martedì 28 gennaio 2014

diario di un qualsiasi nessuno

28 gennaio 2014. Tutto ciò che ci succede diviene esperienza, e l'esperienza non va assolutamente dispersa nel dimenticatoio dai sussiegosi mortali, sempre sicuri di trascorrere in vita i prossimi dieci minuti. Tutte le esperienze, anche le meno significative, andrebbero raccolte in un libro, da rileggersi periodicamente, avidamente, più ingordi di Gargantua e Pantagruel. Registro questa piccola esperienza per ricordarmene ogniqualvolta uscirò di casa con un qualsivoglia programma. Domenica, diciassette e trenta, è già piuttosto buio. Salgo in macchina con mia moglie per andare a vedere “Tutta colpa di Freud”. Di solito scegliamo fra tre sale cinematografiche, trascurando la multisala, che ci rimane un pochino scomoda. Prima di uscire, ho già verificato con attenzione in quale delle tre sale viene proiettato il film che ci interessa e a che ora. Accensione. Telecomando per il cancello automatico. Funziona. Mia moglie ha una resipiscenza tardiva e si ricorda dell'ombrello. E' nell'altra macchina. Scendo e vado a prenderlo. Si richiude il cancello. Risalgo in macchina e avvio il motore. Telecomando per il cancello automatico. Non funziona. Nel prenderlo da sotto il cruscotto, si è sganciata la batteria. E' caduta sul tappetino, dalla parte di mia moglie. Intabarrata com'è, con il freddo che fa, con un borsone sulle ginocchia, non riesce a muoversi. Deve scendere. Accendo la luce interna. La batteria non si trova. Tolgo i tappeti, ficco le dita in tutti gli interstizi possibili. Non c'è più. Il tempo passa e rischiamo di perderci il film. Pazienza, la troveremo. Scendo di nuovo e vado a prendere il telecomando dell'altra auto. Funziona. Accensione e via. Resta qualche preoccupazione per il parcheggio, più difficile da trovare la domenica che cento euro per la strada. Però se ci sbrighiamo... Di colpo ci sbarra l'ingresso al sottopassaggio un divieto grande quanto un sole di mezzanotte. Niente da fare. Ce n'è un altro un un mezzo chilometro più avanti. Lo infiliamo e torniamo indietro. Si fa per dire. Cento metri e la strada è già intasata. I minuti passano...La fila procede lentamente, ma per fortuna procede. All'ingresso del corso principale, un altro sole di mezzanotte. Ci sbarra la strada e ci incanala in una via laterale. Di nuovo in processione. Lenta. I minuti passano...La processione continua finché incredibilmente non sfociamo in una via meno ingombra che però è dannatamente fuori rotta. Mi concentro per trovare una scorciatoia fra vie e viuzze e rimedio un parcheggio, sia pure un po' stortignaccolo, a un duecento metri dal cinema. Mancano meno di cinque minuti all'inizio. Corriamo fino alla biglietteria. Lì ci informano, con discreta noncuranza e anche con una scrollatina di spalle, che c'è stato un errore nell'inserire la programmazione sul sito e che “Tutta colpa di Freud” viene proiettato in un altro cinema. Inutile rifiutarsi di crederci, perché è vero. Torniamo sui nostri passi, con il fiatone nuovo e quello in parte già accumulato, e raggiungiamo l'auto. Senza perdere tempo a mandare accidenti, percorro rapidamente (questa volta è una zona poco trafficata) un paio di chilometri, occupo l'unico posto libero di un piccolo parcheggio a due passi dal cinema, raggiungiamo la biglietteria. Il film è appena cominciato. Entriamo e la prima impressione è di un gran pienone con tutti i posti occupati. Assuefacendosi gli occhi alla luce, cominciamo a scorgere alcuni vuoti. Pochissimi e mai appaiati. Ci rassegniamo e ci sediamo in due file diverse. Per fortuna il film non è male, ci rilassiamo e riprendiamo fiato. Alla fine si riaccendono le luci e getto uno sguardo dalle parti di mia moglie. E' già in piedi. Mi distraggo un secondo e quando mi volto di nuovo non la vedo più. Vado di corsa. E' inciampata in qualcosa ed è caduta a sedere sugli scalini. Per fortuna non si è fatta niente. O quasi.

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