martedì 31 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Lunedì, 30 luglio 2012. Il tempo vola e non è solo un modo di dire, siamo già a fine mese, anzi no, manca ancora un giorno. Luglio e Agosto sono i due consecutivi di trentuno, quindi domani sarà ancora luglio. Come ragionamento non fa una grinza, però mi pare ugualmente un po’ squinternato. Il fatto è che sto traducendo un romanzo dal francese e mi sono un po’ stancato e ho pensato di riposarmi buttando giù qualche riga. Evidentemente mettendosi a scrivere non ci si riposa. Anzi, si rischia qualcosa. Comunque, ormai il computer è acceso, perciò vado avanti. Non si fa che sentir parlare delle difficoltà dei comuni a far quadrare i conti, tanto che a forza di lacrime si sono fatti assegnare disponibilità sull’IMU, che pare abbiano intenzione di sfruttare senza remore e senza riserve, affibbiandone spudoratamente il sovraccarico ai contribuenti salvaitalia. Tuttavia, considerata la velocità con cui si succedono gli eventi, le leggi, le stronzate epocali, i ripensamenti e le lacrime, la faccenda dell’Imu ai comuni è già storia antica. Una storia più moderna, almeno per me, è forse quella delle contravvenzioni agli automobilisti, il cui importo, giuro che non lo sapevo, appare nel bilancio di previsione di ogni comune. Non solo vi appare come previsione, ma pare che vi appaia proprio come adempimento imposto ai vigili urbani, non tanto come operazione di sicurezza per chi percorre le strade italiane, ma soprattutto come fonte di entrata da accostare all’ormai iniquo prelievo fiscale. In città come Milano l’ammontare delle contravvenzioni  supera già i cento milioni di euro all’anno.  Si dice che, sulle ali dell’entusiasmo per tali risultati, città grandi e piccole, cittadelle, nonché comuni e minicomuni si siano rimboccati le maniche per fare un po’ di conti e stabilire la percentuale di aumento per l’anno seguente. Il bilancio di previsione, quanto alle multe, sta per cambiarsi in un bilancio di imposizione, e i poveri vigili non avranno altra scelta che obbedire e beccarsi tutti gli accidenti che gli automobilisti loro riserveranno all’occasione.   

domenica 29 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Domenica, 29luglio2012. Ma come cazzo funziona la faccenda dei prezzi? C’è la crisi, c’è la recessione, c’è penuria di quattrini e i prezzi aumentano. Un paio di sere fa sono passato con mia moglie dal gelataio. Due piccoli, abbiamo chiesto. Quello ci guarda e ci fa -I piccoli costano due euro- E chi te l’ha chiesto? Poi mi ricordo che la volta precedente costavano un euro e settanta. L’aggiunta di panna era gratis. Dunque, un cono piccolo è aumentato più o meno di seicento lire. Sarà stato il rapporto con la lira a farmi incazzare. Seicento lire, da un giorno all’altro. -Bravo- gli dico, -sempre pronto a dare una mano al prossimo, eh?- Evidentemente ci capisce poco, ma mi lancia uno sguardo vagamente sospetto.
-Scommetto che fai pagare anche la panna- gli dico, senza una ragione.
-Certo- mi fa, -prima costava poco, adesso costa di più- Stavolta sono io a capirci poco.
-Ce la vuole la panna?- Gli istinti aggressivi ti colgono all’improvviso, inattesi.
-No, mangiatela tu se te ne avanza- Mi guarda di sbieco.
-Che modi!- brontola. Ha ragione, e neanche sa che avrei tanta voglia di ficcargli quella faccia di cazzo dentro una delle sua vaschette. Mia moglie mi guarda preoccupata. Non resta che pagare e andarsene.  

