giovedì 29 marzo 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì 29 marzo 2012

Mi vengono le lacrime. Le sento. Sembrano un fiume in piena. Salgono dallo stomaco, dalle viscere, vengono giù dal cervello. Devo trovare il modo di fermarle, sono troppo cresciuto per mettermi a frignare. Ci dovrà essere un c…. di motivo per questa esondazione in arrivo. Mi sforzo di pensare, ma non mi aiuta. Mi aiuto con il dizionario. Si piange per un dolore, per un lutto, per tutto ciò che reca tristezza. Grazie al Cielo, nessun lutto. Forse il dolore, ma è sempre lo stesso, quello legato all’esistenza e che, in fondo, soffriamo per colpa nostra perché ci facciamo un sacco di domande e ci frustra non conoscerne le risposte e sapere di non conoscerle prima ancora di porci le domande, e ci frustrano pure i filosofi, perché dicono tutto e il contrario di tutto. Dunque neppure un dolore particolare. A spiegare la minaccia di esondazione non rimane che quel qualcosa che reca tristezza. Cos’è che reca tristezza? La depressione? O forse è la tristezza che precipita la gente nella depressione? All’università ho affrontato un paio di esami di psicologia, anche con buoni risultati, ma era psicologia sperimentale, per lo più studiava il comportamento istintivo di animali che si muovevano nei labirinti instillando nell’osservatore sospetti di una razionalità latente, perciò è molto difficile che possa aiutarmi a scovare la sorgente di un tale torrente in piena. Guardo la televisione, sfoglio il giornale, faccio due passi, mi scruto intorno, scambio due parole. Niente, tutto rientra nella più banale normalità. Pensionati derubati e massacrati di botte all’uscita dagli uffici postali, donne violentate a dozzine, rapine con omicidio nelle abitazioni (chi viene rapinato, dico, si permette pure di aprire bocca), mariti divorziati rovinati dai tribunali e ormai abitué alle mense della Caritas, privati della casa e con l’unico riparo del tetto della propria auto e con la speranza che il governo non gli ci piazzi un’ICI (non ricordo come si chiami adesso ma, tanto, cambiando il nome dell’imposta il risultato non cambia, e se per caso cambia lo fa in peggio), le razzie nelle nostre tasche nel nome del governo salva patria, e qui bisognerebbe proprio cambiare linguaggio e diffondere la notizia che la patria la salva chi viene razziato nel portafogli e non il governo, la scuola, che dopo i recenti timidi tentativi di ridarle un significato è passata nell’oblio più profondo in quanto voce di bilancio del tutto passiva e totalmente improduttiva (gli insegnanti si aspettano uno stipendio mensile!), l’ignoranza ormai penetrata nei pori e nelle cellule più nascoste degli italiani (vedi domande e risposte fornite nei quiz show all’interno di materie didattiche come la storia, la geografia e in particolare, udite, udite!, la grammatica più elementare della lingua italiana), la benzina, che fra poco verrà venduta in confezioni tipo Chanel n°5, l’inflazione sempre bistrattata e maledetta, che, poveraccia, non fa che seguire il prezzo della benzina. Ci sarebbe dell’altro, come la TV, per esempio, che scrive sceneggiature e programmi pseudo giornalistici con il sangue di vittime vere, brutalmente assassinate, con famiglie che ancora piangono, ma è inutile allungare questo elenco, pare che proprio non riesca a trovare niente di sospetto. Tutto resta vincolato alla più banale normalità.

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