venerdì 30 marzo 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Venerdì, 30 marzo, 2012

E’ già da un pezzo che scrivo questo diario e naturalmente non mi passa neanche per la testa di rileggere quello che ho scritto. Se scrivo un romanzo, per fare un esempio, me ne prendo cura, ovviamente, da quando nasce e mentre ne seguo la crescita finché non diventa adulto, intendo finché non l’ho scritto e corretto sino all’ultima parola, poi me ne dimentico, si fa per dire, e passo a qualcosa di nuovo. Tante parole per spiegare che corro sempre il rischio di ripetermi, per qualcosa che ho scritto l’anno scorso, o due anni fa, e non ho riletto. Il vero problema è che un diario giornaliero, o quasi, contiene la descrizione di un certo numero di fatti e di un numero forse ancora maggiore di impressioni e reazioni emotive, determinate da tali fatti. Sarebbe certamente confortante poter raccontare emozioni e impressioni edificanti a commento di fatti che lo sono altrettanto, ma, ragazzi, sono un italiano del 2012, dove vado a trovarlo un fatto edificante? In genere, tuttavia, anche negli anni trascorsi non c’era di che stare allegri, quanto a deterioramento dell’etica e dei rapporti sociali, per cui non è affatto improbabile che abbia espresso più proteste che rosee visioni a commento di certi fatti. Quello che voglio dire, a conclusione di questa tirata, è che rischio di ripetermi, e che se mi ripeto non sarà per dipingere tele di rose e fiori, ma solo per reiterare qualche protesta già espressa, con il rischio di rompere i coglioni. Se sono riuscito a spiegarmi, il mio proposito non era che di chiedere scusa nel caso dovesse capitare. Di ripetermi, voglio dire. Sto anche perdendo la mia vena umoristica. Mi è sempre piaciuto sdrammatizzare, strappare un sorriso, anche solo un accenno di sorriso a chi non ha voglia di ridere, ma ora significherebbe voler far ridere attraverso le lacrime e si tratterebbe di riesumare Charles Dickens, il grande maestro della materia, che però non era italiano e non troverebbe gli stimoli per impegnarsi in un compito che, in fondo, non lo riguarda. Voglio chiudere con un quiz. Una professione è balzata alla ribalta come la più sicura, la più remunerativa (rapportata al lavoro che richiede), consente gozzoviglie al di sopra di ogni crisi, è la più affidabile quanto a trattamento pensionistico, vi si accede, almeno credo, senza bisogno di una laurea. Qual è?

giovedì 29 marzo 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì 29 marzo 2012