sabato 28 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Sabato, 28 luglio 2012. Se è vero che le piante sono in grado di percepire le note musicali, e che hanno perfino delle preferenze a seconda della specie, tanto da far sorgere problemi su quali dischi farle concentrare per farle crescere belle e soddisfatte, è anche possibile, perché no?, che le barche percepiscano le incazzature e si regolino di conseguenza. Stamattina ci saranno stati dodici nodi di scirocco, più o meno, e finalmente me li sono potuti godere come cristo comanda. Lo strallo è rimasto saldamente al suo posto e le sartie pure. All’attracco ho incontrato un amico sposato con un’inglese. In genere passano l’estate in una bella barca di dieci, dodici metri, ma stanno pianificando di trasferirsi in India armi e bagagli. Che farai poi, in India? Il falegname, mi risponde, quello che faccio in Italia.  Beati loro. Mi spiega che  per poter vivere bisogna limitare al massimo, se proprio non si riesce ad eliminarli, quelli che lui chiama gli adempimenti, cioè bollette da pagare, documentazioni, dichiarazioni ecc., ai quali dedichiamo almeno un terzo della nostra vita, e vivere il presente. Non siamo abbastanza per organizzare un girotondo, ma la pensiamo allo stesso modo. Molto meno tranquilli saranno i centocinquantamila esercenti o piccoli artigiani che stanno per chiudere bottega per colpa degli affitti. Così leggo. Per colpa degli affitti. Poco conta la recessione, la mancanza di ordinativi, l’enorme calo dei consumi interni cui hanno contribuito celebrati geni dell’economia cui non è stato neppure necessario impegnarsi al limite della loro genialità per  raschiare le tasche degli italiani e non solo quelle, visto che siamo un paese virtuoso e gli italiani tengono di certo qualche soldo da parte. Quanto al settore immobiliare, vi sono scarsamente coinvolto, in quanto proprietario di mezzo appartamento e mezzo garage, quindi potrei anche considerarmi al di sopra di gravi sospetti. Se mi incazzo, è solo perché la televisione e la stampa vogliono prendermi per il culo. E’ un teatrino che va avanti da mesi. Malversazioni, furti e sprechi contrabbandati per qualcosa di diverso. Gli immobili sono come gli stipendi. Non ci sono magie per farli passare inosservati al fisco. Alla ditta Monti & Company è sufficiente stabilire allegre percentuali, più alte sono meglio è, sicuri al 100% di colpire il bersaglio fino all’ultimo centesimo. Di recente ho anche scoperto, non ci credevo, che quando gli affittuari non pagano, i proprietari pagano le tasse anche per le cifre che non hanno incassato, a meno che non esibiscano una sentenza di sfratto, con conseguente aggiunta di spese legali alla cifra in mora che l’affittuario in fuga non pagherà mai.  Equitalia non sente ragioni. E oggi di affittuari che non pagano, anche per le abitazioni, ce n’è un’intera galassia. Il possesso di immobili, anche di piccola entità,  costa un fracco di soldi, visto che ormai c’è chi ha paura di darli in affitto, e sono in tanti, e hanno pure ragione, perché pare che la legge italiana consideri i proprietari di immobili degli sfruttatori figli di puttana che non meritano equa spartizione di diritti e doveri con gli inquilini. Se ti allontani da casa e  qualcuno ne approfitta per occuparti l’appartamento, magari con tutta la famiglia, e magari ti cambia pure la serratura, devi stare bene attento a contenere la voglia di sfondare la porta e cacciare tutti a calci in culo, perché la legge italiana non è dalla tua parte. Mi pare di aver capito che rischieresti un’accusa di violazione di domicilio, solo per rientrare in casa tua. Cos’è diventato questo paese? Non sarebbe più corretto scrivere che se centocinquantamila esercenti rischiano di chiudere bottega, la colpa, più che degli affitti che fino ad oggi non avevano fatto chiudere nessuno, è se mai dell’allegra politica, dell’allegra amministrazione degli introiti dello Stato, che non sono certo una panacea contro la crisi e la recessione? La smetto. In questi ultimi giorni mi sono incazzato a sufficienza con la barca, figuriamoci se ho voglia di mettermi a discutere con la stampa. Tanto, lo sanno tutti che è una gran puttana.

