lunedì 14 giugno 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 14 febbraio 2010
Faccio colazione, poi apro la porta di casa per dare un’occhiata di fuori. La solita pioggerellina invisibile, segnalata dall’asfalto bagnato. Il cielo è un ammasso di piombo. Non sembra voler rimanere sospeso ancora per molto e ti aspetti che da un momento all’altro ti caschi addosso. Domani di nuovo all’Asl per il prelievo. Speriamo sia davvero l’ultimo, così potrò tornare a occuparmi della barca. Mi sta aspettando da un pezzo e sarà pure incazzata. Può sembrare un’eresia, ma le barche si incazzano, e come. La barca è come l’innamorata, ci parli, ci vivi momenti idilliaci, ma ti ci scontri anche di brutto muso. In genere ti ci diverti insieme, lasci che ti distenda i nervi, ma nel momento del pericolo ci parli, e anche molto seriamente.
Se ti aggredisce una burrasca con quaranta nodi di vento senza preavviso, il rischio è che si spezzi un pennone, se non addirittura l’albero. Allora cerchi di farle coraggio, di esortarla a resistere alla pressione del vento, a mantenersi in assetto per evitare di rovesciarsi, e in quelle occasioni certi discorsi sono del tutto normali –Dai, bella, che ce la fai!- oppure – Forza, è solo questione di qualche minuto!- o anche –Coraggio, non può durare ancora per molto!-, -Brava, continua così!-. E’ proprio in quei momenti che ti accorgi se è incazzata con te. Se ti sei preso cura di lei, se non c’è neppure una cimetta fuori posto, se le molle dei moschettoni scattano come si deve, se le sartie sono assicurate a regola d’arte, se la vela è fissata ai pennoni senza un nodo allentato, se la mezzana è in sinergia con la vela principale, allora lei ce la mette tutta, si impegna allo spasimo e quasi sempre ti tira fuori dai guai. Se invece l’hai trascurata, apriti cielo! E’ capace di lasciarti senza timone se non hai sostituito una barra difettosa, o anche senza remi, solo per non aver controllato che fossero fissati agli scalmi nella giusta maniera, e in certi casi perfino senza vela. Le incazzature della barca sono pericolose, perché te le sbatte in faccia quando meno te lo aspetti, e sempre nelle situazioni critiche. Lei pretende un rapporto leale, un impegno reciproco, e se si turba è sempre colpa tua. E’ un po’ come una donna, devi averne cura, rispettarla, se no s’incazza. Secondo un vecchio detto dovresti scegliere fra la moglie e la barca, perché, inevitabilmente, o fai incazzare l’una o fai incazzare l’altra. Per la verità, con le donne di oggi il discorso non è più così semplice. Incazzate ci nascono. Chi se la sente di biasimarle? Basti pensare che c’è voluto un Concilio per stabilire che anche loro avevano un’anima. Prima ce l’avevano solo gli uomini, a quanto pare, dunque potevano essere rinchiuse in un serraglio insieme alle altre bestie, anche loro prive di anima. Ma anche dopo aver stabilito ufficialmente che appartenevano alla razza umana, con tutta la spiritualità che gli competeva, i maschi hanno fatto valere i muscoli, lasciando loro pochi spiragli, non importa che fossero ebrei, cristiani o musulmani. Con il passare dei secoli, però, gli spiragli sono diventati finestre, poi finestroni, finché la femminilità è dilagata fino a sommergere l’uomo cacciatore e il marito padrone. Harriette Westbrook è affogata per sempre nella Serpentine di Hyde Park, portando con sé tutte le donne disposte ad annullarsi per amore, e al suo posto sono emerse tante Mary Godwin, intellettuale e figlia di intellettuali, capace di competere con i più famosi fra i poeti romantici dell’Ottocento, vedi Byron, e lo stesso Shelley, che aveva rubato a Harriette, e con due palle da sfornare sotto i loro occhi un romanzo horror della stazza di Frankenstein. Insomma, non era tipo da suicidarsi per amore, come Harriette. Quanto ai mariti padroni, come lo era stato Shelley con Harriette, appartengono alla storia. Se Percy fosse vissuto al giorno d’oggi e fosse stato citato in giudizio e incolpato della separazione e dell’eventuale divorzio, avrebbe passato il resto della vita a leccarsi le ferite e a ingegnarsi di far collimare il pranzo con la cena nei regolari intervalli. Il resto della generosa rendita paterna gli sarebbe servito per passare gli alimenti a Harriette e ai suoi due figli. Di questi tempi le donne chiedono il divorzio. In genere dopo il primo figlio, ma anche dopo il secondo. E’ più conveniente. A voler malignare, si tratterebbe di una sorta di prepensionamento. Scegliere un marito abbiente, sfornare una paio di figli, quindi marcarlo stretto fino a quando non commette la prima stronzata. Magari va a puttane, o chiama la prima sfigata che incontra a testimone della propria virilità. Poi tutto fila liscio come l’olio, e siccome la legge impone che gli alimenti siano proporzionati al tenore di vita cui era abituata, si sarà assicurata una buona pensione. Progetto immorale? Dipende. Se il dio Quattrino ha davvero sostituito il Dio trino, è perfettamente in regola. Ci sono le solite sbadate, però, che scelgono mariti che non navigano nell’oro, dunque nessuna meraviglia che molti ex macho frequentino la Caritas all’ora di pranzo e qualcuno anche all’ora di cena. Tornando al vecchio detto, la moglie o la barca. Tutto sommato, con i tempi che corrono, scegliere la barca sarebbe meno rischioso.

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