sabato 26 giugno 2010

17 febbraio 2010
Odio il telefono che squilla. In genere sono rotture di palle. Per lo più sono i call center, voci di angioletti che ti chiamano signore con il nome di battesimo, cosa che ti fa girare subito le scatole perché sai che non ti hanno mai visto neanche in una foto venuta male, perché avverti che si tratta di un atteggiamento viscido e da maleducati, che si sforzano di apparire amici di una vita per circuire i coglioni, e ti offrono la luna e dintorni a prezzi stracciati. Devi far presto a riattaccare, perché se ti scappa una data di nascita o un indirizzo, o diociscampi, un codice fiscale, ti ritrovi iscritto in qualche lista di abbonati a un qualche servizio di cui non puoi fare a meno come i barboni delle navi da crociera o come gli eschimesi di un ombrellone da spiaggia o un manuale di giardinaggio. Come dicevo, rotture di palle. Credo di aver fornito dati sufficienti per spiegare l’umore del mio subconscio quando ieri, poco prima dell’ora di pranzo, ha squillato il telefono. Era la banca. Qualcuno, là dentro, si era preso la briga di razzolare fra le cifre del mio conto corrente, cifre di piccoli risparmi, per dirmi che mi conveniva investire quei pochi soldi in una piccola obbligazione. In un anno ne avrei ricavato un vantaggio di almeno duecento euro. Che potevo dire? Se ti fanno un favore, d’acchito ti viene solo da dire grazie. E’ quello che ho fatto, e ho ripagato lo zelo dell’impiegata, assicurandole che uno di questi giorni mi sarei fatto vedere. D’acchito. Poi si è svegliato un diavoletto, uno di quelli che abitano il nostro cervello senza fissa dimora, voglio dire senza aver fissato una particolare zona di residenza in quel molle grigiore, preferendo invece salticchiare da un ammasso di cellule all’altro, a seconda di dove si sentano interpellati. Sono diavoletti maliziosi, e si può capire che di questi tempi quasi non facciano in tempo a spostarsi da una zona all’altra, tante sono le convocazioni. Tornando al mio caso, cioè al diavoletto malizioso destatosi appena ho riattaccato, ha limitato il suo intervento a due sole parole –Cui prodest?-. Lì per lì ho pensato che avrebbe anche potuto sforzarsi di aggiungere qualcosa, poi mi sono sentito in dovere di scusarlo per l’eccesso di lavoro e la stanchezza, alla fine ho dovuto riconoscere che non avrebbe potuto essere più esauriente. –A chi giova?-. La concisione è un grosso pregio, specie quando riesce a dire tutto. E’ mai possibile, voleva dire il diavoletto, che qualcuno si prenda il disturbo (e sostenga la spesa) di una telefonata, direttamente a casa tua, solo per farti un favore (in euro), per puro altruismo e senza una ricaduta, sia pure di poco conto, nelle proprie tasche, in questo caso nelle casse della banca? Nel pomeriggio sono andato a vedere di che si trattava e ho conosciuto la samaritana telefonica. Intorno ai trentacinque, bionda con delle mèches bianche e un residuo di sex appeal. Molto professionale. Mi ha illustrato un paio di prodotti, cioè un paio di obbligazioni studiate dalla banca, una con un tasso a salire, che però se a un certo punto fosse risultato troppo alto rispetto alle condizioni del mercato avrebbe autorizzato l’istituto a interrompere il contratto, l’altra con un minimo e un massimo, entro i quali l’istituto avrebbe stabilito periodicamente il tasso a seconda dell’evoluzione della piazza. Insomma, nella prima c’era un freno immediato nel caso ci avessi guadagnato troppo, nella seconda mi sarei dovuto rimettere ai loro calcoli, vista la mia assoluta incapacità di destreggiarmi in tale ambito. Mentre la ascoltavo non riuscivo a scacciare dalla mente la storiella della donna che va al mercato per comprarsi una canottiera e un paio di mutande. Chiede i prezzi e siccome trova troppo caro quello delle mutande pretende uno sconto. L’ambulante si infastidisce ma glielo concede senza discussioni. Nello stesso tempo, però le aumenta il prezzo della canottiera. La