sabato 12 novembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

TRENTA SECONDI (Terza parte)


-Bene-, dice, -se le viene in mente a chi appartiene questa faccia, mi informi immediatamente. Può andare- Il direttore si avvia scervellandosi sull’identikit. Somiglia a qualcuno che conosce, ma, per il momento, non si rivela. Poi, all’improvviso, ricorda, torna indietro e chiede di rivederlo.
-Somiglia molto a una nostra dipendente. Non la conosco di persona, ma la vedo spesso in azienda. Credo che sia occupata al laboratorio progetti. Non so come si chiami, ma se fate un salto da noi, non ci vorrà molto a scoprilo. Se vuole, posso informarla per telefono.- Non tutti credono ai colpi di fortuna e il maresciallo non ci crede.
-Ne è sicuro?- chiede, a conferma.
-Credo proprio di sì-, risponde il direttore.
-Bene-, conclude il maresciallo, -verremo noi-.
Dopo il colloquio le indagini sembrano prendere una svolta decisiva. I carabinieri si recano in azienda e chiedono di vedere la donna. L’identikit non è molto somigliante, ma sufficiente per convalidare pesanti sospetti. La donna viene portata in questura e interrogata, e quando le viene chiesto dove si trovasse all’ora del delitto, non sa rispondere in modo convincente. Le viene anche mostrata la scarpa, che dichiara di non riconoscere. Viene perquisita la sua abitazione, l’altra scarpa è irreperibile. Teresa Zannini viene invitata per il riconoscimento. Le pare che sia lei, ma l’ha vista troppo di sfuggita per esserne certa. L’indagine è in fase di stallo, proprio quando il maresciallo Montanelli credeva di aver messo le mani sull’assassina. Tutto quello che ha è un identikit, che neppure la testimone sa confermare, e una donna cui manca un alibi. Niente movente o arma del delitto. Montanelli siede alla scrivania e si passa la mano sulla fronte larga e spaziosa, dove i capelli rossicci sono solidamente radicati al punto giusto, si pizzica la barba rossiccia che tiene corta e ben curata, si chiede da dove ricominciare. Bussano alla porta. Entrano due degli agenti che indagano negli outlet e nei negozi di calzature. Con l’aiuto della foto, hanno individuato il negozio dove la donna ha comperato le scarpe. La commessa non ha avuto dubbi. Per di più il pagamento è stato effettuato con carta di credito intestata alla sig.na Almide Belli, impiegata presso la Cosmesi Italia.
-Finalmente una prova-, sbotta Montanelli, -e siamo anche sicuri che lavoravano insieme-, poi si rivolge agli agenti –Bravi-, fatemi un bel rapporto-.
Il fermo della donna viene commutato in arresto, malgrado continui a proclamarsi innocente. Il caso è chiuso, almeno per il maresciallo Montanelli. D’ora in avanti, ci penseranno i magistrati.
-Alla fine l’hanno arrestata- dice Perretti, che ozia con il giornale in mano e i piedi sulla scrivania. Olindo non ci fa caso, sa che gli piace assumere atteggiamenti all’americana.
-Siamo a corto di cialde- gli rammenta, mentre sorbisce il caffè, in piedi vicino alla macchinetta. La mattinata si mette noiosa. Fra poco manderà Perretti a consegnare delle foto e a incassare. C’è da pagare l’affitto, la luce e il gas. Un sacco di soldi per il gas. Invernata terribile. Verso le dieci e mezzo Perretti toglie i piedi dalla scrivania e getta il giornale.
-Che dici, vado?- chiede a Olindo, che ha già preso una grossa busta gialla e gliela porge.
-Ecco le foto-, dice, -niente grana, niente consegna- Perretti esce e si avvia giù per le scale. E’ riuscito a parcheggiare in una strada laterale, a due passi, giusto davanti a un bar. Prima di sbrigare l’incarico, si prenderà un caffè e butterà cinque euro per un gratta e vinci. Mai che avesse vinto una volta. Olindo lo sa, ma non gli dice niente. Del resto è un po’ scemo anche lui, che non si decide a smettere di fumare. Cava di tasca il pacchetto, ma squilla il telefono.