giovedì 26 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Mercoledì, 25 luglio 2012. Nascosto nell’ombra, nell’anonimato, nel buio dell’ignoto, qualcuno ha realizzato un minuscolo modellino della mia barca e poi ci ha infilato una quantità di spilli, anche una scatola intera a giudicare dell’efficacia. Pare che non mi riesca più di uscire in mare senza rischiare la catastrofe. Altro che Vichingo, fra poco mi appiopperanno un altro nome, di certo molto meno lusinghiero. Verso le tre del pomeriggio raggiungo il pontile, in compagnia della solita apatia voglia di far niente che da un po’ di giorni mi si è appiccicata addosso come una mignatta. Soffia uno sciroccale, forse il vento che preferisco, che  peraltro manifesta chiare intenzioni di portarsi da una dozzina fino almeno a una quindicina di nodi. Si sente subito quando il vento ha  voglia anche lui divertirsi e di fare un po’ il matto, magari anche con qualche raffica a sorpresa per inclinarti di colpo la barca e farti salire almeno un po’ l’adrenalina. Queste le premesse, con le quali nulla ha a che vedere quanto poi realmente accade. Le prime virate all’interno del porto vanno bene. Quando esco lasco le vele per allontanarmi dal’ultimo molo che mi copre il vento, appena soffia di nuovo cazzo la scotta e vado al largo. La barca si inclina e comincia a giocare con le onde, io mi diverto con lei, poi smetto di divertirmi quando mi va l’occhio sullo strallo di prua che dondola  come il pendolino di un rabdomante. O di un ipnotizzatore, che rende meglio l’idea, visto che resto a fissarlo per qualche secondo con sguardo catatonico. Quando cede una sartia laterale l’albero e le vele finiscono direttamente in mare dalla parte opposta, il danno più grosso è la fatica che ti costa recuperarli, o al peggio di abbandonare tutto in acqua se c’è mare grosso e le cose vanno storte. Se si libera uno strallo, invece, l’albero cade dritto verso la poppa mettendo in pericolo tutto quello che trova sulla sua strada, testa inclusa, se ti coglie di sorpresa. Per di più, facendo leva sul sedile, l’estremità in basso può causare uno sfacelo a prua. Questa la situazione. Per il momento il vento gonfia le vele e spinge l’albero in avanti, perciò il vero pericolo si presenterà alla prima virata, quando per qualche attimo la prua sarà sottovento. Per fortuna, se è il caso di dirlo non lo so, mi è già accaduto diversi anni fa, e quella volta è andata bene. Non devo fare altro che ripetere quanto già fatto. Mi metto in bocca uno spinotto e una coppiglia, fisso il timone con una cimetta e lasco un po’ la randa e il fiocco per evitare di fare scuffia, poi mi distendo sulla prua e raggiungo l’estremità dello strallo penzoloni. Sto filando a tutta birra. Lo spinotto dell’attacco è scomparso, con tutta la coppiglia. Come cazzo ha fatto? Provo a reinserire lo spinotto che ho in bocca. Niente da fare, l’albero strattona da matti. L’altra volta ci sono riuscito, stavolta no, perciò necessita una variante. Raccolgo un pezzo di cima e ne infilo un capo nella redancia all’estremità dello strallo, l’altro nel moschettone che regge il fiocco. Tiro con tutta la forza, tra uno strattone e l’altro, e alla fine riesco ad annodare. E’ andata. Avrò percorso almeno un miglio. Torno al timone, virata e rientro. Tutto bene, ma sto cominciando ad averne abbastanza, anzi, per dirla tutta, a rompermi i coglioni.  

domenica 22 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Domenica, 22 luglio 2012. Ho finito di leggere Der Anwalt (L’avvocato) di John Grisham, traduzione in tedesco dall’inglese. Quattrocentoquarantasei pagine per sviluppare una trama statica, noiosa, priva di ogni possibile apertura che possa destare curiosità o interesse. Quel figlio di puttana sa scrivere, nessun dubbio, ma il fatto che sia ben scritto non può essere la sola attrattiva di un romanzo thriller, specie quando ti accorgi che la maggior parte dell’impegno dell’autore è tirarla per le lunghe e, tutto sommato, prendere il lettore per il culo. Caro John, se mi verrà ancora voglia di godermi il tuo stile, andrò a rovistare fra i tuoi primi successi e sicuramente potrò godermi anche una bella trama. Dopo settimane di calura africana, oggi finalmente piove e tanta gente smetterà di imprecare. Quanto a me, il caldo d’estate mi va più che bene e mi andrebbe bene anche d’inverno, ma nel lungo corso dei miei giorni  ho imparato ad apprezzare quello che mi viene dato. Anche il freddo ha i suoi pregi. E’  una sorta di ritorno alla realtà dopo l’evasione estiva, una ripresa della creatività. Se è vero che i nordici sono più attivi e intransigenti dei meridionali ci sarà un motivo. Con il computer sto facendo piccoli progressi. Stamattina sono riuscito a collegarmi a Windows Live   Messengers, cioè ho creato l’account (mi pare che si dica così) ma non so che accidenti farne. Funziona come un normale account di posta elettronica o c’è qualcosa di diverso? Propendo per la seconda ipotesi, ma sarà necessario che qualcuno mi spieghi. Dovrò decidermi a frequentare un corso di informatica per ibernati. Qualcosa del genere esiste già, credo. Mi informerò meglio. Ieri mattina mi sono sbarazzato di una pericolosa apatia e sono salito in barca, con una decina di nodi di scirocco che poi è calato sul mezzogiorno. Onde tranquille, una passeggiata riposante, anche troppo, non valida come collaudo delle nuove sartie d’acciaio. Andrà meglio la prossima volta, non prima di tre giorni, visto che il maltempo pare voglia protrarsi fino a mercoledì.  