Mi vengono le lacrime. Le sento. Sembrano un fiume in piena. Salgono dallo stomaco, dalle viscere, vengono giù dal cervello. Devo trovare il modo di fermarle, sono troppo cresciuto per mettermi a frignare. Ci dovrà essere un c…. di motivo per questa esondazione in arrivo. Mi sforzo di pensare, ma non mi aiuta. Mi aiuto con il dizionario. Si piange per un dolore, per un lutto, per tutto ciò che reca tristezza. Grazie al Cielo, nessun lutto. Forse il dolore, ma è sempre lo stesso, quello legato all’esistenza e che, in fondo, soffriamo per colpa nostra perché ci facciamo un sacco di domande e ci frustra non conoscerne le risposte e sapere di non conoscerle prima ancora di porci le domande, e ci frustrano pure i filosofi, perché dicono tutto e il contrario di tutto. Dunque neppure un dolore particolare. A spiegare la minaccia di esondazione non rimane che quel qualcosa che reca tristezza. Cos’è che reca tristezza? La depressione? O forse è la tristezza che precipita la gente nella depressione? All’università ho affrontato un paio di esami di psicologia, anche con buoni risultati, ma era psicologia sperimentale, per lo più studiava il comportamento istintivo di animali che si muovevano nei labirinti instillando nell’osservatore sospetti di una razionalità latente, perciò è molto difficile che possa aiutarmi a scovare la sorgente di un tale torrente in piena. Guardo la televisione, sfoglio il giornale, faccio due passi, mi scruto intorno, scambio due parole. Niente, tutto rientra nella più banale normalità. Pensionati derubati e massacrati di botte all’uscita dagli uffici postali, donne violentate a dozzine, rapine con omicidio nelle abitazioni (chi viene rapinato, dico, si permette pure di aprire bocca), mariti divorziati rovinati dai tribunali e ormai abitué alle mense della Caritas, privati della casa e con l’unico riparo del tetto della propria auto e con la speranza che il governo non gli ci piazzi un’ICI (non ricordo come si chiami adesso ma, tanto, cambiando il nome dell’imposta il risultato non cambia, e se per caso cambia lo fa in peggio), le razzie nelle nostre tasche nel nome del governo salva patria, e qui bisognerebbe proprio cambiare linguaggio e diffondere la notizia che la patria la salva chi viene razziato nel portafogli e non il governo, la scuola, che dopo i recenti timidi tentativi di ridarle un significato è passata nell’oblio più profondo in quanto voce di bilancio del tutto passiva e totalmente improduttiva (gli insegnanti si aspettano uno stipendio mensile!), l’ignoranza ormai penetrata nei pori e nelle cellule più nascoste degli italiani (vedi domande e risposte fornite nei quiz show all’interno di materie didattiche come la storia, la geografia e in particolare, udite, udite!, la grammatica più elementare della lingua italiana), la benzina, che fra poco verrà venduta in confezioni tipo Chanel n°5, l’inflazione sempre bistrattata e maledetta, che, poveraccia, non fa che seguire il prezzo della benzina. Ci sarebbe dell’altro, come la TV, per esempio, che scrive sceneggiature e programmi pseudo giornalistici con il sangue di vittime vere, brutalmente assassinate, con famiglie che ancora piangono, ma è inutile allungare questo elenco, pare che proprio non riesca a trovare niente di sospetto. Tutto resta vincolato alla più banale normalità.

martedì 6 marzo 2012

L’erede australiano V

Le reazioni dei due cugini potrebbero essere interessanti, specie quelle di Frank. Decide di non perdere tempo e chiama la Bertani. E’ in casa.

-C’è qualche novità, anche se non so quanto possa essere importante. Ho bisogno di conoscere alcuni dettagli e credo che sarà necessario rivederci. Spero non sia di troppo disturbo-

-Neanche per sogno-, risponde la donna, incuriosita, -se è necessario, posso fare un salto da lei-.

-No, signora, meglio fissare un appuntamento a casa sua. Per domani, se possibile. Gradirei che fosse presente suo cugino-

-Come mai?- chiede, sorpresa.

-E’ solo perché in due i dettagli si ricordano meglio- Seguono alcuni secondi di silenzio.

-Come desidera-, risponde infine la donna. –Possiamo fare domani mattina per le dieci e mezzo. Se per lei va bene, avverto mio cugino-

-Siamo d’accordo, signora, alle dieci e mezzo- Forse ha trovato l’estremità del filo, ora deve riuscire a dipanare il gomitolo, intuire le connessioni che potrebbero dare un senso a quella storia.

Un tizio arriva dall’Australia. E’ in possesso di una delega per perfezionare la vendita di un podere di cui suo padre è proprietario per una metà. Non si sa come né perché, all’aeroporto si carica in macchina un delinquente, ricercato da una paio di anni. C’è un incidente, il delinquente muore e lui cerca di nasconderlo. Forse non era al corrente dei trascorsi del morto, forse lo era. Nel primo caso, il silenzio sull’accaduto può attribuirsi a un carattere restio a far conoscere le proprie disgrazie, ma nel secondo insorgono interrogativi che scatenano di ipotesi nebulose. Nell’intera vicenda, esclusi i Frattini, esclusa la Bertani e i due figli rimasti, esclusi i fratelli della Bertani che hanno fatto una fugace apparizione per i funerali, l’unico sul quale si può appuntare un sospetto, più o meno giustificato, rimane Frank. Deve continuare a indagare su Frank.

