mercoledì 9 novembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

10 novembre 2011 Sincera contrizione per aver trascurato il mio diario, ma nel frattempo devono essere accaduti fatti che mi hanno distratto. Inutile chiedermi quali fatti, o dovrei ricorrere a una banalità come quella del serpente che si morde la coda e dire che mi tornano in mente in modo confuso e incompleto per la sola ragione di non averli annotati nel mio diario. L’unico evento eclatante che ricordi è che il mio guru informatico ha finalmente riattivato il link con il mio sito. Mi rendo conto, non è gran che come inizio, ho accumulato un sacco di ruggine, per oggi basta così. Vado a rinfrescare la penna in un racconto thriller molto breve, forse gradirà leggerlo anche qualcuno cui capiti di incappare in questo scritto.


T R E N T A S E C O N D I

Seguiamo Teresa Zannini, ventitreenne iscritta alla facoltà di Biologia, di ritorno da una lezione di pilates, diretta a casa lungo un viale poco illuminato, parallelo al recinto ferroviario, fiancheggiato da case da un solo lato, che le incute qualche timore per via delle aggressioni e degli stupri riportati dalla cronaca. Sta pensando a Tom, che in realtà è italiano e si chiama Tommaso, ma come tanti giovani anglofili, sarà per via degli hits musicali o dei videogames, preferisce il nome abbreviato all’inglese. Con la scusa di un deodorante, proprio quella sera le ha rivolto la parola. Spera che si faccia avanti anche alla prossima lezione, oppure toccherà a lei inventarsi qualcosa. Un fragore di vetri spaccati distoglie i suoi pensieri da Tom. Grossi frammenti cadono sulla strada, frantumandosi a pochi metri da lei. Solleva d’istinto lo sguardo e distingue la finestra da cui provengono. Il piatto di una grossa lampada, o qualcosa di simile, sporge dall’interno ed è certamente la causa dell’incidente. Passano pochi secondi e una donna si precipita fuori del portone con il diavolo alle calcagna. Le passa davanti come un fulmine, malgrado zoppichi in modo strano. Riesce a darle una sbirciata. E’ bionda, fisico slanciato, indossa un cappotto scuro dal taglio elegante. Le manca una scarpa. Il motivo della strana zoppia. Teresa rimane dapprima interdetta, poi estrae il cellulare, digita il 118 e rimane ad aspettare. L’auto dei carabinieri arriva dopo dieci minuti sulla strada deserta e poco illuminata. Il brigadiere De Meo e l’appuntato Sallustri scendono e le si avvicinano. E’ sopraffatta dall’emozione, ma riesce a riferire l’accaduto. Mostra ai due militari i frantumi a terra e la finestra con la lampada sporgente, riferisce il particolare della ragazza in fuga senza una scarpa.
Bene-, fa il brigadiere De Meo, andiamo a dare un’occhiata. Sia cortese e aspetti. Si sieda in macchina, se vuole- Teresa deve prima vincere una sensazione di disagio, poi obbedisce. I due militari salgono di corsa le scale e raggiungono il quarto piano, identificano la porta e bussano. Nessuna risposta. Provano ancora a bussare. Silenzio. L’appuntato retrocede di qualche passo.
-Sfondiamo?- chiede al brigadiere.
-Sfondiamo, ma prima i guanti- L’appuntato Sallustri è alto un metro e ottanta e ha due spalle da lottatore. Sfonda la porta alla terza spallata.
-Guarda un po’-, dice De Leo, mettendo piede nell’appartamento al buio. La chiave è infilata nella serratura, dall’interno. Prova a girarla. Due mandate. Quattro o cinque inquilini hanno raggiunto il pianerottolo. Qualcuno va a riallacciare il contatore e torna la corrente.
-Era chiusa dall’interno-, fa notare a Sallustri.
-Aveva inserito anche la catenella di sicurezza-, dice l’altro.
-Una gatta da pelare- conclude De Meo, dirigendosi verso il centro della stanza. C’è un uomo disteso a terra, un brutto colpo alla nuca e sangue sul pavimento.
-Lo hanno conciato per le feste-, dice Sallustri.
-Lo hanno conciato per il cimitero- precisa De Meo, dopo aver premuto leggermente l’indice sulla carotide.
-Che razza di casino. Quello cos’è?- Benché indossi i guanti, Sallustri si guarda dal rimuovere o prendere in mano oggetti, si china per vedere meglio.
-Un biglietto da dieci strappato a metà. Che ci faceva questo con i soldi, ci accendeva le sigarette?- De Meo non risponde. Sta osservando gli oggetti sul pavimento. Una scarpa da donna. Una sola. La donna che scappava aveva lasciato la stanza molto in fretta. Poco distante c’è una pennetta, uno di quei minuscoli aggeggi capaci di salvare una quantità di file dal computer. Sopra una piccola scrivania, sul lato della stanza, c’è anche un computer, un piccolo portatile. Una bottiglia rotta sul pavimento, frammenti e vino, almeno dall’odore, sparsi per la stanza.
-Chiama subito la Scientifica-, dice De Meo. I tecnici non impiegano molto a raggiungerli. Quando hanno finito, arriva l’ambulanza e si porta via il cadavere. La ragazza viene accompagnata a casa e invitata a presentarsi al Comando il mattino dopo. Vengono apposti i sigilli alla scena del crimine e finalmente gli agenti possono tornarsene in caserma a redigere il verbale. (continua)

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