martedì 6 marzo 2012

L’erede australiano V

Le reazioni dei due cugini potrebbero essere interessanti, specie quelle di Frank. Decide di non perdere tempo e chiama la Bertani. E’ in casa.

-C’è qualche novità, anche se non so quanto possa essere importante. Ho bisogno di conoscere alcuni dettagli e credo che sarà necessario rivederci. Spero non sia di troppo disturbo-

-Neanche per sogno-, risponde la donna, incuriosita, -se è necessario, posso fare un salto da lei-.

-No, signora, meglio fissare un appuntamento a casa sua. Per domani, se possibile. Gradirei che fosse presente suo cugino-

-Come mai?- chiede, sorpresa.

-E’ solo perché in due i dettagli si ricordano meglio- Seguono alcuni secondi di silenzio.

-Come desidera-, risponde infine la donna. –Possiamo fare domani mattina per le dieci e mezzo. Se per lei va bene, avverto mio cugino-

-Siamo d’accordo, signora, alle dieci e mezzo- Forse ha trovato l’estremità del filo, ora deve riuscire a dipanare il gomitolo, intuire le connessioni che potrebbero dare un senso a quella storia.

Un tizio arriva dall’Australia. E’ in possesso di una delega per perfezionare la vendita di un podere di cui suo padre è proprietario per una metà. Non si sa come né perché, all’aeroporto si carica in macchina un delinquente, ricercato da una paio di anni. C’è un incidente, il delinquente muore e lui cerca di nasconderlo. Forse non era al corrente dei trascorsi del morto, forse lo era. Nel primo caso, il silenzio sull’accaduto può attribuirsi a un carattere restio a far conoscere le proprie disgrazie, ma nel secondo insorgono interrogativi che scatenano di ipotesi nebulose. Nell’intera vicenda, esclusi i Frattini, esclusa la Bertani e i due figli rimasti, esclusi i fratelli della Bertani che hanno fatto una fugace apparizione per i funerali, l’unico sul quale si può appuntare un sospetto, più o meno giustificato, rimane Frank. Deve continuare a indagare su Frank.

Nel primo pomeriggio se la sbriga con i due nuovi clienti con i quali Marco aveva fissato appuntamenti il giorno prima. Corna. Benvenute anche loro, se servono a tirare avanti. Verso le cinque e mezzo, arrivano dal bar due pizzette e due lattine di birra. Durante la pausa, Olindo racconta gli sviluppi del caso Bertani, dell’incidente e del morto. Marco entra in una sorta di trance riflessiva.

-Buffa, la vita-, dice, come svegliandosi. Olindo lo sente appena.

-Se quel tizio fosse stato al volante non sarebbe morto. Figurati se lo avesse saputo. Avrebbe scatenato un inferno per cambiare di posto- Marco resta pensieroso, come immerso nei gravi problemi irrisolti dell’esistenza.

-C’è anche una morale, alla fine?- gli chiede Olindo, bonariamente ironico.

-La vita e la morte sono legate al caso. Ti piace?-

-Da morire-, fa Olindo, e ridono entrambi.

A cena Olindo ha poco appetito. Forse non ha ben digerito la pizza, ma è più propenso ad ascrivere l’inappetenza a una certa agitazione a cui non riesce ad attribuire una causa. Se la porta dentro da quando ha lasciato l’ufficio e l’ha sentita montare di minuto in minuto. Non è un cattivo segno, di solito è il travaglio di un’intuizione. Deve aver letto, sentito, ricordato qualcosa che ha scosso qualche migliaio di cellule cerebrali. Può essere stato il breve colloquio con la Bertani? Molto improbabile, ha solo preso un appuntamento. Gli abboccamenti con i due portatori di corna? Casi semplici, pedinamenti, li affiderà a Marco. Poi c’è stata la pizza, che ormai ha deciso di escludere come causa di inappetenza. Di che cosa hanno parlato? Ah, sì, Marco si era avventurato in elucubrazioni filosofiche sul senso della vita e della morte. A questo punto le cellule cerebrali cominciano a vorticare a milioni, forse anche milioni di milioni. Ha l’intuizione. Ha il nesso. Deve procedere in fretta, si profilano all’orizzonte nuovi omicidi. Deve chiamare in causa Bellucci, il poliziotto, anche se è molto probabile che si incazzi.