Nel primo pomeriggio se la sbriga con i due nuovi clienti con i quali Marco aveva fissato appuntamenti il giorno prima. Corna. Benvenute anche loro, se servono a tirare avanti. Verso le cinque e mezzo, arrivano dal bar due pizzette e due lattine di birra. Durante la pausa, Olindo racconta gli sviluppi del caso Bertani, dell’incidente e del morto. Marco entra in una sorta di trance riflessiva.

-Buffa, la vita-, dice, come svegliandosi. Olindo lo sente appena.

-Se quel tizio fosse stato al volante non sarebbe morto. Figurati se lo avesse saputo. Avrebbe scatenato un inferno per cambiare di posto- Marco resta pensieroso, come immerso nei gravi problemi irrisolti dell’esistenza.

-C’è anche una morale, alla fine?- gli chiede Olindo, bonariamente ironico.

-La vita e la morte sono legate al caso. Ti piace?-

-Da morire-, fa Olindo, e ridono entrambi.

A cena Olindo ha poco appetito. Forse non ha ben digerito la pizza, ma è più propenso ad ascrivere l’inappetenza a una certa agitazione a cui non riesce ad attribuire una causa. Se la porta dentro da quando ha lasciato l’ufficio e l’ha sentita montare di minuto in minuto. Non è un cattivo segno, di solito è il travaglio di un’intuizione. Deve aver letto, sentito, ricordato qualcosa che ha scosso qualche migliaio di cellule cerebrali. Può essere stato il breve colloquio con la Bertani? Molto improbabile, ha solo preso un appuntamento. Gli abboccamenti con i due portatori di corna? Casi semplici, pedinamenti, li affiderà a Marco. Poi c’è stata la pizza, che ormai ha deciso di escludere come causa di inappetenza. Di che cosa hanno parlato? Ah, sì, Marco si era avventurato in elucubrazioni filosofiche sul senso della vita e della morte. A questo punto le cellule cerebrali cominciano a vorticare a milioni, forse anche milioni di milioni. Ha l’intuizione. Ha il nesso. Deve procedere in fretta, si profilano all’orizzonte nuovi omicidi. Deve chiamare in causa Bellucci, il poliziotto, anche se è molto probabile che si incazzi.

-Ancora? Devo lavorare anch’io, nel caso non lo sapessi- Le prime parole che riceve in risposta gli confermano che non si è sbagliato.

-Ascolta, stavolta non si tratta di corna-, cerca subito di ammansirlo, -è un caso di omicidio plurimo- Bellucci tace per qualche secondo.

-Ma che mi racconti?- Il tono è incredulo, ma conosce Olindo e sa che qualcosa di vero deve pur esserci.

-Credo di aver risolto un brutto caso di omicidio, ma devo agire in fretta o potrebbero esserci altri morti. Per questo ho bisogno di te-

-Vai avanti- esorta Bellucci, ormai incuriosito. Olindo gli racconta gli eventi e gli spiega di cosa ha bisogno per incastrare l’assassino.

-Si può fare- , conclude Bellucci.

-Se tutto va bene, ti lascio anche il merito dell’indagine. Mi basterà leggere che l’Agenzia Occhio di Lince ha fornito una piccola collaborazione-

-Vai all’inferno!-

-D’accordo, d’accordo, non incazzarti-

Il mattino seguente, alle dieci e mezzo, tutti si ritrovano puntuali a casa della Bertani, che stavolta ha servito del tè e dei pasticcini. Olindo fa cadere il discorso sull’incidente.

-Lo sapeva, Frank, che l’uomo che aveva preso a bordo era un pericoloso malvivente?- Frank appare stupito.

-Come potevo immaginare…- Olindo lo interrompe.

-Perché non ci ha detto che il suo passeggero è morto?- chiede, con innocente aria di rimprovero. Frank si concede qualche secondo.

