venerdì 27 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Mercoledì, 25 aprile 2012
Ieri mi sono gustato una sciroccata sopra i venti nodi. Gli inglesi dicono bliss, il massimo della goduria. Oggi è giornata festiva, consacrata totalmente a mia moglie, credo che andremo in trattoria.  A mia moglie piace cucinare e devo dire che ci sa fare, perciò le trattorie ci vedono raramente, ma una volta ogni tanto, diciamo quattro o cinque volte all’anno, forse anche qualcuna in più, scegliamo di mangiare fuori.  Ha un effetto terapeutico. Ritrovarsi soli, anche se per un’ora o poco più, serve egregiamente a rimuovere le incazzature che la gente ti porta dentro casa.  Per questo allontanarsi ogni tanto dalle mura domestiche fa bene. Ci lasci dentro le incazzature. Se poi, dopo mangiato, ti fai anche due passi sul lungomare, riesci a lasciarcele alche per due o tre ore. Sono ben consapevole che il senso di benessere potrebbe anche venire attribuito a un effetto placebo, ma finché funziona e in mancanza di cure più specifiche e di malefici effetti collaterali è del tutto inutile andare a cercare il pelo nell’uovo. Naturalmente quando rientri le ritrovi tutte al loro posto, se sei fortunato ben classificate in ordine di importanza e di precedenza, se invece sei sfigato le ritrovi in una confusione inestricabile, in un accavallarsi disordinato cui non soccombi solo per esserti appena concesso qualche ora di respiro. Non c’è cura contro le incazzature. Non ci sono parole contro le incazzature. Che cosa possono dirti quando sei incazzato? Vediamo: Non ne vale la pena?, Pensa alla salute?, Non è grave come sembra?, A tutto c’è rimedio?, Vedrai che tutto si sistema? Solo stronzate, che rischiano di farti incazzare ancora di più. La vita è un fiera di parole inutili, per lo più. Tralasciamo, almeno per ora, perché sento che tornerò sull’argomento, quelle che ci propina la televisione, come la ministra, per esempio, di cui non c’è traccia  nei dizionari non ancora inquinati, diciamo degli anni Sessanta. Qualcuno mi dirà che le lingue cambiano, e io non lo nego, se lo fanno però non è sempre in meglio. Esiste un femminile la ministressa, ma il dizionario ne chiarisce il tono scherzoso. Continuando di questo passo, verrà rispolverato il femminile la dottora, anch’esso possibile, ma solo in tono scherzoso. Tutto ciò a tutela, mi pare di capire, di un’ipocrita equiparazione di diritti fra i due poli del genere umano. Ma è possibile che una donna si senta più rispettata, considerata, soddisfatta nel sentir parlare della ministra Fornero? La smetto qui, per il momento, perché l’idiozia in una tale ipocrisia è tanto evidente che rischio di prendermi un’altra incazzatura. La fiera delle parole inutili è comunque quella della TV e della carta stampata,  specie in certi articoli dove qualcuno ti sbatte in faccia una statistica per farti sapere come stanno le cose e poi monta in cattedra per spiegarti come si fa. Come si fa che cosa? Qualsiasi cosa, perfino come si fa il genitore. Avevo sempre creduto che fosse roba da autodidatti, roba che si apprende inevitabilmente sulla propria pelle, su quella dei figli. Invece no, c’è chi sa come si fa e si presenta statistiche alla mano.  Conoscevo un tizio, anni fa, di una brillante intelligenza e anche un po’ matto, che aveva trascorso un sacco di tempo a Londra per lavorare su una tesi di laurea in cui dimostrava che tutte le statistiche erano tarocchi. So che si è laureato, quindi deve averla portata a termine, ma non ne ho mai sentito parlare. Tornando a certi articoli di giornale, in uno di essi ci  si preoccupa di salvare i bambini dai ceffoni (e anche dagli sculaccioni) e fornisce numeri, percentuali in cui vengono inquadrati i genitori a seconda della quantità di sberle che rilasciano mensilmente. Mi sembra molto riduttivo. Si potrebbe ipotizzare, per esempio, che i genitori tornino a casa stanchi, spesso con grosse preoccupazioni, anche di carattere finanziario, e che sia la stanchezza o la cattiva disposizione d’animo ad indurli a sbagliare bersaglio. Quei ceffoni potrebbero essere diretti, per esempio, a certi spot televisivi che identificano il buon genitore, quello da amare, mostrando un padre che regala l’auto al figlio perché ha superato un esame, creando nei figli aspettative, già a distanza di anni, che egli non potrà mai soddisfare, oppure a delle troiette tredicenni che si burlano della figlia perché è ancora vergine, oppure a quei genitori che mandano in giro la prole firmata da capo a piedi, cedendo senza ribellarsi al consumismo che li aggredisce da ogni lato. Poveri disgraziati anche loro, padri e figli. Che dire di spot che cominciano con “Convincete i vostri genitori di aver finito i compiti, poi…”, chi li ha firmati non meriterebbe tanti calci in culo? E’ facile sbagliare bersaglio, quando si è stanchi e sfiduciati.