donna, popolana di estrazione e dal linguaggio sprovveduto, chiede all’ambulante perché mai le cali le mutande e le rialzi la canottiera. La risposta dell’ambulante rientra nella scurrilità più consueta, perciò è facile immaginarsela e non è necessario ripeterla. Questi i pensieri inconfessabili che celavo alla ragazza dalle mèches bianche mentre spiegava e sorrideva, e continuavo a ripetermi che quella non era una ragazza dalle mèches bianche, ma la banca, e la banca acquista e vende denaro, e da ciascuna operazione, dico ciascuna, si aspetta un utile, e anche se ti manda una ragazza con un bel sorriso e le mèches bianche a spiegarti cose che non capisci, non devi illuderti che se ti offre un vantaggio, come nel caso dell’ambulante, non ci sia qualcuno o una qualche clausola che trami alle tue spalle di rialzarti la canottiera. Allarme rosso, ma c’è chi sostiene che con le banche finisce sempre alla stesso modo. Comunque, qui si tratta di quattro soldi e da entrambe le proposte ricaverei un piccolo utile rispetto al tasso del conto corrente che, a leggerlo, sono torrenti di lacrime. Mi sono preso qualche appunto e ho detto che sarei tornato. Bando ai cattivi pensieri. Come se fosse facile. Proprio quel discorso sulle mutande mi fa venire in mente che ci sono fregature del tutto diverse, che ti piovono addosso anche quando le mutande sono altri a calarsele. Anzi, altre. Non è discriminazione sessuale, i gay l’imene proprio non ce l’hanno e questa faccenda riguarda la verginità. Riesumare questa parola dal cimitero della memoria è una faticaccia. E’ sepolta in una fossa smisurata e ogni anno sprofonda un po’ di più. Provo a sfogliare reminiscenze. Prima di sposarsi, i maschi insidiavano le donne vergini, che, dagli e ridagli, prima o poi non lo erano più. Quando decidevano di sposarsi, i maschi volevano donne vergini, ma proprio per colpa loro c’era scarsità di mercato, e poiché il maschio innamorato si fa coglione, si compiaceva di aver fatto la sua parte e si gettava ai piedi di qualche povera crista sverginata da altri, con il vindice proposito di rinfacciarglielo al primo diverbio. Questo è quanto ricordo del rapporto fra la verginità e il percorso sessuale e matrimoniale dell’homo sapiens, latino, perennemente erectus. Reminiscenze. Nessuna meraviglia, perciò, che le mutande e la verginità in discussione non appartengano al meridione europeo. Le novità vengono dall’Oriente, proprio dove adultere e omosessuali vengono lapidati, come pure le mogli violentate da intrusi assatanati. Le novità vengono dalla Siria, da Damasco, che invece di celebrare la rivoluzione al Kalashnikoff, come sta facendo l’Iran, con gli annessi e connessi delle contestazioni di piazza, ha messo in cantiere una mirabolante rivoluzione sessuale, con le donne in prima linea, naturalmente, alla faccia dei maschietti islamici, che fottono come conigli ma continuano a volere, castigo la morte, la sposa vergine. Con le siriane, però, sono cazzi. Con trenta euro se la ricomprano la verginità, ogni volta che serve, specie in caso di matrimonio. Si ficcano nella vagina un sacchetto miracoloso, che rimpiazza l’imene quale testimone di una verginità violata. Naturalmente con la complicità del testosterone, che in quei momenti non rende l’aspirante stupratore un campione di lucidità mentale. Dopo aver opposto una ragionevole resistenza, il sacchetto si rompe e ne scaturisce un liquido rosso che ingannerebbe anche un chirurgo vascolare. Un paio di gridolini, qualche lamento e voilà, les jeux sont faits! Adulterio prematrimoniale, ignoto alla legge e neppure più documentabile, niente lapidazione. Le nostre donne, malgrado ce lo fossimo meritato a pieno titolo, non ci hanno mai preso per il culo con sfacciate sofisticazioni vaginali né ci hanno etichettato come teste di cazzo fin dalla prima notte di nozze. Forse le meritano due parole di ravveduta riconoscenza.

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