-Perché la sua morte-, risponde infine, - mi ha lasciato molto turbato e non mi piace che si sappia in giro. Ma che differenza avrebbe potuto fare se lo aveste saputo?- Olindo allenta subito la pressione. Si trova lì per un altro motivo.

-Ha ragione, Frank, non avrebbe fatto alcuna differenza- concorda rapidamente. La conversazione prosegue per una decina di minuti, finché Olindo non decide di interromperla.

-Non ho più bisogno di lei, Frank. Ho voluto solo informarla del rischio che ha corso. Se non le dispiace, mi tratterrò con la signora per discutere alcuni dettagli del nostro contratto- Frank resta un attimo perplesso.

-La ringrazio, detective-, dice, prima di tendergli la mano e andarsene.

Quando restano soli la Bertani lo scruta con aria interrogativa. Si chiede di quali dettagli dovrà discutere, naturalmente. Olindo cava di tasca un fazzoletto per avvolgervi la tazzina in cui ha bevuto Frank.

-Non faccia parola di questo- le dice, d’un tratto mortalmente serio. La Bertani ci rimane di stucco.

-Ma…- prova a protestare.

-Deve fidarsi di me. Avrà mie notizie domani. Nel frattempo non faccia giri in macchina, né da sola né in compagnia-

-Ma lei crede…-

-Deve fidarsi di me-, le ripete, -mi assicuri che non prenderà la macchina- L’atteggiamento di Olindo la sconcerta, ma sa che deve fidarsi.

-Certo, certo, va bene- acconsente infine.

Uscito di casa, Olindo sale in macchina e fila diretto alla centrale di polizia.

Il mattino seguente, poco prima dell’ora di pranzo, riceve una telefonata da Bellucci, che lo informa di aver fatto i compiti, che i risultati sono buoni e che resta a sua disposizione. Prima di lasciare l’ufficio chiama la Bertani per sapere quando potrà trovare Frank.

-Sarà a casa per l’ora di cena- lo informa la donna.

-Sono invitato anch’io, le dispiace?- Malgrado sia sorpresa, la donna acconsente.

-Certo, certo, niente affatto-

-Sarò da lei un po’ in anticipo. Non faccia parola di questa telefonata. Ricorda? Deve fidarsi di me-

-Certo, certo che mi fido- La Bertani comincia a sospettare qualcosa riguardo a Frank, è inevitabile. C’è solo da augurarsi che non le scappi una parola di bocca.

La sera, a tavola, Frank ha un’aria piuttosto seccata. L’ospite inatteso sembra averlo messo a disagio. La conversazione procede a stento, finché non si torna a parlare dell’incidente.

-Il mio aiutante, in ufficio, mi faceva notare, a proposito del suo incidente, quanto sia precaria la nostra condizione di comuni mortali- Frank lo guarda con aria interrogativa.

-Mi faceva notare, più specificamente, che se per caso vi foste scambiati di posto, sarebbe morto lei invece di quel delinquente- Frank sorride compiacente.

-E’ vero-, acconsente,-se sono vivo è solo per caso-. Continua ad annuire sollevando le palpebre come per far capire che occorre rassegnarsi alle leggi dell’esistenza.

A parte i complimenti per l’ottima cucina e la squisitezza della cena, fino al dessert si parla poco. I convitati sembrano aver dimenticato i problemi esistenziali. Ma Olindo ha un preciso itinerario. Prima di parlare, tuttavia, osserva attentamente Frank. Appare impacciato nei movimenti, perfino nel portarsi il gelato alla bocca, proprio come si aspettava.

-Ripensando al discorso di prima-, dice, -il caso ci entrerebbe poco se uno dei due avesse scambiato le identità dopo la morte dell’altro- Osserva la reazione sul viso di Frank.

-Che significa?- obietta questi a fatica.