lunedì 23 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Lunedì 23 aprile 2012
Stamattina ho preso la barca e per la prima volta da quando l’ho aggiustato ho usato il motore. Funziona. Poco vento, sufficiente per godersi la passeggiata sulle onde. E’ calato giusto al rientro, ma ormai ero quasi arrivato. E’ rinforzato subito dopo l’attracco, solo per dirmi che se fossi rimasto mi sarei divertito di più. Un gran figlio di puttana, a volte cede alla vena sadica, ma in fondo vuole solo scherzare con me. Può permetterselo, siamo amici da tempo. Da ragazzo scrivevo tante poesie, da adulto ne ho scritte ancora, ma poche, anche in dialetto, insomma ho una specie di gusto perverso a cercare rime per ogni parola, è una specie di automatismo. Chissà perché, stasera mi sono sorpreso a cercare una rima per monti. Subito mi è venuta in mente la rima con conti, arconti, acconti, rodomonti, tonti, bisonti, Corte dei Conti e qui mi sono fermato a pensare, perché pare che proprio la Corte dei conti abbia fatto due conti suggerendo poi a Monti di rivedere i conti, perché se gli italiani non avranno più soldi da spendere nessuno avrà più niente da produrre e potremo anche fregarcene dell’articolo diciotto perché l’Italia andrà a picco come il Titanic portandosi dietro tutti gli italiani, contribuenti ed evasori. Il grosso rischio, di questi tempi, è di somatizzare le incazzature e per fortuna le mie si dissolvono come nebbia al sole appena entro nell’area portuale e mi dirigo al pontile. Speriamo che domani mattina ci sia buon vento e soprattutto che non mi metta di nuovo a cercare rime.  

domenica 22 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno


Domenica, 22 aprile 2012
Oggi è il giorno di riposo comandato, o dovrebbe esserlo. Comandamenti a parte, chi lo rifiuta un giorno di riposo alla settimana? Verrebbe da rispondere che non lo farebbe nessuno, ma se poi pensiamo ai gestori di bar, ristoranti, alberghi, stabilimenti balneari, trasporti, gente di spettacolo  e via di seguito, cominciamo a sospettare che il giorno di riposo settimanale, incluso quello alternativo alla domenica, non sia un patrimonio della generalità. Di certo tutti ne avranno sentito parlare, ma per alcuni potrebbe essere solo legato a eventi di una mitologia lontana. Eppure, secondo la Bibbia, il mancato rispetto del giorno di riposo non è una bazzecola, è anzi peccato gravissimo, meritevole della lapidazione. E’ facile concludere che da tempi tanto lontani la società è cambiata, le incombenze per la sopravvivenza sono diverse e alcune scelte necessarie possono essere in contrasto con quelle imposte dalle Scritture. In tale mancanza di sintonia tra sacro e profano è naturalmente il sacro ad avere la peggio. Lo sfaldamento del sacro è stato un processo lento, durato secoli, che tuttavia ha assunto un ritmo impensabile e incontenibile negli ultimi cinquanta o sessanta anni e spero tanto, ma tanto davvero, che a ciò non vada attribuito il criminale individualismo in cui è sprofondata la nostra società, perché non vorrei, proprio non  lo vorrei, vedermi costretto a sospettare che nei rapporti fra religione e società possano anche aver ragione gli islamici.