sabato 21 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Sabato, 21 luglio 2012. Cosa è successo negli ultimi giorni? Diverse cose, ma fatico a ricordare. Mi sono sbarazzato dello strallo e della sartia rimasti dopo l’incidente e ho provato a sostituirli con delle cime robuste. Naturalmente è stata una baggianata, perché avrei almeno dovuto servirmi di cime prestirate, che non si allungano sotto sforzo e costano un’iradidio. Sapevo che quelle di cui mi sono servito erano poco adatte, ma ho voluto provare lo stesso. Esperienza diretta, il solo modo per imparare davvero. Altroché se ho imparato, e a darmi una mano (si fa per dire) è stata un po’ di maretta che ho trovato appena fuori del porto. Nel giro di un cinquecento metri le cime si erano stirate a tal punto da minacciare la stabilità dell’albero, che si era masso a ballonzolare e si agitava minaccioso. Ho dovuto tirar giù randa e fiocco in gran fretta, mettere in moto il fuoribordo e rientrare in porto, spingendo l’albero in avanti con la mano durante il tragitto per tirare le sartie ed evitare che continuasse a minacciare disastri con la sua danza perversa. Quanto all’esperienza diretta, ha il vantaggio di non lasciare spiragli all’incertezza. E’ il lato positivo del rischio. Ho sostituito le cime con tre cavetti piombati e l’incidente è dimenticato. Dovrebbe esserlo, almeno per qualche anno. Che altro ricordo dei giorni scorsi? Il computer. Era da un pezzo che rompeva, perciò mi sono deciso a fargli dare un’occhiata dal tecnico. Risultato, aggiunta di memoria, un mouse andato fuori di testa, sessanta euro che hanno cambiato portafoglio e la scoperta di aver comprato un computer nuovo un paio di anni fa probabilmente assemblato con parti già vecchie di sette, otto anni. Informatica, accozzaglia di menti geniali e di lupi alla caccia di pecore da sbranare. Quanto al piccolo portatile che tengo ancora da parte, vecchio di non ricordo più quanti anni e di cui mi sono servito fino all’acquisto di questo bidone e di cui mi servo ancora ogni volta che il bidone è in riparazione e che stavolta sembrava anche lui voler dare di matto, tutto si è risolto con il nuovo mouse.  Pare che non mi venga altro in mente, tranne che per una storia o per l’altra non sono andato più in barca. La cosa peggiore è che me ne sta passando la voglia. Mi è capitato solo una volta di passare un’estate senza uscire quasi mai con la vela. Ricordo che non avevo neppure  voglia di uscire di casa. Passai la bella stagione rinchiuso nello studio a confrontarmi con i fenomeni linguistici del mio dialetto. Incredibilmente ne è venuta fuori una vera grammatica, che attualmente è in biblioteca e pare sia di aiuto a chi scrive poesie in dialetto. Di solito i miei hobbies non interferiscono l’uno con l’altro e credo che ciò sia accaduto in quella sola estate. La cosa importante è che il tempo non sia andato perduto. In fondo, un hobby vale l’altro.     

