giovedì 2 gennaio 2014

Sto cercando di rileggere il mio ultimo thriller per correggere possibili omissioni, che a volte si traducono in errori dei quali si è del tutto innocenti, anche se poi prova un po' a spiegarlo a chi non ci crede e ti punta il dito contro. Faccio un esempio. C'era un tempo in cui scrivevo articoli di costume sulla pagina cittadina di un giornale piuttosto in voga nella mia zona, anche se la cosa durò sì  e no un anno, soprattutto per il fatto che fra me e il redattore capo ci fu reciproca repulsione al primo sguardo. Di articoli, tuttavia, ne vennero pubblicati un buon numero, ma la soddisfazione che mi dettero i primi andò via via scemando, finché alla fine decisi di non leggerli più. Per via degli errori. Manco a farlo apposta, almeno credo, si trattava di errori che superavano ogni possibile cattiveria. Una cosa è pubblicare maregiata invece che mareggiata, perché è evidente che alla stampa è scappata una g, e nessuno può accusarti di niente, altra cosa è invece leggere un uovo solo invece che un uovo sodo o una ragazza soda invece che una ragazza sola, o un fatto eccezzionale piuttosto che un fatto eccezionale. Insomma, gli errori di stampa non sono tutti uguali e a me, chissà perché, capitavano sempre i più perfidi. Lasciamo perdere gli articoli che terminavano con una virgola, lasciando il seguito alla fervida (tale era ritenuta, ovviamente) fantasia del lettore, ma ne ricordo uno, in particolare, che fu una mazzata in testa. Descrivevo le mie evoluzioni con la barca a vela all'interno del porto, quando ero alle prime armi e, malgrado l'entusiasmo del neofita, non mi fidavo ancora di uscire in mare aperto. D'un tratto vidi apparire sul molo, in alto, proprio davanti a me, un pescatore che conoscevo, che fra l'altro aveva anche progettato e tagliato la mia prima vela, che si stagliava contro il cielo con l'imponenza di un gigante. Scrissi D'un tratto vedo Martin, che si staglia sul molo di levante, imponente come Nettuno...e ricordo di aver pensato che a Martin, sapesse o meno chi fosse Nettuno, avrebbe fatto piacere leggerlo e  che avrebbe particolarmente gradito quell'imponente, che rispecchiava mirabilmente la sua struttura fisica. Le belle frasi creano aspettative, come ogni altro atto creativo, ma quando lessi l'articolo ebbi la netta sensazione  che in quella frase fosse scoppiata una mina. Ciò che finì sotto gli occhi dei lettori, nonché dello stesso Martin, recitava: . D'un tratto vedo Martin, che si staglia sul molo di levante, impotente come Nettuno...Avete letto bene, Martin era impotente come Nettuno, e viste le scarse probabilità che Martin sapesse chi era Nettuno, figurarsi come l'avrà presa. Chiedo scusa, ma ho divagato un po' troppo, ho perduto il vento e me ne sono andato scadendo dietro la corrente. Volevo parlare della rilettura del mio ultimo romanzo, "L'ultimo plenilunio", e ho finito per raccontare di Martin. Come si dice? Ho perso il filo.

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