venerdì 6 agosto 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Sabato, 13 marzo 2010. Ieri ho finito di risolvere l’enigma dell’uomo ucciso misteriosamente nel suo appartamento, chiuso a chiave dell’interno e con la catenella di sicurezza alla porta. Un breve giallo di una ventina di cartelle, come richiesto per il concorso. Scorre liscio come l’olio dal principio alla fine. Il miglior test per i miei scritti è farli leggere a mia moglie. Chissà per quale motivo, per anni non ha neppure voluto vederli. A lei piacciono i gialli pieni di mistero, dove il detective è un deus ex - machina che si affida a una logica serrata e alla fine riesce sempre a risolvere i casi più intricati. Io ho sempre preferito il giallo moderno, pieno di azione e di rischio. Poi c’è stata una svolta. L’ho convinta a leggere gli ultimi tre romanzi e le sono piaciuti. Erano più vicini al suo immaginario e al suo gusto. Quasi non ci credevo. Da allora mi legge più volentieri, ma è sempre molto critica. Di conseguenza, se capita che esprima un giudizio positivo, come potrebbe essere Mi è piaciuto, l’ho letto volentieri, per me sono campane a festa. Con il passare del tempo, mi sono tolto il vizio di progettare letture per gli amici, perché ho scoperto che i più non ne avevano alcuna voglia, spesso non amavano affatto la lettura, ma siccome si sentivano obbligati ad esprimere un giudizio, non potevano evitare di leggerli. Avrebbero anche potuto farne a meno, perché non ne ricordo uno che abbia espresso critiche. Piacevano a tutti, incondizionatamente. Anche se speravo in giudizi positivi, tanto sperticato consenso mi deprimeva. Alla fine ho sospettato che il solo fatto che li obbligassi a leggere fosse per loro una gran rottura di palle. Poi ho provato a mettermi nei loro panni e ho capito di aver ragione. Errare è umano. Cercando di rimediare, ho perfino chiesto dei manoscritti in restituzione, adducendo necessità immediate per improbabili richieste da parte di case editrici. Così non resta che mia moglie. Trattandosi persona che le cose non te le manda a dire, ma te le spiattella in faccia, resterà la mia sola critica a venire. Se ne avrà voglia. Oggi sono andato al corso per il patentino nautico. Devo dire che mi sono divertito. A dire il vero, è stata una lezione a velocità supersonica, diciamo cinque lezioni in una, ma mi sono divertito lo stesso. Il relatore esponeva in modo chiaro, aiutandosi con una lavagna e delle carte nautiche, e riusciva a farsi intendere anche senza rispettare i limiti di velocità. La prima cosa interessante è stata che appena metti piede sulla tua barca, ne diventi automaticamente il comandante e che se pensassi per un attimo al carico di responsabilità che da quel momento ti piove sulle spalle, potresti anche scegliere di andare a farti una nuotata. L’altra cosa interessante è stata la determinazione della rotta. Tutta roba che avevo imparato prima di avventurami in una breve crociera alle Tremiti, tempo fa, ma non ricordavo un accidente. L’angolo di rotta, il nord magnetico, velocità del vento, velocità della corrente, taratura della bussola, molto meno complicato andare in macchina. Poi abbiamo visto come si determina il punto nave, perché può tornare utile sapere dove cazzo sei andato a finire dopo una burrasca che ti ha sbatacchiato per un paio d’ore. Per fortuna, a parte due brevi crociere, è raro che mi allontani un paio di miglia dalla costa, e quando si naviga a vista è come andare in macchina e non c’è bisogno di tutto l’ambaradan. A voler essere onesti, in genere non serve neanche in alto mare, ci pensa il GPS satellitare. Gli dici dove vuoi andare, inserisci il timone automatico e puoi anche sistemarti comodo in cuccetta e rimettere la sveglia. Come si dice, però, il diavolo fa le pigne ma dimentica il coperchio, così anche il GPS può fare brutti scherzi. Allora capita che il comandante si debba proprio mettere a fare il marinaio e se non conosce bene tutto l’ambaradan sono cazzi. Ce ne sono stati di grandi marinai, e ce ne sono, soprattutto velisti. Quando penso a loro, il primo che mi viene in mente è Soldini. Impossibile dimenticare quelle immagini dall’Atlantico, alla TV, mentre affrontava onde di burrasca alte venti metri con il vento a cinquanta nodi, o quando era in testa a una regata oceanica in solitario, e ha ricevuto un SOS di una francese che si era capovolta a trecento miglia di distanza. Non è stato a pensarci e ha invertito la rotta. Non so come abbia fatto, con il mare in quelle condizioni, ma è riuscito a trovarla, l’ha tirata a bordo, ha proseguito la regata e ha vinto. Un gigante. Alla regata partecipava anche un nano, che ha cercato di invalidargli la vittoria con il pretesto che poi erano in due nella barca. Ma la francese non aveva prestato alcun aiuto a Soldini, non poteva, e l’ha sostenuto a spada tratta. Vive la France!

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