mercoledì 18 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Mercoledì, 18 luglio 2012. Caldo asfissiante, scarsa, molto scarsa ventilazione, condizioni molto, molto sfavorevoli per la vela, quindi sono uscito in mare. Consapevole che il “quindi “ ci sta come un paio di galosce a Ferragosto, mi spiego. Per una ragione o per un'altra, nei giorni scorsi sono rimasto a terra, perciò avevo una gran voglia di uscire e l'ho fatto nelle condizioni peggiori. E' un ragionamento logico? All'occasionale lettore l'ardua sentenza. Dicevo, sono uscito in mare, mi sono rotto le palle per un'ora e mezza aspettando un soffio di vento decente, che non è mai arrivato. Visto che non ne valeva la pena, sono rientrato un po' in anticipo, così me la sarei presa comoda e sarei andato in tutta calma a riprendere mia moglie dal bagnino per riportarla a casa. Mai fare programmi, tanto finiscono quasi tutti a cazzo di cane. Al rientro ho attraccato a prua, ma il galleggiangte di poppa era sparito. Impossibile lasciare la barca attraccata in quelle condizioni, perciò il seguito è stata una faticata che non ti dico per recuperare il galleggiante, che era affondato di almeno un metro e mezzo. Sono arrivato comunque in tempo per recuperare mia moglie e per fare onore agli spaghetti alle cozze che mi aveva annunciato dal giorno avanti. Squisiti. Molto meno invitante si sono invece presentate le cozze attaccate alla fune collegata alla catenaria, quando sono andato a finire il lavoro nel pomeriggio. Ne saranno state un mezzo quintale, e non mi meraviglio che il povero galleggiante faticasse tanto a galleggiare. Forse esiste una sorta di par condicio fra cose e persone per cui anche il galleggiante deve avere le sue rotture di palle.

martedì 17 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Martedì 17 luglio 2012. Se mi metto a scrivere è per disperazione. Sono le 18,45 e mi sono già fumato la terza sigaretta, quella che nel rispetto di adamantini propositi avrebbe dovuto essere l'ultima della giornata. Secondo programma, una dopo pranzo, una verso le 18,00 e l'ultima dopo cena. Evitare di fare programmi, tanto il più delle volte finiscono tutti a cazzo di cane. Il fatto è che da un po' di giorni sforacchio quello che per mesi, salvo qualche rara eccezione, è stato l'invalicabile limite. Tre sigarette nelle ventiquattro ore, con un recondito proposito di ridurle ulteriormente. Sono ancora in tempo, ma sento che è il momento della verità. Qui si parrà la mia nobilitate, si fa per dire. Il fatto è che le incazzature, in fatto di fumo, sono micidiali. Ti appaiono come un buon motivo, una via di fuga, cinque minuti di sollievo per distendere i nervi, una scusa che ti solleva da ogni responsabilità, e il peggio è che le responsabilità verso te stesso sono le più gravi e proprio quando credi di poterle scansare con un misero pretesto, è quello il momento in cui ti freghi da solo, perché prima o poi ti ricadono addosso come furie scatenate e non ti lasciano scampo. In fatto di fumo le incazzature sono letali per ogni lodevole proposito, ma tenere bene a mente che quando si scatenano ruggendo nelle tue orecchie che sei una testa di cazzo  a te non resta che approvare e unirti al coro. Razionalizzare, razionalizzare, ma senza esagerare, e soprattutto non pro domo tua, o rischi di prenderti per il culo. Voglio dire, quello che occorre è un razionalizzare semplice, quel tanto che basta per capire che fumare tre sigarette è meglio che fumarne cinque o dieci o chissà quante se ti lasci portare dal vento di levante che va in culo al navigante, e soprattutto che se sei il primo a trascurare le tue convinzioni, chi cazzo vuoi che ti ascolti?.

martedì 10 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Martedì, 10 luglio 2012. Siccome continuano a girarmi le palle per un paio di faccende foriere di problemi dalla soluzione difficile, e aggiungo che una mancata soluzione potrebbe in futuro portarsi appresso un sovraccarico di problemi ancora più gravi, e siccome la cosa mi preoccupa al punto che spesso penso fuori dalla testa, anche quando sono alla guida, e mi capitano disattenzioni epocali e per fortuna pare che  qualcuno non voglia che mi faccia male e mi dia sempre una mano ad evitare disastri, anche se stamattina deve essersi un po’ distratto quando ho sfiorato un’auto in sosta danneggiando lo specchietto e dovendo risolvere la cosa con un trasferimento volante di cento euro dal mio ad un altro portafoglio, siccome continuano a girarmi, dicevo, sarà meglio trasferire la mente alla tranquilla contrada maltese. Oltre che la guida a sinistra, dagli inglesi hanno ereditato anche il rugby, non solo gli uomini, ma anche le donne, e pare che a livello europeo vadano forte.
