martedì 15 febbraio 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Mercoledì, 16 giugno 2010
Dai giornali notizie sconvolgenti. Due pentiti lanciano siluri con notizie ad alto potenziale esplosivo contro due 007, includendoli fra gli organizzatori della strage di Capaci. Almeno così mi pare di aver capito, perché ad essere sincero non ricordo nemmeno bene se l’ho davvero letto o l’ho sentito alla TV, ma, a parte i dettagli, la sostanza non cambia. Con i siluri esplode la notizia che i due 007 sarebbero stati i supervisori dell’operazione. Non ci voglio credere, perché fin da piccolo mi hanno insegnato che ci sono i buoni e i cattivi e che bisogna sempre schierarsi dalla parete dei buoni e che i buoni devono sempre dare e seguire l’esempio edificante e che mai devono mescolarsi ai cattivi. Quello che trovo sconvolgente, si tratti del televisore o della carta stampata, è che certe notizie vengano comunicate con naturalezza, matter of fact, dicono gli inglesi, senza neanche far finta di piangere, o tradire sconcerto, come se la cosa rientrasse in un collaudato e ampiamente diffuso gioco di società. E allora, senza puntare il dito contro nessuno e al solo scopo di trovare sollievo per la confusione crescente che a volte mi fa sentire di non aderire più al suolo e fluttuare in una dimensione dell’ignoto, per l’ennesima volta mi rivolgo la domanda, scurrile ma di un qualche effetto liberatorio, In che cazzo di mondo viviamo? Di questi tempi la TV dedica ampi spazi al campionato del mondo, e negli intervalli tra il primo e il secondo tempo di una partita, gli opinionisti devono dire la loro. Riconosco che fra oceani di ripetitività e di secondo me o di per come la vedo io, si riesce anche a pescare qualche notizia curiosa. Molti sono convinti che il calcio, come sport, sia nato in Inghilterra, tanto che gli inglesi hanno snobbato i campionati del mondo per venti anni prima di decidersi a mettersi in gioco e scendere anche loro in campo, con risultati per lo più disastrosi. La notizia curiosa ha fatto seguito, nel corso di una discussione, a una improbabile attribuzione di paternità al Paraguay. Il calcio sarebbe nato in Romagna, al tempo dei Romani, quelli di lingua latina, e sarebbero stati proprio i Romani a portarlo in Gran Bretagna a corredo di un paio di invasioni. Dalla Gran Bretagna, nel corso di secoli, avrebbe poi fatto ritorno sul continente. A me è piaciuta. Per di più chi l’ha scodellata non era il pifferaio di turno e quasi mi ha convinto. Continuando sulla scia dei mondiali, pare che sia una necessità suprema quella di conoscere la formazione della nazionale prima dell’inizio di partita. Anche se mi ci dovessi scervellare, non riuscirei a capire il perché. Uno sportivo sano di mente dovrebbe sedersi davanti al televisore, magari con le patatine, i pop corn o perfino un corno portafortuna, aspettare che i giocatori entrino in campo e poi gioire se non imprecare per le scelte del mister. Che gusto c’è a conoscerle in anticipo? Invece, anticipare necesse. Pare, infatti, anzi, è cosa risaputa nei corridoi, che nel 2006, quando vincemmo, fu organizzato un servizio di spionaggio ai danni di Lippi, con l’introduzione di una talpa nello spogliatoio. Si trattava di un giocatore, di un accompagnatore, di un qualsiasi membro dello staff dei campioni del mondo? Sono i giornalisti a saperlo, ma non parlano, forse contano di ripetere l’operazione anche quest’anno. Ho visto Brasile – Corea del nord in TV, mi sarei divertito di più con la squadra della mia città, a distanze siderali perfino dalla serie B. Pronostici di goleada a non finire, ma il Brasile ha cominciato a giocare come una squadretta da oratorio, e certo non per vivacità ed entusiasmo. L’incaricato del commento tecnico si dannava l’anima perché il Brasile non segnava. I minuti passavano, il Brasile non segnava e lui continuava a dannarsi l’anima, suggerendo e recriminando. Per quei poveracci della Corea del Nord, che invece giocavano davvero con la vivacità e l’entusiasmo di una squadra di oratorio, nessun apprezzamento, come se si fossero presentati in campo solo per dar modo al Brasile di fare gol e dare spettacolo. Si tratta di un calciatore del passato, che da qualche tempo imperversa nelle trasmissioni sportive, che ho visto giocare e non mi è mai piaciuto più di tanto. Come commentatore tecnico mi è piaciuto anche meno. Voglio sperare che il suo commento non venga tradotto in coreano. Che possano usare la bomba come ritorsione mi pare esagerato, ma potrebbero sempre confezionarne una minuscola ad personam. Il calcio mi piace ancora, malgrado Calciopoli e il vortice di miliardi che continua a girarci intorno, perciò capita spesso che mi fermi a guardare una partita alla TV, più spesso una sintesi. Ma mi capita anche di saltare di palo in frasca e, proprio mentre guardo il match, volarmene con il pensiero da un’altra parte. Durante l’esecuzione dell’inno nazionale giapponese mi sono ricordato di una conferenza tenuta in un liceo scientifico dal direttore di un istituto musicale. Il tema riguardava i significati della musica e lui esordì dicendo che la musica è asemantica. All’epoca accettai la sua opinione con qualche riserva. Mano a mano, però, che ascoltavo l’inno nazionale giapponese mi convincevo che quel direttore aveva idee poco chiare. Ascoltavo e vedevo. Tanti occhi a mandorla, bellissime ragazze in kimono lavorati a mano, giardini percorsi da minuscoli corsi d’acqua, piante e fiori dai colori delicati, uomini e donne che si salutano con un inchino. Così vede il Giappone chi non ci è mai stato, naturalmente, non è che un quadro immaginario, forse anche anacronistico, ma ad evocarlo era la musica. Bene, comincia la sintesi della partita. Proprio quando comincia ad appassionarmi, c’è un’interruzione e dal televisore sbuca la faccia di un conduttore maleducato, con uno stereotipo di sorriso che di genuino non ha neppure i denti. Senza chiedere scusa o dare una spiegazione comincia imperterrito la propria trasmissione e addio partita. Meglio rifarsi con una buona notizia. I signori dell’energia hanno accettato di installare nelle case un doppio contatore, uno per le necessità della casa, l’altro per rifornire l’auto elettrica. Fantastico. Se ti si scarica la macchina per strada, puoi sempre bussare alla prima porta che incontri e chiedere se, per cortesia, non fossero mica disposti a farti infilare la spina.

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