Ho appena finito la mia
prima lettura di Oriana Fallaci, “ Niente e così sia”. Sono
arrivato un po' in ritardo con la Fallaci, lo confesso, ma mia figlia
ha pensato di rimettermi in carreggiata e me lo ha regalato a Natale.
Tutto sommato, devo dire che mi è piaciuto. Non sono d'accordo con
la conclusione finale, e mi dispiace non condividerla, vista la
natura straordinaria di questa donna, ottima giornalista, scrittrice,
ardimentosa e anche un po' incosciente, che va a rischiare la vita in
Viet Nam per comprendere gli aspetti più complessi dell'uomo. A suo
dire, risaltano evidenti nel contesto di una battaglia, di una
guerra. Non credo che vi sia andata solo per questo. Ve l'ha attratta
il fascino della guerra, da cui si sente rapita, quel contesto di
vita precaria e morte a ogni pié sospinto, che sfortunatamente ben
sintetizza la condizione esistenziale. Lo stesso fascino che attrae
le migliaia di corrispondenti di guerra, alcuni disposti perfino la
viaggiare di tasca propria, mettendo sul piatto la propria vita, pur
di poterci essere e poter sentire con i propri orecchi, vedere con i
propri occhi le reali sembianze della morte. E sfidarla.
Incidentalmente, li ritengo il solo genere di giornalisti che meriti
rispetto. Innumerevoli le volte che questa donna ha sfidato la morte,
ha sfiorato una morte da soldato, senza poter immaginare che ad
attenderla, a distanza di tempo, ce ne sarebbe stata un'altra più
comune e più abbietta. Sotto la sua lente ella scruta soprattutto i
signori della morte, quelli che per uno sbalzo d'umore o per eccesso
di stanchezza possono decidere in un attimo chi fa la fila da una
parte e chi dall'altra, chi vive e chi muore. Il tutto sullo sfondo
di una totale inutilità della guerra, che pure è nella natura
dell'uomo fin dai primordi. L'uomo, si chiede la Fallaci, va assolto,
può sostituire il Dio buono in cui lei non crede? Ebbene, la sua
conclusione era un no secco, ed ero tutto dalla sua parte e
senza riserve, malgrado la mia educazione cattolica mi rendesse
difficile perfino affrontare un problema del genere. A poche pagine
dalla fine, quel no si è cambiato in un sì. Come è potuto
accadere che dopo tante pagine per arrivare a un sofferto no, il
giudizio si sia ribaltato? Per via di una strage di studenti da parte
delle forze dell'esercito e di polizia avvenuta in Messico. Ci si
sera trovata in mezzo e aveva riportato tre ferite di arma da fuoco.
Vi aveva anche perduto amici fra gli studenti in protesta. Avrei
giurato che l'idea del no ne fosse uscita rafforzata. Per quel che
può valere, tuttavia, mi aspettava una delusione. In quei tragici
momenti lei sente la presenza dell'uomo nel movimento studentesco,
che ha la forza e il coraggio di ribellarsi alle angherie del
governo, più in generale le crudeltà e le angherie dei potenti
verso gli indifesi. Discorso toccante, ma poco veritiero e
soprattutto ingenuo. Io stesso non riesco a perdonarmi l'uso di tale
aggettivo nei confronti di una donna tanto notevole, di una vera
giornalista che ha diritto alla più alta stima da parte di chiunque.
Purtroppo In questo mondo l'uomo non esiste davvero, o meglio non
conta. Ciò che conta è il ruolo, e il ruolo ha le sue regole. Chi
occupa un ruolo di sindacalista cambierà le proprie regole quando
occuperà un ruolo di industriale e odierà i sindacalisti. Uno
studente contestatario nel ruolo di un agitatore cambierà le proprie
regole entrando nel ruolo di un poliziotto e in quella disgraziata
vicenda messicana avrebbe sparato sugli studenti. Nell'organizzazione
sociale che ci siamo dati l'uomo non esiste e non può certo
sostituire il Dio buono in cui non crediamo. .
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