lunedì 10 ottobre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Martedì, 31 agosto 2010. Ieri è piovuto tutto il giorno e alle undici e mezzo di sera ho dovuto fare una corsa al pontile a sgottare, sperando che gli scrosci fossero cessati lasciandomi dormire in pace. Forte vento e mare agitato. Malgrado ciò, le barche che riposavano riflettendo i bagliori delle lampade sui pontili conservavano un loro misticismo romantico. Abitare in una barca. Un sogno impossibile sin da quando è comparso. E’ arrivato in ritardo, avevo già famiglia. Ma ha conservato tutto il suo fascino, perché è rimasto un sogno. Comunque, ieri notte non è piovuto e neppure stamattina. In cielo, qualche chiazza di sereno, ma per lo più enormi nuvoloni scomposti. Una catena di nuvole basse lungo l’orizzonte, che di solito non portano niente di buono. Il vento viene dai quadranti settentrionali, ma è freddo e non mi pare proprio che abbia intenzione di fare pulizia. Nel pomeriggio farò una scappata al pontile. Smanio dalla voglia di provare la nuova sistemazione dell’albero, ma il mare sarà proibitivo. Forse mi riuscirà di farlo all’interno del porto. Basteranno cinque minuti. Complice il maltempo, ho scritto la parola fine del mio racconto thriller e lo inserirò nel blog nei prossimi giorni, dopo una bella ripulita. Devo dire che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, ma ancora non riesco a rimettere le mani sul romanzo lasciato a metà. Forse dovrò scriverne un altro, di racconto, o tutta una serie, prima di riuscirci. Tutti quei personaggi, come ibernati in situazioni scabrose, hanno bisogno di riprendere vita, o si sentiranno abbandonati e cominceranno ad apparirmi come incubi notturni. Da Mosca a San Pietroburgo ci siamo trasferiti in treno. Per dire la verità mi ero preparato alla grossa scocciatura di uno sballottamento di otto ore, esperienza che avevo scartato nel ’92, anche perché a quell’epoca, a Mosca, i malviventi erano costantemente dietro l’angolo e c’era anche il rischio di assalti ai treni. Attualmente, invece, l’ordine pubblico nella città appare perfettamente ristabilito, tanto che, difficile da credere, lo scippo è inesistente. Insomma, la sorpresa è stata di ritrovarmi comodamente seduto in un treno modernissimo, con il muso aerodinamico come quello di un jet, e di essere sceso alla stazione di San Pietroburgo dopo quattro ore di viaggio sul velluto. Il primo avvertimento è stato di fare attenzione agli scippatori, perché non siamo più a Mosca e da queste parti rigurgitano. A parte questo, la città si è rivelata all’altezza delle aspettative. Moderna, superba. Voluta da uno Zar sopra fiumi e canali come baluardo contro gli attacchi di altri popoli nordici che precludevano alla Russia uno sbocco sul Baltico, era stata paragonata dal medesimo a una nuova Amsterdam e così avrebbe desiderato che fosse vista da tutti. . Purtroppo si sa bene che l’uomo propone ma non è lui a disporre, pur trattandosi di uno zar. La conseguenza è che il paragone con Amsterdam non sfiora la gente neanche di striscio e questa magnifica città si continua a chiamarla la Venezia del nord. I sontuosi palazzi lungo le rive dei fiumi e dei canali sono tutti della stessa altezza e sembrano una sola, immensa e magnifica costruzione. Questo perché per nessun edificio, fino a una certa data, fu mai autorizzata un’altezza superiore a quella del palazzo dello zar. Si deve dunque a tale forma di rispetto, forse anche di presunzione, uno degli aspetti più caratteristici della città. A sentire i tanti nomi di architetti italiani collegati alla progettazione di palazzi, fortezze e monumenti, c’era da farsi venire le lacrime. Per non parlare del rispetto con il quale la guida scandiva i loro nomi. Di cosa potremmo andare così orgogliosi, oggi? Di fatto, alla sfilata di bellezze architettoniche che offre il giro dei canali in motoscafo non regge il confronto il giro sul Danubio a Budapest, a Salisburgo, né quello sulla Moscova, forse neanche la passeggiata sul bateau mouche lungo la Senna. Quando poi il motoscafo esce sulla Neva, che in quel punto si allarga a dismisura, tanto che per qualche istante si può anche credere di trovarsi sul mare, è tutto uno scintillio di acque, attorniate da fortezze e attraversate da lunghissimi ponti levatoi che congiungono le isole alla terraferma. Si incontrano grosse navi, sulla Neva, fiume di tutto rispetto profondo fino a venticinque metri. All’ormeggio, proprio davanti a una fortezza, (di Sant’Antonio, credo), è ancorato, tirato a lucido, l’incrociatore Aurora, dal quale partì il famoso colpo di cannone che diede il via alla rivoluzione. Il valore estetico di questa città è immenso, come il piacere che ho avuto nel visitarla. Mi rendo conto di sembrare una guida turistica, ma non ho mai dimenticato, neanche per un istante, di venire dall’Italia, il paese più ricco di luoghi di sogno e di tesori artistici. Il fatto è che non mi aspettavo tanto, da San Pietroburgo. Se mi sforzo di ricordare un altro luogo che mi abbia tanto stupito, senza però entusiasmarmi allo stesso modo, le prime cose a venirmi in mente sono i grattacieli di Manhattan e in particolare le torri gemelle, e tutto ciò che ormai non si può più ammirare dalla più alta. Stamattina ho sbagliato le previsioni. Il vento si è intiepidito e ha fatto una bella pulizia. Verso le quattro ho fatto un salto al pontile. Ho finito di sgottare la poca acqua lasciata ieri sera ma non ho provato la vela nel porto. Troppe installazioni provvisorie rispetto alla forza del vento. Potrebbe sfilarsi l’albero, saltare lo strallo e altre amenità del genere. L’ultima cosa che mi serve è una collisione contro uno dei preziosi yacht che prendono il sole all’attracco.

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