martedì 18 gennaio 2011

diario di un qualsiasi nessuno

28 maggio 2010
Oggi è il mio compleanno, fatto del tutto ignoto all’anagrafe. E’ un falso in atto pubblico, tuttavia non doloso e di cui non sono responsabile. Il fatto è che quando sono nato qualcuno era distratto e si è recato in municipio a denunciare la mia venuta al mondo un paio di giorni in ritardo. Così mi ritrovo con un doppio giorno di compleanno, uno vero, tramandato in famiglia, uno anagrafico. E siccome verba volant, scripta manent sui documenti e fanno la differenza, mi sono adeguato e lo festeggio in ritardo. Quando mi ricordo. In realtà è una festa che non mi ha mai entusiasmato. Prendendo per buono quanto diceva Seneca, che una parte della nostra morte è già alle nostre spalle, non mi pare, e in realtà non mi è mai parsa, una ricorrenza che induca a banchettare. Ho provato di nuovo la vela, operando una modifica all’attacco del pennone superiore, sicuro che sarebbe andata alla perfezione. Flop. Domani ci riprovo, non vedo l’ora di ripristinare il vecchio assetto. Non era da urlo, ma almeno un sei lo meritava. Verso le due sono andato a prendere mio figlio all’aeroporto, naturalmente con moglie e figli. Su settanta chilometri di autostrada c’era il limite di cento solo per un breve tratto, per tutto il resto sessanta e ottanta, causa l’allestimento della terza corsia. Per un po’ ho cercato di rispettare i limiti, ma presto mi è parso chiaro che intralciavo il traffico, specie quello dei TIR, che mi superavano incazzati a centoventi all’ora. Nel parcheggio dell’aeroporto ho incontrato una comitiva di inglesi. L’aereo era appena atterrato. Cinque minuti e nel padiglione degli arrivi c’era anche il gruppetto della mia discendenza. Erano tutti in forma. Mio figlio, mia nuora e piccoli gemelli. Poco più di mezz’ora e tutti casa. C’era un tempo in cui prendevo gli aerei come fossero taxi, invece adesso tutti questi voli low cost cominciano a preoccuparmi. Potrebbe anche essere un’impressione sbagliata, ma ho l’impressione che siano aumentati gli incidenti. Se poi aggiungiamo i terroristi, che alla fine arriveranno a sistemarsi le bombe anche nel buco del culo, c’è poco da stare allegri. Mia moglie la pensa allo stesso modo. Un paio d’anni fa abbiamo rotto gli indugi e siamo andati a visitare le capitali nordiche. Doveva essere un volo Lufthansa. Falconara – Stoccolma, con scalo a Monaco. Con la Lufthansa si vola sicuri, almeno così dicono. Sorpresa. Ci hanno fatto salire su un aereo di un’altra compagnia. Poi mi hanno spiegato che si trattava di un’associata della Lufthansa. A quel punto, O mangi ‘sta minestra... Il volo è stato tranquillo e senza turbolenze. Solo un piccolo inconveniente all’aeroporto di Stoccolma, dove una signora ha atteso per un pezzo di veder apparire la valigia sul rullo, prima di avere una specie di crisi da frustrazione, con lacrime e disperazione. Abitava nello stesso paese dove mia moglie era nata e aveva vissuto la propria adolescenza. Scoperta la cosa, avevano passato il viaggio a sciorinare nomi e ricordi comuni. Visto che non conosceva l’inglese, e se in Svezia non parli inglese puoi sprofondare in una crisi di alienazione totale, l’ho accompagnata da un funzionario che gironzolava nei paraggi e abbiamo denunciato l’accaduto. Il tipo non si è scomposto, ci ha fatto compilare un modulo e con il sorriso più tranquillo del mondo ci ha assicurato che la valigia le sarebbe stata recapitata in albergo alle cinque del pomeriggio. Tanta sicurezza mi ha sorpreso, devo confessarlo, stentavo a crederci. Quando però la signora mi ha chiesto con un filo di voce Sarà vero?, le ho detto che era in una botte di ferro, perché se uno svedese dice le cinque, saranno certamente le cinque. In un paese che conferisce premi annuali ai migliori scienziati e letterati del mondo, neppure a un funzionario aeroportuale è consentito dire stronzate. Però, detto fra noi, può anche trattarsi di una faccenda di latitudine, è più a sud che le cose vanno diversamente. Stoccolma, Copenhagen, ultima tappa Oslo dopo una notte di navigazione e arrivo lungo i fiordi. Splendido. Durante il volo di ritorno, la signora, quella della valigia, regolarmente recapitata alle cinque di quello stesso giorno, è stata colta da una crisi di panico da aereo, e per tutto il tratto Monaco-Falconara i lamenti si sono susseguiti con preghiere e presagi funesti. A ciò va aggiunto che al marito della signora, un tipo apparentemente affidabile, era parso, per un momento, di notare il cattivo funzionamento di una delle due eliche. Da parte mia, avevo già sentito un brutto rumore al decollo, un piccolo schianto dalla parte di un’ala, e non mi sentivo per niente tranquillo. Per di più entrambi avevamo notato una malcelata eccitazione nelle hostess. Malgrado i funesti presagi, l’aereo è atterrato come previsto e siamo scesi tutti vivi. Tuttavia, il fatto che uno dei motori fosse già stato già spogliato del rivestimento e che almeno tre meccanici ci stessero lavorando alla luce di forti lampade mi lascia ancora perplesso.

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