-Ancora? Devo lavorare anch’io, nel caso non lo sapessi- Le prime parole che riceve in risposta gli confermano che non si è sbagliato.

-Ascolta, stavolta non si tratta di corna-, cerca subito di ammansirlo, -è un caso di omicidio plurimo- Bellucci tace per qualche secondo.

-Ma che mi racconti?- Il tono è incredulo, ma conosce Olindo e sa che qualcosa di vero deve pur esserci.

-Credo di aver risolto un brutto caso di omicidio, ma devo agire in fretta o potrebbero esserci altri morti. Per questo ho bisogno di te-

-Vai avanti- esorta Bellucci, ormai incuriosito. Olindo gli racconta gli eventi e gli spiega di cosa ha bisogno per incastrare l’assassino.

-Si può fare- , conclude Bellucci.

-Se tutto va bene, ti lascio anche il merito dell’indagine. Mi basterà leggere che l’Agenzia Occhio di Lince ha fornito una piccola collaborazione-

-Vai all’inferno!-

-D’accordo, d’accordo, non incazzarti-

Il mattino seguente, alle dieci e mezzo, tutti si ritrovano puntuali a casa della Bertani, che stavolta ha servito del tè e dei pasticcini. Olindo fa cadere il discorso sull’incidente.

-Lo sapeva, Frank, che l’uomo che aveva preso a bordo era un pericoloso malvivente?- Frank appare stupito.

-Come potevo immaginare…- Olindo lo interrompe.

-Perché non ci ha detto che il suo passeggero è morto?- chiede, con innocente aria di rimprovero. Frank si concede qualche secondo.

-Perché la sua morte-, risponde infine, - mi ha lasciato molto turbato e non mi piace che si sappia in giro. Ma che differenza avrebbe potuto fare se lo aveste saputo?- Olindo allenta subito la pressione. Si trova lì per un altro motivo.

-Ha ragione, Frank, non avrebbe fatto alcuna differenza- concorda rapidamente. La conversazione prosegue per una decina di minuti, finché Olindo non decide di interromperla.

-Non ho più bisogno di lei, Frank. Ho voluto solo informarla del rischio che ha corso. Se non le dispiace, mi tratterrò con la signora per discutere alcuni dettagli del nostro contratto- Frank resta un attimo perplesso.

-La ringrazio, detective-, dice, prima di tendergli la mano e andarsene.

Quando restano soli la Bertani lo scruta con aria interrogativa. Si chiede di quali dettagli dovrà discutere, naturalmente. Olindo cava di tasca un fazzoletto per avvolgervi la tazzina in cui ha bevuto Frank.

-Non faccia parola di questo- le dice, d’un tratto mortalmente serio. La Bertani ci rimane di stucco.

-Ma…- prova a protestare.

-Deve fidarsi di me. Avrà mie notizie domani. Nel frattempo non faccia giri in macchina, né da sola né in compagnia-

-Ma lei crede…-

-Deve fidarsi di me-, le ripete, -mi assicuri che non prenderà la macchina- L’atteggiamento di Olindo la sconcerta, ma sa che deve fidarsi.

-Certo, certo, va bene- acconsente infine.

Uscito di casa, Olindo sale in macchina e fila diretto alla centrale di polizia.

Il mattino seguente, poco prima dell’ora di pranzo, riceve una telefonata da Bellucci, che lo informa di aver fatto i compiti, che i risultati sono buoni e che resta a sua disposizione. Prima di lasciare l’ufficio chiama la Bertani per sapere quando potrà trovare Frank.

-Sarà a casa per l’ora di cena- lo informa la donna.

-Sono invitato anch’io, le dispiace?- Malgrado sia sorpresa, la donna acconsente.

-Certo, certo, niente affatto-

-Sarò da lei un po’ in anticipo. Non faccia parola di questa telefonata. Ricorda? Deve fidarsi di me-

-Certo, certo che mi fido- La Bertani comincia a sospettare qualcosa riguardo a Frank, è inevitabile. C’è solo da augurarsi che non le scappi una parola di bocca.

La sera, a tavola, Frank ha un’aria piuttosto seccata. L’ospite inatteso sembra averlo messo a disagio. La conversazione procede a stento, finché non si torna a parlare dell’incidente.

-Il mio aiutante, in ufficio, mi faceva notare, a proposito del suo incidente, quanto sia precaria la nostra condizione di comuni mortali- Frank lo guarda con aria interrogativa.