-Oh, semplicemente che il vivo potrebbe essere il morto e il morto potrebbe essere il vivo, e questo non sarebbe dovuto al caso, ma a un imbroglio- Sa bene che d’ora in poi dovrà stare attento. Osserva Frank. E’ già sulla difensiva, ma spera ancora che lui stia solo sfoggiando giochi di parole.

-Sa, potrei credere…che lei stia insinuando..- parla a fatica, la bustina che gli ha versato nel vino rosso, il preferito di Frank, sta facendo effetto.

-Non sto insinuando, signor Vincenzo Calogero, la sto accusando del probabile omicidio del vero Frank, che le aveva confidato di essere in possesso di una procura che lo autorizzava alla vendita di un podere di notevole valore. La sto accusando di aver scambiato i documenti dopo la sua morte e di essersi sostituito a lui, di aver sabotato l’auto della signora Bertani, sperando di potersi liberare di tutti gli eredi in un colpo solo. Lo sa?, questo atto di ingordigia avrebbe dovuto evitarlo. Naturalmente stava anche pianificando un modo per portare a termine il lavoro- Frank lo guarda annichilito, ma fa fatica a tenere gli occhi aperti. Cerca di portare una mano dietro la cinghia, ma lo fa in modo goffo. Non arriva neppure a toccare la pistola e cade in avanti, finendo con la faccia nel piatto del gelato. Contro ogni evenienza, Olindo ha già estratto la sua automatica.

-Pare che qui abbiamo finito-, dice alla signora Bertani, poi si avvicina all’interruttore, spegne e subito riaccende la luce. Immediatamente si sente un calpestio di passi, poi Bellucci appare sulla porta con altri tre agenti, pistola alla mano.

Gli agenti portano via l’assassino, che brontola come fosse ubriaco, Bellucci resta e la signora fatica ancora a superare l’enorme stupore.

-Allora è proprio vero- dice, incredula, -Frank è morto-

-Purtroppo, signora, è andata così- , le conferma Olindo, lieto che la Bertani sia scampata a un nuovo attentato. Sicuramente era nei piani di Calogero.

-Ma come è stato possibile?- chiede la donna, parlando a sé stessa.

-Comprendo che sia stupita-, prova a spiegarle Olindo, -ma il caso ha voluto che i due si somigliassero. Avevano anche la stessa conformazione fisica. E’ stato facile per Calogero prendere i documenti dal cadavere di Frank e scambiarli con i propri-.

-Non riesco ancora a credere che nessuno si sia accorto di niente-, insiste la Bertani.

-Ha ragione-, concorda Olindo, -devono essere stati i baffi di suo cugino a non far risaltare la somiglianza- La Bertani lo scruta, sorpresa.

-Sì, suo cugino si era lasciato crescere i baffi-.

Più tardi, in macchina, Bellucci non riesce a reprimere la domanda.

-Come hai fatto a pensare a uno scambio di identità?-

-Per caso-, risponde Olindo.

-Già, e per caso mi hai chiesto di confrontare le impronte sulla tazzina con quelle nello schedario? -

-Certo che no. Il caso va aiutato. Per caso, potrebbe anche trapelare che l’Agenzia Occhio di Lince ha fornito una qualche collaborazione alla risoluzione del caso-

-Mi mancavano solo i tuoi giochi di parole. Va all’inferno!-

-Sapevo che lo avresti detto!- Olindo si fa una risata e accende la radio.

-Musica o notizie?-

sabato 3 marzo 2012

diario di un qualsiasi nessuno

L’erede australiano IV

-Dopo la disgrazia, lei è rimasta sola con i suoi bambini- Lei annuisce.

-Una donna viene a darmi una mano due volta alla settimana, ma quella mattina non c’era- Si vede che non capisce il senso della domanda.

-No, non è questo. Poco fa mi ha detto, testualmente, Ai bambini abbiamo detto che erano morti solo qualche giorno più tardi. Potrebbe spiegarmi quell’abbiamo? Si riferiva a lei e alla donna delle pulizie?- La donna lo guarda sorpresa.

