mercoledì 7 luglio 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Lunedì 22 febbraio 2010. Attualmente ho tre barche. Tutte a vela. Due in vetroresina di quattro metri e quella che ho appena comprato dal mio amico pittore, pure di quattro metri e in vetroresina, ma più stabile e con il bordo più alto, meno soggetta a scuffiare. La più vecchia è un Vaurien, lo scrivo come lo sento pronunciare, ma in realtà l’ho visto scritto in almeno dieci modi diversi, e credo mai nel modo giusto. L’ho comprato una quindicina di anni fa, dal fratello di una collega, e me lo sono andato a prendere a Porto San Giorgio in una giornata di sole, con uno Scirocco sul giardinetto, leggero come una carezza. Una passeggiata di otto miglia a quattro nodi. Più o meno. In due ore ero a casa. E’ stato amore a prima vista e per anni ci siamo divertiti insieme. Sciroccate da trenta nodi e micidiali garbinate, come bruscolini. Non proprio come bruscolini, perché era uno sballo di adrenalina. Siamo arrivati fino a trentadue nodi, l’ho verificato sul giornale, e in una virata a collo si è spaccato il fiocco. Ma lui, il Vaurien, ha continuato come niente fosse e mi ha riportato a terra. Poi un giorno, invece di ritirarlo su un tratto di spiaggia riservato alle imbarcazioni, al sicuro, l’ho lasciato sulla riva del porto, in mezzo ai cavalletti e alle varie attrezzature dei pescatori. Forse per pigrizia. Me ne stavo a casa, tranquillo, quando è arrivata una mareggiata senza vento, insospettata, che ha gonfiato le acque del porto e lo ha sbatacchiato all’infinito contro le attrezzature da pesca. Difficile spiegare com’era ridotto. Squarci lunghi un palmo. Era da buttare, ma non me la sono sentita. Ho tappato i buchi alla meglio, con la vetroresina, l’ho riportato sulla spiaggia e per un paio di giorni l’ho curato come ho potuto. Stento ancora a crederlo, è sopravvissuto. L’ho provato un paio di volte, si destreggia ancora bene sulle onde. Naturalmente mostra tutti i segni della sciagura e lo scafo non è resistente come lo era prima, ma credo che lo sia a sufficienza. Comunque ho dovuto lasciarlo a riposo da quando mi è scoppiato un dolore infernale alla schiena mentre lo tiravo a riva. Da quel giorno mi sono messo a cercare un’altra barca, da ormeggiare al pontile, per risparmiare la schiena alla partenza e al rientro. A furia di cercare, spostandomi a nord e a sud per una trentina di chilometri di litorale, finalmente ho scovato un rudere in un cantiere. L’ho pagato una cifra irrisoria. Ci ho messo un po’ di tempo a riverniciarlo e tappare qualche piccolo buco, ci ho applicato un fuoribordo da due cavalli, per uscire dal porto ma soprattutto per tornare all’ormeggio, specie quando il vento fischia sopra al pentagramma, e ci vado avanti ormai da un paio d’anni, sorvolando sul fatto che si tratta di una barca piccola, instabile e scomoda da tenere all’ormeggio. Non saprei neppure dire che tipo di barca sia, somigliante a un fly junior ma un po’ più larga. Così, quando il mio amico pittore ha deciso di vendere la sua, di pari lunghezza ma molto più comoda e meno precaria in fatto di equilibrio, me la sono comprata, soprattutto perché può essere armata con la vela latina, o anche al terzo, entrambe molto più comode da issare e ammainare se si naviga da soli. Spesso vado a far visita al Vaurien, e provo quasi rimorso ad averlo lasciato sulla spiaggia, inoperoso, come un vecchietto in pensione. Ho anche provato a farmi prescrivere una ginnastica di riabilitazione per la colonna vertebrale, per poter uscire ancora insieme, ma poco ci manca che mi caccino in malo modo. Liste di prenotazione lunghe chilometri e scarsità di personale. La tizia che mi ha ricevuto era proprio incazzata e io più di lei. Ma non ha voluto sentire ragioni. Ha rifiutato perfino di mettermi in coda alla lista, per quanto sterminata, sforzandosi di spiegarmi che le mie speranze sarebbero naufragate nel mare dell’eternità. Ho provato in un istituto privato, dove le prestazioni erano anche piuttosto rapide e molte le aspettative di un miglioramento. Dopo un paio di mesi, molto denaro speso, scarse le aspettative, progressi zero. Mi sono tenuto il mal di schiena. Con il passare del tempo, dice la doc, andrà meglio.

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