Quanto al calcio, la faccenda è un po’ più complessa, perché non ha una nazionale da grandi imprese. Il tifo invece è straordinario e a questo punto la domanda è -Per chi tifano?-  Si sa che a Malta vive un concentrato di gente delle più disparate origini, perciò ciascuno ha una propria nazionale per cui tifare. La maggior parte però dovrebbe essere di origine inglese o italiana, perché
durante la partita Italia Inghilterra non c’era quasi più traffico e le strade erano deserte e, dopo che  Diamanti ha infilato l’angolino della porta di Hart, si è scatenato un inferno di automobili che hanno preso a scorazzare per il centro agitando il tricolore della vittoria. Forse neanche in Italia erano così elettrizzati. Di certo avrei altro da aggiungere, ma non adesso. Il movimento rotatorio di palle ha ripreso il sopravvento.

domenica 8 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


 Domenica, 8 luglio 2012. Ho accompagnato tanti studenti all’estero, in gite organizzate come vacanze studio per il perfezionamento dell’inglese, sia negli Stati Uniti che in Inghilterra. C’erano anche altre destinazioni, fra cui Malta, ma non l’ho mai scelta. Avevo il sospetto che l’inglese parlato per le strade di Malta non fosse gran che e non mi sbagliavo. Quest’isola, anzi, queste tre isole sarebbero rimaste per sempre al di fuori dei miei itinerari se non fosse per il fatto che da qualche anno ci lavora mia figlia. Imperscrutabili percorsi della vita. Immaginare, quando era ancora un cucciolo, che un giorno mi avrebbe portato a Malta! Passare una settimana con un figlio non è necessariamente bello, ma in questa occasione lo è stato. Una forte emozione vederla muoversi nel suo ambiente e rendersi conto che ha tagliato definitivamente il cordone ombelicale e che ne è orgogliosa. Me ne sono sentito orgoglioso anch’io, anche se con meno merito.  Naturalmente i maltesi hanno ereditato la guida a sinistra dagli inglesi e pare non intendano cambiare. Basta distrarsi un attimo e si ha l’impressione di trovarsi dal lato sbagliato con conseguente stretta da brivido. Lentamente ci si fa l’abitudine. E’ la segnalazione delle località, piuttosto, e ce ne sono tante, motivo di qualche inquietudine. Naturalmente per chi non è del posto, visto che l’isola, tutto sommato, è piuttosto piccola.  Insomma, capita facilmente uscire da un piccolo centro abitato e ritrovarsi dopo qualche chilometro in aperta campagna davanti a un bivio senza indicazioni o con segnali stradali dall’inesplicabile presenza. A volte solo tratti desolati, pressoché disabitati, e si rischia lo sconforto. Tuttavia Malta è davvero una piccola isola, e bastano un paio di tentativi per ritrovare la strada. A Gozo, l’altra isola abitata, credo poco più piccola di Malta, mia figlia ha voluto mostrarci le saline. Dove avevo già visto le saline? Forse da qualche parte in Sicilia, ma non mi è venuto in mente. Ci si è avvicinato un tizio, un altro turista, che ci ha spiegato in ottimo inglese come funzionavano le saline. Inondazione, evaporazione, raccolta del sale. Lo sapevamo già ma abbiamo ringraziato lo stesso. Aveva un ottimo accento, di certo era un inglese vero. Al ritorno, di nuovo qualche problema con i cartelli indicatori, poi finalmente siamo arrivati al porto e ci siamo messi in fila con le altre auto dietro la poppa del traghetto, aspettando che aprissero la barra per farci salire a bordo. Invece non è andata così. Il ferry se n’è andato senza neanche uno spernacchio di saluto e noi siamo rimasti a guardarlo mentre filava via. Evidentemente era già carico. Un’ora dopo ne è arrivato un altro e tutto è proceduto secondo canone.          

