martedì 29 novembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Venerdì, 25 novembre 2011. Un giovane latino-americano, credo, che vive a Formosa, ha scritto su Facebook –Somos lo que hacemos para cambiar lo que somos-. Non credo sia difficile intuire il significato e non sarebbe neppure necessaria una traduzione, ma siccome mi sono spesso incazzato con gli scrittori che inseriscono frasi in lingua straniera nei loro testi, evitando di tradurre per lasciar intendere che sono colti e si rivolgono a un pubblico colto, il significato è Siamo quello che facciamo per cambiare quello che siamo. Mi soffermo ancora un attimo su questa faccenda di chi mette in piazza la propria cultura, a volte anche a scapito di chi il libro l’ha comprato per migliorare la propria. All’università frequentavo il corso di lingue straniere e studiavamo la letteratura inglese su un testo scritto da uno studioso all’epoca molto in auge. Non ricordo con precisione il termine e mi rendo conto che si può stentare a crederci, ma la verità è che nella nota a pie’ di pagina, cui rimandava il numeretto, ho letto testualmente “le persone colte sanno certamente di cosa si tratta”, senza ulteriori spiegazioni. Merita un commento? Non credo. All’epoca, però, ricordo che mi irritai pericolosamente e mi convinsi che anche emeriti studiosi possono rientrare a pieno titolo nella categoria degli stronzi. Torniamo allo stato (ho poca pratica di Facebook, mi pare che certe frasi vengano chiamate così) del giovanotto latino-americano, che mi è piaciuta un sacco e mi ha fatto pure riflettere sul concetto di cambiamento. Credo che ciò che ha detto (se farina del suo sacco, i miei complimenti) possa valere per i grandi cambiamenti, quelli che definirei esistenziali e intendono modificare la condizione in cui siamo stati consegnati alla vita, cioè ignoranti, deboli e indifesi, incapaci di relazionarci con il nostro corpo e con gli altri. Un itinerario di tale cambiamento nell’essere si può riconoscere in siamo scolari, siamo studenti, siamo ingegneri, oppure, sono stati scolari, sono stati studenti, sono ingegneri. Ad ogni passaggio, infatti, si è ciò che si fa per essere poi qualcos’altro. E’ un tipo di cambiamento semplice, ma solo apparentemente scontato, se manca l’additivo segreto, chiamiamolo così, che altro non è che la volontà. La volontà di essere ogni volta ciò che facciamo per cambiare quello che siamo. La riflessione più ovvia è che non c’è additivo ogni volta che il cambiamento ci viene imposto, anche perché l’idea del cambiamento dovrebbe andare di pari passo con quella del miglioramento. Quale miglioramento? Miglioramento fisico, psichico, culturale, tecnico-artistico o che altro? Per avere risposta basta aprire la cassaforte delle aspirazioni di ciascuno. Ne consegue che raramente il bene altrui si consegue con la perentoria imposizione e al tempo stesso che il costante impegno per cambiare (migliorare) ciò che si è, potrebbe essere il vero segreto di un’esistenza felice. Volutamente trascuro i piccoli cambiamenti, a volte anch’essi di qualche importanza, ma quasi sempre legati ai riflessi condizionati. Nel duemilaundici, mi capita ancora di cominciare a scrivere una data con il numero uno e il numero nove. Di solito mi fermo in tempo, ma non sempre.

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