-No, certo che no- risponde. –Intendevo io e mio cugino-

Olindo si limita a un’occhiata interrogativa.

-Ha ragione-, si scusa la donna, non l’ho incluso nel modulo che mi ha fatto compilare. Ma non si tratta di un componente stabile della nostra famiglia. E’ qui da un mese, più o meno, e non si tratterrà a lungo. Presto tornerà a Sidney, in Australia, dove è nato e vissuto- Alla fine un nuovo elemento, anche se sospetta che servirà a poco.

-Se era già qui il giorno dell’incidente forse dovrei parlarci. Potrebbe ricordare qualche dettaglio utile- La donna approvò con un cenno del capo, anche se poco convinta.

-Adesso non è in casa. Ogni tanto va a trovare qualche vecchio amico di sua madre, la sorella di mio padre. Rincasa quasi sempre per l’ora di cena. Se ritarda, avverte. Gli dirò che vuole vederlo. Non credo che avrà difficoltà a venire in agenzia- Evidentemente la donna ha escluso a priori che possa restare lì ad aspettarlo fino all’ora di cena, ma l’idea di riceverlo in ufficio non gli piace.

-Se non le dispiace, preferirei tornare e parlare con lui in sua presenza. Sa, un ricordo tira l’altro e in due si ricorda meglio- La Bertani accetta l’idea senza difficoltà.

-Va bene, dice-, -le do un colpo di telefono domani mattina,

così ci mettiamo d’accordo. O preferisce che le telefoni lui direttamente?-

-E’ indifferente-, risponde, -chiami dopo le nove, per favore-

Sale in macchina e comincia a pensare a questo cugino scaturito dal nulla. Dubita che potrà essergli di qualche utilità. Cosa potrà dirgli più di quanto non gli ha già raccontato la Bertani? In teoria potrebbe anche aprirgli una pista, ma solo in una teoria spudoratamente ottimistica. Marco sarà già ad aspettarlo in ufficio. Potrebbe avere delle novità, ma è poco probabile. L’indagine procede con i motori al minimo, c’è anche il rischio che si fermino. Ormai ha anche lui i motori al minimo, perciò decide di tornarsene a casa. Sua moglie gli ha promesso la pentolaccia e non vede l’ora di metterci i denti. Mentre aspetta, si farà una partita a scacchi con sua figlia, Michela. Fa solo la seconda al Liceo scientifico ma alla scacchiera è avversario di tutto rispetto e non è raro che riesca a metterlo alle corde. A lui non dispiace. Quanto al caso Bertani, se ne riparlerà al mattino, a mente lucida.

Le notizie di Marco, dopo la visita al meccanico, non aprono nessuna pista. Apparentemente si tratta di una brava persona, e sembrava sinceramente addolorato per la morte di quel conoscente, che ormai era quasi un amico. Gli ha assicurato di aver revisionato i freni, fra le altre cose, con la massima accuratezza. In particolare di aver cambiato i tubicini dell’olio che erano piuttosto usurati. Al meccanico ha anche chiesto se per caso avesse notato, fra gli altri pezzi sostituiti, un qualsiasi particolare che potesse generare un sospetto di manomissione, un tentativo di sabotaggio, ma lui, il tecnico, lo ha rassicurato. Se avesse notato cose di quel genere, si sarebbe premurato di avvertire l’ingegnere. In sostanza, un buco nell’acqua, come era ampiamente prevedibile.

Alle nove e mezzo arriva la telefonata della Bertani a distoglierlo da ulteriori considerazioni sconfortanti sulla relazione di Marco. Può recarsi da loro in mattinata o nel pomeriggio, come preferisce. Né lei né suo cugino prevedono di uscire in giornata.

-Preferirei in mattinata, visto che per loro fa lo stesso. Va bene per le dieci e mezzo?- Fosse per lui, andrebbe anche subito, ma di mattina la gente preferisce godersi il relax e la privacy della casa il più a lungo possibile.