sabato 7 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Sabato, 7 luglio 2012. Si vede che non è un bel momento, ieri ho perfino sbagliato la data in entrambi i post. Ho scritto cinque luglio invece di 6 luglio. Non posso neppure pensare a un subdolo tentativo dell’inconscio di prolungarmi la vita di un giorno, perché, incazzato come sono sin da quando mi sveglio di primo mattino, esso potrebbe solo venire attribuito ad una forma irrimediabile di autolesionismo. Francamente, anche in presenza di una normale incazzatura quotidiana, diciamo quella più comune da telegiornale, allungare la vita di un giorno potrebbe anche non essere così desiderabile. Invece di morire nel tuo letto potrebbe scoppiarti un vulcano sotto il culo, deragliarti un treno fin dentro casa, crollarti un edificio addosso per un terremoto, pioverti in testa un frammento di navetta spaziale, essere accoltellato o ammazzato di botte da un rapinatore incarognito, finire sotto un’autobotte o perfino prendere parte da protagonista all’annunciata fine del mondo. Si potrebbe obiettare che il peggio è perdere la vita e il modo in cui si muore ha poca importanza, ma la storia smentisce. Negli anni della Santa Inquisizione, ai condannati al rogo che confessavano la propria eresia veniva concesso, in premio, il taglio della testa prima di essere dati alle fiamme. La settimana scorsa sono tornato da Malta, naturalmente in aereo. Un’ora e un quarto di volo con larghi squarci di sereno e sotto gli occhi un’immensa carta geografica della Sicilia e delle coste meridionali  del Tirreno. Lo stesso spettacolo che per alcuni si è tragicamente interrotto a Ustica. Ce n’è voluta per togliermelo dalla testa, guardando dall’oblò. Dicevo di Malta, leggermente più a sud delle coste della Tunisia, clima africano. Pare che la lingua derivi da un dialetto arabo che si parlava in qualche zona della Sicilia, ma tutti sono in grado di esprimersi in italiano e in inglese, almeno per quel tanto che garantisca la sopravvivenza a chi si avventura da quelle parti. Figurarsi vedersi costretti a gesticolare disperatamente con quaranta gradi all’ombra. Sarebbe  anche molto difficile colmare certe lacune in cognizioni di vario genere, per esempio quelle di natura geografica, rispondere a domande come –Venite dalla Sicilia o dall’Italia?-  (Sic!). Non ho avuto l’impressione che i maltesi siano un popolo di chiacchieroni, anche se invece di parlare gridano, ma sono rimasto solo una settimana e potrei anche sbagliarmi.  Invece sparano. Non che vadano in giro con le pistole alla cintola,  sparano i botti. Magari cominciano la mattina alle sei e ti svegliano e tu non sai il perché e smoccoli e loro continuano. Magari vanno avanti l’intera mattinata. Non ho saputo di nessun ustionato o ferito in qualche modo dalle esplosioni, nessuno che si sia fatto male. Girando per le strade, per qualsiasi strada, si vedono grovigli di fili pendere dai muri, collegati alla linea elettrica alla meno peggio, di cui nessuno si preoccupa. Viene da pensare che la messa a terra e altri dispositivi di sicurezza rientrino nell’area del futuribile, ma la gente vive lo stesso tranquilla. Non ho ben capito dove tengano i pony (aree semiselvagge per lunghe cavalcate non mancano), ma la sera spesso li lavano e li custodiscono in strada, davanti alla porta di casa. Che cosa ho provato davanti a tutto questo? Commozione. Ho rivissuto momenti della fanciullezza, quando a pochi metri da casa mia c’erano due stalle. Ci passavo davanti più volte al giorno e a quei tempi la trovavo una cosa del tutto normale. Forse puzzavano, ma non me ne ricordo. Grovigli di fili ai muri, botti senza senso, a quell’epoca c’erano anche loro. Che dire del porto senza banchine, con le barche ormeggiate semplicemente alle boe, come succedeva nel mio porto di tanti anni fa? A provarci adesso si rischierebbe l’arresto. Credo che commozione sia la parola giusta. Ho respirato l’aria del passato, della fanciullezza, e per quanto ho potuto mi sono riempito i polmoni di quella sana barbarie da paradiso perduto.

venerdì 6 luglio 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Giovedì, 5 luglio 2012. Sono le sette di sera e ho appena fumato la seconda sigaretta della giornata. Me ne sono imposte tre al giorno e di solito ci riesco, ma non quando ho i nervi a fior di pelle. Proprio come oggi e credo non sia sfuggito a chi ha letto il post precedente, sempre in data di oggi. Infatti, ripensandoci, ne ho fumate tre, perché me ne sono fatte due di seguito dopo mangiato, discutendo con mia moglie di una faccenda che ci riguarda e che ti fa capire in che tempi viviamo e anche perché qualcuno reagisce a certe situazioni con ordinarie carneficine. Vediamo se riesco a pensare a qualcosa di più confortevole. Potrei considerare i favolosi spaghetti allo scoglio che mia moglie prepara per il pranzo della domenica, la macchinetta del caffè che si è rimessa a funzionare dopo un lungo sciopero, forse convinta dalle mie esplicite minacce di rottamazione, il notevole recupero del tedesco, cui ho dedicato almeno un’ora al giorno per un paio di mesi, e il fatto che  riesco di nuovo a leggere libri in questa lingua con estrema facilità, il fuoribordo che si comporta bene, specie nei momenti critici (e questo è davvero un merito eccelso), ma soprattutto l’aver scovato i dadi con il passo speciale di cui avevo bisogno per fissare le sartie. Li ho scovati in una ferramenta che ne aveva una rimanenza da tempi remoti. Hanno pure un nome inglese, che non ho ben capito. In ogni caso, non sono più in commercio e sono stato baciato dalla fortuna. Sono corso subito a sistemare gli attacchi e adesso è tutto pronto. Domani porto la barca sulla spiaggia, sistemo l’albero e ne approfitto per togliere dalla carena una mezza foresta di alghe che stanno lì da un mese. Gli antivegetativi costano cari e durano poco. Una combinazione molto conveniente per chi li vende e molto meno per chi li usa. Nient’altro di confortevole? Ma sì, ho visto che il fico era bello carico e mi sono dato da fare. I fichi sono buoni.    