-Agenzia investigativa Occhio di lince-
-Buongiorno, vorrei parlare con il titolare- E’ un uomo, ha un tono di voce basso, piuttosto arrogante.
-Il titolare sono io. Lei chi è?-
-Non importa. Posso avere un appuntamento con una certa urgenza?- Se non vuole dire il nome avrà i suoi motivi, ma dovrà pagare in anticipo.
-Se è urgente, venga fra mezz’ora, il tempo di concludere una pratica. Conosce l’indirizzo?-
-Lo conosco. Sarò da lei alle undici e mezzo-
Olindo fa sparire le tazzine del caffè e toglie di torno tutto quello che sa di lunghe attese e poche aspettative. Alle undici e mezzo in punto si presenta un uomo sul metro e settantacinque, con indosso un completo grigio gessato e un cappotto scuro. Quanto a disponibilità, appartiene a una fascia superiore. Olindo lo fa sedere all’altro lato della scrivania e si siede a sua volta. Nell’uomo nota una traccia di imbarazzo. Non si tratta di emozione o suggestione, ma di qualcosa che sul momento non riesce a definire.
-Se vuole, possiamo cominciare- lo invita.
-Vengo subito al punto. Lei avrà certamente seguito il caso dell’omicidio di Remigio Arcuri, un dirigente della Cosmesi Italia, che ha la sede in città- l’uomo lo fissa, in attesa di conferma.
-Non nei particolari-, dice Olindo, -ma continui pure-
-Dell’omicidio è stata accusata una ragazza, assolutamente innocente ed estranea al crimine. Il mio interesse è dovuto alla relazione di stretta amicizia che intrattengo con la ragazza. Di questa relazione nessuno deve venire a conoscenza, anche a danno della sua indagine. Sono stato chiaro?-
-Direi di sì-, risponde Olindo, -la relazione resterà un segreto. Se questo causerà una difficoltà insormontabile, mi riservo di interrompere le indagini a sue spese. Inoltre, qualora il contratto venga rescisso per colpa del committente, non ci saranno rimborsi-. Tace in attesa di conferma.
-Siamo d’accordo-, dice l’uomo, dopo qualche attimo di esitazione.
-Solo per la prassi, naturalmente, vorrei che mi precisasse che cosa vuole esattamente- Niente equivoci, con questo tizio.
-Che mi trovi l’assassino- Facile a dirsi, più difficile a farsi, pensa Olindo, che non ha ancora in mano uno straccio di indizio.
-Potrei anche limitarmi a dimostrare l’innocenza della sua amica, se è questo che le preme, le costerebbe anche meno-, dice, ma è poco convinto, perché il tizio che ha di fronte non farà certo questioni di denaro.
-Non baderò alla cifra, purché mi trovi l’assassino-. Un’altra bizzarra intuizione sembra suggerirgli che l’uomo non sia affatto interessato all’innocenza della ragazza, ma che, per qualche motivo, abbia bisogno dell’assassino. Non sete di giustizia o vendetta, qualcosa di diverso.
-D’accordo. Duecento al giorno per le spese, più cinquemila alla settimana. Se vuole restare anonimo, dovrà pagarmi seimilaquattrocento euro all’inizio di ogni settimana, a partire da adesso. Potrebbero anche servire due o tre settimane- La parcella è alta, ma comprende anche qualche rogna che questo tizio si porta dietro. In queste faccende ha buon naso.
-D’accordo-, acconsente l’uomo senza battere ciglio. Estrae dalla tasca interna mazzette di banconote fermate con il nastro adesivo. Ce ne sono da cento e da cinquecento. Sfila dodici biglietti dalla mazzetta da cinquecento e quattro da quella da cento e le ordina sopra la scrivania. Olindo sa che la domanda è idiota, nel caso specifico, ma deve farla.
-Desidera una ricevuta?- L’uomo gli rivolge uno sguardo connivente.

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