-D’accordo, signor Ferretti, la aspettiamo- Comincia a pensare che cosa chiedere al cugino, ma non ha un’idea precisa. La cosa migliore sarà lasciarlo parlare, sperando che ne scaturisca, chissà, un altro cugino.

Nell’angolo dell’ampio locale, sulle robuste sedie di vimini, siedono in tre. Sul tavolino la Bertani ha servito aperitivi con dei salatini in un vassoio. Fatte le presentazioni, i due cugini hanno fatto qualche doloroso commento sulla disgrazia, senza però aggiungere alcunché di nuovo a quanto già sapeva.

Prima che si fossero seduti al tavolo, Olindo ha notato qualcosa. Il cugino della Signora muove una gamba con difficoltà, probabilmente gli duole, ma sembra che cerchi di nasconderlo. Capisce che possa dolergli la gamba, ma non che si sforzi di nasconderlo. Non conosce ancora esattamente il perché della sua visita, e con nove probabilità su dieci sarà del tutto inutile. Ma ormai è lì, e deve trarne il massimo, verificare ogni indizio, dettaglio, per quanto insignificanti. Se tornerà a mani vuote, gli resterà ben poco da fare. Conclude che deve scoprire perché il cugino tenta di nascondere un’infermità che potrebbe essere solo momentanea. Cerca di risolvere con una mezza battuta.

-Non mi dica che ha avuto un incidente anche lei, signor Sonetti!-. Evita di accennare sorrisi e riesce a darsi un’aria di preoccupata meraviglia.

-Non ci crederà-, interviene la Bertani, ma anche Frank ha avuto un incidente d’auto.

-Da non crederci!-, commenta, sorpreso.

-E’ vero- dice il cugino.

-E proprio il giorno del suo arrivo!- aggiunge la Bertani.

-Una frattura?-chiede.

-Già. La tibia e un paio di metatarsi- Prima l’ingessatura, quindi una fasciatura molto stretta. Ormai è questione di giorni, poi me la toglieranno-

-Con questo caldo, una bella seccatura!- dice Olindo, agitando la mano per sottolineare.

-Ci può giurare-, concorda il cugino, -ma per fortuna siamo agli sgoccioli-

-Già, per fortuna-, ripete la Bertani.

Il cugino deve essere un tipo riservato, non ama parlare dei fatti propri e per questo cerca di nascondere la sua piccola infermità. Molti evitano di parlare dei propri guai, delle proprie malattie, di ogni tipo di avversità che li affligge. Ma una medaglia ha sempre due facce, e il risvolto potrebbe essere meno ovvio. Il cugino, per dirne una, avrebbe potuto non gradire che lui sapesse dell’incidente, e questa può anche essere una pista. Vaga quanto si vuole, ma pur sempre una pista. Deve continuare, a costo di figurare importuno.

-Suppongo avesse noleggiato un’auto all’aeroporto- dice, con studiata noncuranza.

-Proprio così-, gli conferma la Bertani, che ha un atteggiamento protettivo verso il cugino.

-Pensi-, continua, -non ha voluto disturbarci e ci ha telefonato solo dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Così siamo andati a prenderlo- Negli occhi della donna, un velo di tristezza. Ci sarà andata con il marito. Olindo deve sapere a tutti i costi il nome dell’ospedale, neppure lui sa esattamente il perché, ma deve saperlo. Finora la donna gli è stata di aiuto, ma deve evitare di trasformare la conversazione in interrogatorio.

-Davvero una sfortuna-, commenta, -ormai a pochi chilometri da casa dopo un viaggio tanto lungo-. Poi ignora volutamente il cugino e rivolge lo sguardo direttamente alla Bertani, scuotendo la testa.

-Davvero-, approva la Bertani annuendo. –Quanto ci mancava, Frank? Una trentina di chilometri? Per fortuna l’ospedale era vicino- Frank si limita ad annuire. Ora ne sa abbastanza, ha elementi sufficienti per rintracciare l’ospedale. Gli manca la data dell’incidente, ma Frank è lì da un mese e può risalire a una data approssimativa. Quando se ne va, avverte nel cugino un’espressione scocciata, e la cosa gli va a genio.

