domenica 11 luglio 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 28 febbraio 2010. Sono le otto e venti e ho già fatto visita alla pasticceria, ho messo tre maritozzi freschi di forno in tinello e aspetto che mia moglie finisca le prime faccende mattutine per fare colazione insieme. Ci concediamo questa trattamento luculliano solo il sabato e la domenica. Concedercela tutti i giorni non ci manderebbe in rovina, ma i maritozzi non avrebbero lo stesso sapore. Rientrerebbero nell’ordinario e perderebbe il gusto aggiunto delle aspettative, insomma, sarebbero come una domenica in una settimana di tutte domeniche. Non è indispensabile leggere Leopardi per sapere che è il sabato il giorno più importante, il giorno delle attese. Regolarmente deluse il giorno seguente, con tutte le connotazioni allegoriche che ne conseguono, ma questo è dettaglio di poco conto. Si fa strada la tentazione di andare a respirare aria di mare e finire il lavoro alla barca, ma il cielo è coperto e l’aria umida. Più tardi, però, potrebbe uscire il sole. Per il momento mi godo un piccolo progresso che ho fatto al computer. Ho scoperto, a furia di tentativi in genere infelici, che c’è un programma per ascoltare CD. Qualcuno potrebbe pensare che sono scemo e irrecuperabile, ma il fatto è che in un ipotetico percorso di apprendimento informatico in parallelo con la scuola elementare, media e superiore, tredici anni nel complesso, io mi troverei, nella migliore delle ipotesi, in terza elementare. Ecco perché, se di quando in quando faccio una scoperta dell’acqua calda, merito comprensione. Dunque, in virtù di tale performance, ho potuto inserire un CD nel relativo programma di ascolto e proprio adesso, mentre scrivo, posso godermi l’ouverture da La sposa venduta, opera comica di Bedrich Smetana, boemo, figlio di un birraio che strimpellava il violino all’osteria, in compagnia di amici, che lo ispirò a seguire la via della grande musica. Capisco che strimpellare un violino non è il modo più accreditato per ispirare un figlio a diventare un celebre compositore, ma non è possibile spiegare tutto, neppure oggi, figuriamoci nell’Ottocento. Forse c’era più amore, più rispetto, più tempo. Ispirare un figlio a seguire una strada, una carriera, quale che sia, non c’è più tempo. Sarebbe già tanto riuscire ad ispirarlo verso una sana istruzione, ma anche per traguardi minimi, molto al di sotto dei sogni di successo, non c’è più tempo. Almeno a giudicare dai traguardi che si propone la nuova riforma scolastica, che si è proposta il compito di riformare le disgraziate riforme degli ultimi anni. Si vuole reintrodurre il merito e la selezione, ma ci pensate?, entrambi, attualmente, illustri sconosciuti. Si vuole arginare l’aggressività e il bullismo con il cinque in condotta, che porta alla bocciatura, una misura anche troppo tenera per chi meriterebbe di essere denunciato e ammanettato. Si vuole rendere più impegnativi gli esami di terza media, perché appunto, la scuola media cessi di essere una terra di nessuno e ricominci a preparare gli studenti per la scuola superiore. Si vuole consentire di accedere all’esame di maturità solo se sufficienti in tutte le materie, evitando di riempire le sedi di esami di debitori morosi che mai potranno restituire il dovuto. Non se ne deduce un bel panorama. Se è stata necessaria una riforma per tornare indietro di una cinquantina d’anni, quando la scuola italiana, attualmente terz’ultima in graduatoria, era fra le prime d’Europa, vuol dire che molti di quelli che si sono alternati sulla poltrona del ministero hanno pisciato fuori della tazza. Inutile cercare responsabili a destra o a sinistra, l’hanno fatto un po’ tutti, a cominciare da chi si è accreditata l’eliminazione degli esami di riparazione. Se mi fermo a pensare che la reintroduzione del cinque in condotta ha fatto gridare al fascismo, che ha fatto gridare al razzismo l’istituzione di corsi preliminari di lingua italiana per gli extracomunitari, da frequentare prima dell’inserimento nelle rispettive classi, se da una parte mi viene da piangere, dall’altra mi sento montare una rabbia impotente verso il testadicazzismo imperante. C’è anche da dire che certi filosofi, se incompetenti in materia, dovrebbero smetterla di sparare stronzate su argomenti delicati e davvero importanti come la riforma di un sistema che ha funzionato a rovescio e ha fatto salire l’ignoranza dei giovani italiani ai primi posti nelle graduatorie europee. Vorrei ricordare a questi signori che la competenza, in tale settore, viene solo in minima parte da studi filosofici, sociologici, antropologici, didattici, metodologici, e chi più ne ha più ne metta, la competenza viene dal sudore versato sul campo, dalla delusione per l’insuccesso, specie se indotto da ordinanze nebulose e dai fini oscuri, dal contatto quotidiano con una massa di adolescenti cui è stato instillato il concetto che la scuola è una perdita di tempo e che gli insegnanti sono individui in odore di delinquenza. Perciò, quando uno di tali emeriti sostiene che le innovazioni proposte non sono valide e che bisognerebbe cambiare i programmi e anche i professori, dovrebbe aver provato tutto questo sulla propria pelle. Invece pare che le cose stiano diversamente, infatti, nelle righe successive, l’emerito, dopo averci informato che ai suoi tempi c’erano più bocciature perché la scuola era più severa, considerazione ben nota anche al cucco, incredibilmente confessa di non sapere se anche oggi sia così. Non ci credo. Siamo al cuore del problema e lui non sa se anche oggi sia così, ed è lo stesso che un paio di righe avanti sosteneva l’inutilità delle riforme e suggeriva di cambiare i programmi e mandare a spasso i professori. Caro filosofo, non è obbligatorio scrivere, si può andare a caccia, a pesca, prendere lezioni di vela, se proprio si dovesse venire interrogati su argomenti sconosciuti, si può sempre chiedere soccorso a un caritatevole “no comment”. L’Inglese aiuta. Di nuovo ci sono cascato. In questi ultimi giorni divento facilmente serioso e ne risente il mio stile. Perde fluidità, lucidità e smalto. Sarà per colpa degli antibiotici. Pazienza. Per fortuna posso consolarmi subito. Sta chiamando mia moglie, mi aspetta un timballo da sballo. E se è vero, come è vero, che oggi è domenica, avrà anche preparato una crostata con la marmellata di cachi.

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