sabato 21 aprile 2012


Sabato 21 aprile2012
Stamattina ho fatto un salto al molo, ma avevo poca voglia di uscire in mare. Per di più soffiava quello che gli antichi romani chiamavano Garbinus, che in italiano è diventato Garbino e che è sinonimo di Libeccio. Molti non conosceranno il Garbinus e neanche il Garbino ma credo che tutti conoscano il Libeccio e sappiano cosa significa una libecciata. Per chi non ne fosse al corrente, chi si prende una libecciata si trova esposto a un vento di sud ovest che può cambiare direzione ogni momento e  ti aggredisce con raffiche violentissime e micidiali. Con un quattro metri in vetroresina scuffiare è facile, come pure ritrovarsi con l’albero spezzato o le vele a brandelli. Non è detto, comunque, che non ci sia modo di affrontarlo. Con una lunga esperienza alle spalle, si può. E’ una gran faticata, ma ne vale la pena e si torna a terra con un pieno di adrenalina. Più o meno come fare bungie jumping o volare sopra le cime con un deltaplano. Stamattina non sentivo una spinta sufficiente e non mi sono sentito all’altezza. Scelta sbagliata, perché me ne sono pentito ancor prima di arrivare a casa. Anche perché oggi è sabato e non avrò una nuova occasione. Il pomeriggio è consacrato alla famiglia. Se ne riparla domani.  Ho passato il pomeriggio davanti alla televisione insieme a mia moglie. Ci siamo visti un bel film indiano Mi piacciono i film indiani, anche se mi insospettiscono. Pensare che i figli possano amare i padri e le madri, e viceversa, che le mogli amino teneramente i mariti e viceversa, che pazienza, accettazione e tolleranza possano rimpiazzare violenza, insofferenza e fanatismo e che tutto ciò venga rappresentato in un film come per descrivere una realtà mi insospettisce. Sarà per via di questa società dionisiaca che mi è piombata addosso come un elefante ubriaco.

venerdì 20 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Venerdì, 20 aprile 2012

