domenica 27 febbraio 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Martedì, 22 giugno 2010
Ieri mattina sono dovuto correre al pontile per vuotare la barca. C’era tanta acqua che quando sono salito quasi mi rovescio. Nottata di tregenda. Soffiava ancora vento freddo da ponente e continuava a scrosciare pioggia. Una pazza, tarda coda invernale. Stanotte non è piovuto, per fortuna, rigida la temperatura. Grossi cumuli scuri attorcigliati a vomitare le loro stesse budella (presa in prestito dal Dr. Faustus di Marlow). Però non piove. Alla televisione continua la sceneggiata Italia dentro - Italia fuori, con tutti i calcoli dei punteggi e delle possibilità che perda l’una o l’altra squadra del girone e come questo possa influire sulla permanenza o meno della squadra di Lippi. In quattro anni Lippi è invecchiato, non è più lo stesso, non si spazientisce e quasi presta attenzione alla stampa. Si limita a parlare di trappole, quelle che piazzano i giornalisti per creare malumori nello spogliatoio, ma gli manca il piglio di una volta, quell’occhiata insofferente e inequivocabile, perentorio invito a toglierti dalle scatole. Abbiamo ancora una possibilità di farcela. Tutto dipende dall’orgoglio dei nostri ragazzi e dalle condizioni di San Pirlo. Lippi lo sa e sa anche che dovrà tirar fuori un gran paio di palle. Sfigata, che altro dire della Grecia, costretta a giocarsi l’ultima chance contro i mostri argentini. Si era organizzata mica male, è riuscita a resistere per un tempo, poi sono prevalsi i diritti del più forte. Non che prevalgano sempre, vedasi quel che ci è successo con la Nuova Zelanda. L’Argentina però è stata in grado di farli prevalere e i greci sono tornati a casa. E dire che sono stati fra i primi, i greci, a organizzare manifestazioni sportive di massa, molti secoli prima dell’Avvento. Nella corsa, nel salto in lungo, nella lotta, nel pugilato, nel lancio del giavellotto, nel lancio del disco, nella gara dei carri da guerra e nel pentathlon, ogni sforzo era dedicato agli dei. I giochi erano sacri a tal punto che per le guerre, anche quelle più insignificanti, veniva chiamato il time out . Niente guerra, si fa sport. Poi sono arrivati i cristiani, che ritenevano intollerabile l’imparentamento di grandi eventi sportivi con il paganesimo. Così l’imperatore Teodosio, per farli contenti, ne ha decretato la fine. E’ raro sentire il nome di qualche greco al top dello sport internazionale, oggi. Potrebbero non essersi ancora abituati alla convivenza dello sport con la cristianità. Un’occhiata al giornale. Una donna è stata ricoverata in ospedale, priva di sensi, con lesioni da pugni e coltellate, sul collo pure i segni di un tentativo di strangolamento. Il marito, pizzicato mentre scappava in macchina, ha spiegato così le sue ragioni, testualmente: Non volevo ucciderla. Si è trattato di una lite nata dal mio tentativo di chiarire alcuni aspetti nell’ambito del rapporto di coppia. Chiarimenti esaurienti, senza dubbio. Pare che la spiegazione fosse accettabile, l’accusa è stata derubricata da tentato omicidio a lesioni gravi. A San Benedetto si riuniscono i big dell’editoria e del thriller. Dovrò scrivermi qualche titolo. Per i thriller ci vado matto. Sia a leggerli che a scriverli. Ultimamente avevo cominciato a scriverne uno per un concorso della Mondadori e per un bel po’ tutto è filato liscio, tanto che ritenevo di averne scritto più della metà. Poi mi sono fermato. Non parlo del blocco dello scrittore, della disperazione che ne consegue e di tentativi di suicidio alla Hemingway. Minuscoli tentativi, naturalmente, vista l’immensità del paragone. Molto più semplicemente, mi sono distratto con altre cose, altri interessi, e il mio thriller è ancora a metà. Me lo sono riletto, cercando di ricordarmi lo sviluppo della vicenda e il destino che avevo riservato ai vari personaggi. Purtroppo ero come disconnesso. Non sono abituato a buttar giù una scaletta, per poter riprendere a scrivere anche dopo un po’ di ozio. In realtà, è come se al tempo stesso fossi un lettore di quello che vengo scrivendo, perché in testa non ho che un’idea vaga del prosieguo e le situazioni mi si presentano quasi da sole. Quando rileggo è come se leggessi il lavoro di un altro. Penso che dovrò rileggerlo parecchie volte prima di poterci rimettere le mani. In sostanza, mi ritrovo con un commissario gourmet che ha una figlia adolescente, contestataria e rompicoglioni, con una prostituta decapitata cui è sparita la testa, un fotografo un po’ ingenuo che si è ficcato nei pasticci fino al collo, una prostituta russa amica della morta, pure nei guai, un paio di farabutti implicati nel contrabbando di bambini dall’Est, forse anche di organi, il tutto ambientato in una località dell’Italia centrale, con dislocamenti ambientali vari. Spero di rimetterci le mani presto. Ho una gran voglia di sapere come va a finire.

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