’aeroporto e comincia a telefonare. Fornisce apertamente il nome dell’agenzia e il numero della sua tessera di investigatore. L’effetto è quello sperato. Nel giro dei due o tre giorni del probabile arrivo di Frank sono state noleggiate diverse auto, ma il problema si risolve con il particolare dell’incidente. Sì, un’auto è andata quasi distrutta a pochi chilometri di distanza. Si trova ancora in un garage, a disposizione della compagnia di assicurazione.

-Avrei bisogno di sapere il nome di chi l’ha noleggiata. Può aiutarmi?- L’impiegato ha un attimo di esitazione, infine risponde.

-Il nome è Frank Sonetti, australiano di origine italiana. Ma..mi raccomando-

-Può stare tranquillo- lo rassicura Olindo.

-Comunque- continua l’impiegato, -al momento dell’incidente erano in due. Uno è morto e l’altro si è fratturato una gamba-

-Morto?- ripete Olindo, incredulo. Un incidente gravissimo, addirittura con il morto, ma Frank non ne ha parlato neanche alla cugina. Aveva un appuntamento all’aeroporto, gli avevano chiesto uno strappo o che altro? Comunque sia andata, c’è qualcosa di strano. Passa una mezz’ora e Marco gli da il nome dell’unico ospedale facilmente raggiungibile dal luogo dell’incidente. Informarsi direttamente all’ospedale? Idea da scartare. Con la fottuta privacy non riesci neppure a farti dire il numero di camera di un malato, fosse anche tua moglie o tua madre. Per queste cose c’è il suo amico poliziotto. Gli telefona e gli fornisce una spiegazione sommaria della faccenda, gli indica la località in cui è avvenuto l’incidente e il nome dell’ospedale.

- Mi serve sapere il nome del morto e chi cazzo era-

- Agli ordini- gli risponde l’altro con allegra enfasi. –Nient’altro?-

- E dài, piantala!- Non ci vuole molto prima che l’agente ritelefoni. I passeggeri erano due. Uno è morto, l’altro se l’è cavata con un paio di fratture a una gamba.

-Come si chiamava il morto?- gli chiede, impaziente.

-Reggiti forte. Si tratta di Calogero Vincenzo, ricercato per rapina e omicidio. Lo braccavamo da un paio d’anni, senza cavare un ragno dal buco. A quanto pare ci ha risparmiato un sacco di lavoro- La situazione si complica. Cosa avesse a che fare Frank Sonetti con un delinquente del genere è una bella domanda. Ma non è improbabile che gli abbia solo dato un passaggio. Gli viene anche da chiedersi se tante novità possano ricollegarsi in qualche modo allo scopo primario della sua indagine, scoprire chi ha sabotato l’auto della Bertani. Sarà il caso di proporre un nuovo incontro a tre e rivelare quanto ha scoperto

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