martedì 10 agosto 2010

Diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 14marzo 2010
Mi sono svegliato alle sei meno un quarto, ho cercato di riprendere sonno, ma non c’è stato verso. Appena sveglio mi viene sempre voglia di caffè, riflesso condizionato, perciò sono sceso a farmene uno bello robusto. Aspetto sempre che arrivi il diciotto, per l’ecografia ai linfonodi, poi torno dalla doc per una revisione generale. Una sorta di tagliando. Se va tutto bene, mi riprendo la libertà di respirare aria inquinata all’aperto. A proposito, devo fare il tagliando anche al fuoribordo, o va a puttane la garanzia. Se ne parla dopo il diciotto. La libertà, bella parola. Tutti la vogliono, ma pochi se la sanno tenere. Ieri ho sentito uno che ce l’aveva con il primo ministro e diceva che se lo avesse incontrato gli avrebbe…, poi si è ricordato che veniva ripreso e ha concluso dicendo che non lo sapeva neanche lui cosa gli avrebbe fatto. Dall’espressione si capiva che non lo avrebbe invitato a bere un caffè. Prima possibile deduzione. Libertà vuol dire che si è liberi di spaccare la faccia a chiunque non la pensi come noi. Conoscevo uno studente che esigeva venisse rispettata la sua libertà, perciò entrava e usciva dall’aula a piacimento e, se interrogato, si guardava dal riferire sul programma e cercava di impegnare l’insegnante in discorsi su una filosofia mal digerita. In genere, però, preferiva evitare le interrogazioni rimanendo assente e lasciando agli altri la patata bollente, insomma, era una rottura di palle perfino per i compagni. Seconda possibile deduzione. Libertà significa poter ignorare le regole che disciplinano i comportamenti in un consesso sociale grande o piccolo e fregarsene di mettere altra gente con il culo sulla graticola al proprio posto. Chi si droga o va in cerca della sifilide o dell’AIDS può farlo solo perché è libero di farlo. Terza possibile deduzione. Libertà significa avere facoltà di ridursi alla condizione di rottame umano, inquinando senza scampo le vite degli altri, della famiglia. E’ consuetudine, durante le gite scolastiche, che gli studenti passino la notte ad ammucchiarsi nelle camere, a rincorrersi nei corridoi, a gridare come forsennati, a danneggiare le suppellettili dell’albergo, a mettere in agitazione gli insegnanti e chi studente non è più e vorrebbe riposare, e anche il personale dell’albergo, costretto a sorbirsi un mare di telefonate di protesta. Quarta possibile deduzione. Si può rompere i coglioni al prossimo impunemente, in nome della libertà. La politica di oggi è un gioco al massacro, gli avversari politici sono diventati nemici da uccidere, non c’è più Parlamento senza insulti e anche qualche scazzottata. Se tutto questo accade, è solo in nome della libertà, naturalmente. Forse andrebbero istituiti corsi intensivi, per giovani e vecchi, per chiarire una volta per tutte se da una libertà tanto sbandierata può scaturire un casino del genere. Se interroghiamo la storia, la risposta è sì, basta ripassarsi gli accadimenti dei primi venticinque anni del secolo scorso. Per inciso, siamo nel decennio del nuovo secolo, le premesse non sono buone. La vera domanda è cosa può scaturire da un casino del genere. Anche questo ce lo dice la storia. Senza fare troppa distinzione fra rossi e neri, perché i primi volevano consegnarci a Stalin, i secondi a Hitler, l’Italia ha subito una dittatura e non ne ha subito un’altra dopo la guerra solo perché i tanti lutti, le privazioni e le distruzioni avevano ricordato a molti italiani il vero significato della libertà. Ora mi pare che siamo punto e daccapo. E suona come idea balzana una libertà che è fatica, responsabilità, rispetto della propria dignità e di quella degli altri, impegno di non invadere spazi altrui, e che, in dose incontrollata, provoca bruciature di primo, secondo e terzo grado e può spedirti all’inferno. Un concetto semplice, che dovrebbe essere incluso nei programmi ministeriali come materia propedeutica e imprescindibile. Esiste tuttavia un segnale di allarme contro gli abusi. Scambiarsi i ruoli. Come si sentirebbe quel tizio in TV, incontrando un energumeno che gli spacchi il muso; cosa proverebbe lo studente in libertà, al posto del compagno interrogato in sua vece perché lui si era concesso una licenza; come si sentirebbe chi si droga, al posto del padre, della madre, di chi aveva in lui un minimo di stima; come, i politici, immaginandosi nei panni di tutti coloro che per la preziosa libertà si sono fatti ammazzare, e all’uso molto improprio che ne viene fatto in Parlamento? Cattolici o non cattolici, basterebbe ricordarsi di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Sembra facile, ma noi siamo gli esseri umani, specialisti nel tramutare cose scontate in difficoltà insormontabili, se c’è di mezzo il tornaconto.

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