diario di un qualsiasi nessuno


Giovedì, 5 luglio 2012 Davvero mi viene da piangere pensando a come vada sprecato il tempo della vita, dico della vita, che ha durata limitata e finisce con un funerale, dico con un funerale, e mettiamoci pure con una sepoltura, come venga sprecato, dicevo, passando da un avvocato a un commercialista per sistemare questioni di tasse, di contratti e di denaro, specie se c’è chi intende metterci indebitamente le mani e ci fa stare con il fiato sospeso. Purtroppo siamo in trincea, costretti a difenderci dai delinquenti e dalle Istituzioni, che negli ultimi decenni si sono date molto da fare per introdurre misure a protezione di parassiti e assassini. Basti pensare alla gente che si trova ancora in galera per aver ardito difendersi da un aggressore di certo non invitato in casa propria o da un rapinatore malintenzionato. Il giardino dell’Eden è appassito per sempre e adesso è una discarica a cielo aperto. La vita che crediamo di vivere è un pessimo surrogato. Tutto questo, un concentrato di pessimismo esistenziale che viene da una serie di giornate storte, ma spiega esaurientemente l’essenzialità di una barca a vela e il flusso dell’eternità che ritorna nel momento in cui supero i limiti dell’area portuale e mi dirigo verso il pontile. Anche a dispetto di possibili inconvenienti. Da tre giorni non posso andare in mare giusto per uno di tali possibili inconvenienti. Facciamo un rewind, appunto di tre giorni. Finalmente una mattinata di vento  come piace a me, una ventina di nodi da nord est, pura goduria. Nel mezzo della goduria, si spezza una sartia e l’albero finisce in mare con tutta la randa, fiocco compreso. Non posso neanche dire di averlo visto finire in acqua, tanto la cosa si è svolta rapidamente. Un attimo prima c’era, un attimo dopo non c’era più. Nella retina, la scia di qualcosa che mi è sfrecciata davanti agli occhi come il fulmine. Fortunatamente sono al largo, lontano dagli scogli, ma il moto dell’onda, piuttosto consistente, mi porta in quella direzione. Però ancora lontani. Lascio che la barca si porti sottovento, rispetto a tutto il carico che la sartia rimasta e lo strallo si trascinano dietro, e comincio a recuperare. Passa una grossa barca e lo skipper mi urla che vuole telefonare alla Capitaneria. Gli grido di non farlo. Non è da escludere che potrebbe anche scapparci una multa. Continuo a recuperare, e poco a poco ogni cosa torna a bordo. Fortunatamente tutto fila liscio e in una ventina di minuti riesco a completare il carico. Lego l’albero a poppa e a prua e spero che il motore non faccia capricci, anche perché gli scogli sono vicini e cominciano a preoccuparmi. Parte al primo colpo. Rientro senza difficoltà e metto ordine a bordo. Piego la randa e il fiocco e verifico i danni. Si è spezzata la sartia sinistra in alto, dove è assicurata (si fa per dire) all’albero. Ho sostituito le sartie d’acciaio con delle cime robuste, ma sono fermo da tre giorni perché non riesco a trovare due dadi con un passo speciale. Continuo le ricerche. Se non li trovo, dovrò arrangiarmi in qualche modo. Tuttavia questo tipo di preoccupazioni non mi preoccupa, se mi si consente la cacofonia. A preoccuparmi sono quelle di cui ho parlato sopra, perché sono la non vita, lo spreco, anticipi di morte.