-Mi faceva notare, più specificamente, che se per caso vi foste scambiati di posto, sarebbe morto lei invece di quel delinquente- Frank sorride compiacente.

-E’ vero-, acconsente,-se sono vivo è solo per caso-. Continua ad annuire sollevando le palpebre come per far capire che occorre rassegnarsi alle leggi dell’esistenza.

A parte i complimenti per l’ottima cucina e la squisitezza della cena, fino al dessert si parla poco. I convitati sembrano aver dimenticato i problemi esistenziali. Ma Olindo ha un preciso itinerario. Prima di parlare, tuttavia, osserva attentamente Frank. Appare impacciato nei movimenti, perfino nel portarsi il gelato alla bocca, proprio come si aspettava.

-Ripensando al discorso di prima-, dice, -il caso ci entrerebbe poco se uno dei due avesse scambiato le identità dopo la morte dell’altro- Osserva la reazione sul viso di Frank.

-Che significa?- obietta questi a fatica.

-Oh, semplicemente che il vivo potrebbe essere il morto e il morto potrebbe essere il vivo, e questo non sarebbe dovuto al caso, ma a un imbroglio- Sa bene che d’ora in poi dovrà stare attento. Osserva Frank. E’ già sulla difensiva, ma spera ancora che lui stia solo sfoggiando giochi di parole.

-Sa, potrei credere…che lei stia insinuando..- parla a fatica, la bustina che gli ha versato nel vino rosso, il preferito di Frank, sta facendo effetto.

-Non sto insinuando, signor Vincenzo Calogero, la sto accusando del probabile omicidio del vero Frank, che le aveva confidato di essere in possesso di una procura che lo autorizzava alla vendita di un podere di notevole valore. La sto accusando di aver scambiato i documenti dopo la sua morte e di essersi sostituito a lui, di aver sabotato l’auto della signora Bertani, sperando di potersi liberare di tutti gli eredi in un colpo solo. Lo sa?, questo atto di ingordigia avrebbe dovuto evitarlo. Naturalmente stava anche pianificando un modo per portare a termine il lavoro- Frank lo guarda annichilito, ma fa fatica a tenere gli occhi aperti. Cerca di portare una mano dietro la cinghia, ma lo fa in modo goffo. Non arriva neppure a toccare la pistola e cade in avanti, finendo con la faccia nel piatto del gelato. Contro ogni evenienza, Olindo ha già estratto la sua automatica.

-Pare che qui abbiamo finito-, dice alla signora Bertani, poi si avvicina all’interruttore, spegne e subito riaccende la luce. Immediatamente si sente un calpestio di passi, poi Bellucci appare sulla porta con altri tre agenti, pistola alla mano.

Gli agenti portano via l’assassino, che brontola come fosse ubriaco, Bellucci resta e la signora fatica ancora a superare l’enorme stupore.

-Allora è proprio vero- dice, incredula, -Frank è morto-

-Purtroppo, signora, è andata così- , le conferma Olindo, lieto che la Bertani sia scampata a un nuovo attentato. Sicuramente era nei piani di Calogero.

-Ma come è stato possibile?- chiede la donna, parlando a sé stessa.

-Comprendo che sia stupita-, prova a spiegarle Olindo, -ma il caso ha voluto che i due si somigliassero. Avevano anche la stessa conformazione fisica. E’ stato facile per Calogero prendere i documenti dal cadavere di Frank e scambiarli con i propri-.

-Non riesco ancora a credere che nessuno si sia accorto di niente-, insiste la Bertani.

-Ha ragione-, concorda Olindo, -devono essere stati i baffi di suo cugino a non far risaltare la somiglianza- La Bertani lo scruta, sorpresa.

-Sì, suo cugino si era lasciato crescere i baffi-.

Più tardi, in macchina, Bellucci non riesce a reprimere la domanda.

-Come hai fatto a pensare a uno scambio di identità?-

-Per caso-, risponde Olindo.

-Già, e per caso mi hai chiesto di confrontare le impronte sulla tazzina con quelle nello schedario? -

-Certo che no. Il caso va aiutato. Per caso, potrebbe anche trapelare che l’Agenzia Occhio di Lince ha fornito una qualche collaborazione alla risoluzione del caso-

-Mi mancavano solo i tuoi giochi di parole. Va all’inferno!-

-Sapevo che lo avresti detto!- Olindo si fa una risata e accende la radio.

-Musica o notizie?-

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