Nel pomeriggio Marco gli riferisce di un paio di telefonate di probabili clienti e di aver fissato un paio di appuntamenti per il giorno dopo.

-Bene-, fa Olindo,-lo vedi che ho fatto bene a lasciarti in ufficio?- In risposta, arriva un grugnito.

-Piglia una cartina, anche se potrebbe non servire-.

-Che cartina?- fa Marco. Nel frattempo Olindo ha aperto un cassetto della scrivania.

-Niente, niente, ce l’ho qui. Vieni a vedere-, dice, dispiegandola sul ripiano.

-Ci serve una località, a una trentina di chilometri da qui, in direzione dell’aeroporto Raffaello Sanzio, dove può trovarsi un ospedale efficiente. Non dovrebbe essere difficile, ce ne sono rimasti pochi, di ospedali-

-Già-, grugnisce Marco, e si mette al lavoro. Da parte sua Olindo fa un rapido calcolo per una data approssimativa dell’arrivo del cugino, cerca il numero Rent a car dell’aeroporto e comincia a telefonare. Fornisce apertamente il nome dell’agenzia e il numero della sua tessera di investigatore. L’effetto è quello sperato. Nel giro dei due o tre giorni del probabile arrivo di Frank sono state noleggiate diverse auto, ma il problema si risolve con il particolare dell’incidente. Sì, un’auto è andata quasi distrutta a pochi chilometri di distanza. Si trova ancora in un garage, a disposizione della compagnia di assicurazione.

-Avrei bisogno di sapere il nome di chi l’ha noleggiata. Può aiutarmi?- L’impiegato ha un attimo di esitazione, infine risponde.

-Il nome è Frank Sonetti, australiano di origine italiana. Ma..mi raccomando-

-Può stare tranquillo- lo rassicura Olindo.

-Comunque- continua l’impiegato, -al momento dell’incidente erano in due. Uno è morto e l’altro si è fratturato una gamba-

-Morto?- ripete Olindo, incredulo. Un incidente gravissimo, addirittura con il morto, ma Frank non ne ha parlato neanche alla cugina. Aveva un appuntamento all’aeroporto, gli avevano chiesto uno strappo o che altro? Comunque sia andata, c’è qualcosa di strano. Passa una mezz’ora e Marco gli da il nome dell’unico ospedale facilmente raggiungibile dal luogo dell’incidente. Informarsi direttamente all’ospedale? Idea da scartare. Con la fottuta privacy non riesci neppure a farti dire il numero di camera di un malato, fosse anche tua moglie o tua madre. Per queste cose c’è il suo amico poliziotto. Gli telefona e gli fornisce una spiegazione sommaria della faccenda, gli indica la località in cui è avvenuto l’incidente e il nome dell’ospedale.

- Mi serve sapere il nome del morto e chi cazzo era-

- Agli ordini- gli risponde l’altro con allegra enfasi. –Nient’altro?-

- E dài, piantala!- Non ci vuole molto prima che l’agente ritelefoni. I passeggeri erano due. Uno è morto, l’altro se l’è cavata con un paio di fratture a una gamba.

-Come si chiamava il morto?- gli chiede, impaziente.

-Reggiti forte. Si tratta di Calogero Vincenzo, ricercato per rapina e omicidio. Lo braccavamo da un paio d’anni, senza cavare un ragno dal buco. A quanto pare ci ha risparmiato un sacco di lavoro- La situazione si complica. Cosa avesse a che fare Frank Sonetti con un delinquente del genere è una bella domanda. Ma non è improbabile che gli abbia solo dato un passaggio. Gli viene anche da chiedersi se tante novità possano ricollegarsi in qualche modo allo scopo primario della sua indagine, scoprire chi ha sabotato l’auto della Bertani. Sarà il caso di proporre un nuovo incontro a tre e rivelare quanto ha scoperto