giovedì 24 novembre 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì, 24 novembre 2011 – Pioviggina. Da un lato il telone è finito in mare. Nessun problema, l’avevo assicurato con una cima a prua e una a poppa. Non me la sono sentita di saltare a bordo sulla vetroresina scivolosa per dare una sistemata. Se ne riparla domani, pare che smetterà di piovere. Anzi, forse mi deciderò anche a rimediare una tavola da usare come passerella e smetterla una buona volta di saltare sulla barca come un pirata. Sono le cinque e ho già fumato due delle tre sigarette che mi sono imposto come dose quotidiana. Anche se sono mesi che vado avanti così, a volte non è facile. La cosa curiosa è che non provo più alcun vero piacere a fumare, anzi, capita pure che mi disgusti, o che verso la fine mi faccia presagire vomito, o che mi offuschi la mente e i riflessi come fossi avvinazzato, eppure, anche se volessi, sento che non riuscirei a rinunciare alle tre dosi giornaliere di nicotina né a liquidare la tentazione, sempre presente, di andare oltre. Per questo, aspirando una sigaretta, cerco sempre di imprimermi nella mente il disgusto, la sensazione di vomito, l’appannamento dei riflessi. Aiuta a superare i momenti cruciali, quelli in cui ti sembra di non avere scampo, come quello che sto affrontando proprio ora, mentre scrivo. Metto su anche un CD di Wagner, è uno che si fa sentire e mi distoglierà da tentazioni autolesionistiche. Durante una ricerca, proprio oggi, ho incocciato un sito di you tube, credo, dove per la prima volta ho assistito a una vera esecuzione sulla sedia elettrica. Doveva essere una di quelle meglio riuscite, perché tutto è finito nel giro di un minuto, almeno così mi è sembrato. Nessuno scuotimento del torace, nessun segno di sofferenza cosciente, nessuna sovrabbondanza di sudorazione. Solo una brutale contrazione dei nervi e, verso la fine, fuoruscita di sangue da una delle narici. Poi un cenno del direttore al boia, che ha subito alzato la leva. Il dottore ha constatato il decesso e gli spettatori, una quindicina, si sono alzati dalle loro poltrone e se ne sono andati. Tutto è stato fatto ordinatamente, secondo regole prestabilite e ben collaudate, da personale qualificato. L’idea della morte appariva del tutto aliena. Confesso di non averlo trovato scioccante, anche perché in un’epoca di televisione selvaggia è difficile distinguere la realtà dalla finzione, ma più tardi le immagini mi si sono ripresentate tirannicamente nella loro veste tragica. Il boia, incappucciato di nero, aveva abbassato una leva per uccidere un uomo di una trentina d’anni. Nel giro di un minuto l’uomo era deceduto. Un minuto prima aveva risposto a un’ultima domanda. Pare che il mondo intero sia contro la pena di morte, ma potrebbe essere lecito sospettare che siano in troppi, specie in tempi in cui si uccide per un insulto, per un parcheggio o per motivi ancora più futili. Il condannato aveva ucciso quattro bambini, mostrati dopo l’esecuzione, non in immagini statiche, ma nei video girati quando erano ancora vivi, mentre giocavano in giardino, scherzavano con i loro compagni o si abbracciavano ai genitori. Un’esecuzione è una pena disumana, nessuno può negarlo, non fosse che per il solo principio che un essere umano non può togliere la vita ad un altro, ma è innanzitutto inammissibile nell’eventualità di un errore giudiziario. Questi i motivi che pesano da una parte della bilancia, sull’altro piatto ci sono i quattro bambini. Non credo che potrò cancellare dalla mente lo sconcerto dell’esecuzione, anzi, mi penetrerà ancora più a fondo con il passare del tempo, ma, onestamente, ignoro se sarà mai tanto forte da paragonarsi a quello per quattro creature strappate ai loro giochi e ai loro affetti, alla vita, e scaraventate con scellerata violenza nell’abisso. Non è dunque per motivi umanitari che credo di potermi pronunciare contro la pena di morte, perché i motivi umanitari riguardano anche le vittime e di certo più degli assassini. E’ che mi vengono i brividi al solo pensiero che un innocente possa essere ucciso perché vittima di un errore giudiziario, e non posso non chiedermi se chi sbandiera contro la pena di morte ha una risposta concreta come la mia. Altrimenti, sbandierando a vanvera, si rischia di finire nella scia dei buonisti irresponsabili, che a furia di tacciare di fascismo e di razzismo (ignorandone anche il vero significato) coloro che sono preposti a tutelare l’incolumità dei loro simili, nonché di intolleranza e azioni disumane, rischiano di sprofondarci ancor di più in un inferno sociale, dove prima regola è tutelare i diritti dei delinquenti. Tra una riga e l’altra ho dovuto sbrigare diverse faccende, sono anche uscito un paio di volte e ho appena finito di cenare. Grazie anche a Wagner, ora posso abbandonarmi alla nicotina in piena tranquillità di coscienza.

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