giovedì 17 novembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

17 novembre 2011. Se finisci in mare d’estate, può trattarsi di un bagno imprevisto, indesiderato, ma vacci a finire in pieno inverno e può essere l’ultimo. Per i prossimi mesi vorrei evitare, benché a malincuore, il quasi Fly Junior, e uscire in mare con la barca più solida, con meno problemi di età, soprattutto con sartie affidabili e integra vetroresina. Ieri ho comprato un telone per la modesta spesa di diciotto € e ho tagliato una vela di prova. Si tratta del mio ultimo tentativo ufficiale di montare una vela latina sulla barca nuova. E’ ancora il mio grande amore, un amore difficile. Se andrà male, sarà il mio amore perduto, perché non ne vorrò più sapere. La prima che ho provato era di cinque metri. Non era male, ma troppo piccola. La seconda era di sette metri. Comportamento indecifrabile e anche troppo grande. Questa è di sei metri. Se è vero che la virtù sta nel mezzo, potrebbe essere la volta buona. Finito il pranzo, vado di fretta al porto per sfruttare quel paio d’ore o poco più di luce pomeridiana. E’ dura, ma ormai ci sono abituato. Tira giù il pennone, sposta la drizza, tiralo su di nuovo, non va, tiralo giù di nuovo, sposta di nuovo la drizza, abbassa il punto d’impatto sull’albero, solleva il punto d’impatto, ripeti tutto daccapo con la gente che ti guarda sospettosa dai pontili chiedendosi che cazzo stai facendo. Alle quattro e un quarto precise, proprio quando mi pare finalmente di stringere il vento, arriva un fulmine di bonaccia. Sull’acqua passa un enorme ferro da stiro. Neanche la minima increspatura. Galleggio su un mare liscio come l’olio. Ammaino e rientro. Se ne riparla domani. L’aggiornamento sulla navigazione finisce qui. Da oggi in poi, staremo a vedere. Che altro merita una menzione nel tempo in cui ho mancato di solidificare i ricordi? Le lingue straniere, certo, ma non per quello che ho fatto, piuttosto per ciò che non ho fatto. Se penso a quanta fatica mi sono costati l’inglese, il tedesco, il russo, il francese, lo spagnolo, che sto lasciando evaporare dal mio cervello come nebbia al sole, mi vengono le lacrime. Il fatto è che ho quasi smesso di viaggiare e non mi servono. Non è che manchino i buoni propositi –una mezz’oretta tutti i giorni dopo pranzo- , -mi porto dietro un libro in lingua e ne leggo un po’ se devo aspettare in qualche ufficio, o una persona, o non importa per quale altro motivo, oppure la sera, prima di addormentarmi- e così via. A volte ci provo sul serio, riesco anche a farlo per qualche giorno, poi la fiamma si spegne da sola, senza che neanche me ne accorga. Assenza di stimoli. Nel mio caso, di stimoli interiori. Pare che se ne siano andati, ma potrebbero essersi solo allontanati. Temporaneamente. Spero che tornino. Ora, per la verità, ne ho di altro genere, molto forti, ma spero lo stesso che tornino. Gli stimoli sono ricchezza, forgiano la vita. Anche se solo un parte di essi mi abbandonasse per sempre, sarebbe una gran perdita.

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