Quando stavo ancora scrivendo le ultime righe di “L’ultimo plenilunio” (ammesso che si chiamerà in questo modo), mi sembrava che almeno una diecina di nuove trame mi si stessero accalcando nel cervello chiedendo ciascuna la precedenza per il prossimo thriller. L’impressione era che fossero lì, pronte per la prima stesura, dall’inizio alla fine. Niente di più illusorio. Premendo l’ultimo tasto e sganciandomi dall’immagine dei lupi che ululano alla luna, ho scatenato una sorta di ciclone che ha reso del tutto improbabili le mie nuove trame e sconvolto le mie certezze. Ho fatto del tutto per ampliare i miei orizzonti e mi sono impegnato in ricerche interminabili. Ho ripreso a studiare vangeli di ogni genere, poi ho pensato che era ora di smetterla di approfittare del sacro per incrementare il profano e mi sono dedicato, spostando di poco il baricentro, alle nuove sette religiose, in particolare quelle americane, quelle che dispongono di mezzi più che cospicui, con i quali sono in grado di operare sulle reti informatiche di tutto il mondo, attraverso cui riescono a fare nuovi adepti e altro denaro. Pare che la strada per farsi nuovi adepti passi attraverso un questionario iniziale facilmente rintracciabile sul loro sito. L’ho trovato, ma ho resistito alla tentazione di compilarlo. Non vorrei ricoprire il ruolo di vittima in una trama esoterica che nessuno scriverà mai. Ho saltato dunque a piedi pari Scientology, New Age e simili per andare a leggermi la Bibbia. Un vero shock, tuttavia lettura illuminante. Epopea di un popolo prediletto da un dio dell’amore ma anche più spesso della vendetta, del castigo e della morte, poesie dell’amore carnale che occupano tutto un capitolo, una diversa idea del premio o del castigo finale da quella trasmessa dai vangeli canonici. Per finire, l’idea che l’espiazione del peccato possa realizzarsi con la pena di morte, poco differisce da quella del Corano. Lapidare un’adultera è senz’altro eccessivo, per i costumi della nostra epoca, come lo è lapidare un figlio che insulta un padre, anche se gli veniva concesso di essere ascoltato per due o tre volte da un consiglio di anziani prima di scontare la pena. E’ anche difficile capire un dio della vendetta, degli eserciti, che partecipava alle battaglie in prima persona, sbaragliando i propri nemici e quelli del popolo eletto. Non nego certo forti perplessità, ma ne ho tratto la convinzione che il peccato è qualcosa di molto più grave di quanto in genere lo consideriamo. Spingendo un poco oltre le mie considerazioni di cattolico poco osservante, non posso non rendermi conto, fra l’altro, che, a parte un paio di comandamenti che riguardano il rapporto personale con la divinità, chiunque si astenga dal disprezzare i genitori, eviti la bestemmia e il turpiloquio, non rubi e non uccida, non pianifichi di farsi le mogli degli altri e non sbavi di invidia per la roba altrui, ripeto, chiunque si comporti in tal modo non sarebbe un cittadino ideale in quello che dovrebbe essere un consesso civile? Non è una domanda da un milione di dollari, sembrerebbe piuttosto una domanda retorica, perfino idiota. Ma chi ce l’ha il coraggio di rispondere? Oggi soffiava bon vent, come dicono i francesi, nel caso specifico uno scirocco misurato. A rompere le scatole c’era un accavallamento di cumuli neri che minacciavano da ovest, ma me ne sono fregato e sono uscito e ho fatto bene. Me la sono goduta per un paio d’ore, tanto ci è voluto prima che la minaccia si cambiasse in acqua, ma neppure tanta quanta me ne aspettavo. Per il rientro non ho neppure usato il motore (non ricordo se l’ho già scritto, ma visto che dopo quasi un mese non ne avevo notizie, sono andato a riprendermelo e ho provato a ripararlo da solo e ci sono pure riuscito. Quasi non ci credevo. Ora è di nuovo al suo posto) e sono rientrato a vela, come faccio sempre. Oggi però qualcosa doveva andare storto. Proprio mentre rientravo di fretta, facendo la barba agli scogli -a volte si è costretti a farlo per evitare una ulteriore virata e risparmiare tempo-, lo scirocco si è fatto una pausa di un mezzo minuto ed è arrivata una folata da terra. Risultato, un paio di minuti di smoccolamenti puntando il mezzo marinaio contro gli scogli nel tentativo di evitare l’urto fatidico, girare la barca e riprendere il vento. Nel frattempo si è rifatto vivo lo scirocco, anche più arzillo di prima, consentendomi, bontà sua, di rientrare e tornare all’attracco. Un piccolo inconveniente, dopo tutto, che non mi ha guastato per niente la festa.

giovedì 19 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì 19 aprile 2012

Ho appena finito di tracciare le linee guida per una “Dolorosa epopea dei tartassati” e ho ancora voglia di scrivere. Da un bel po’ di tempo mi chiedevo dove fosse andata a finire, la voglia, ed eccola che ritorna. Bene, purché non sia il solito fuoco di paglia. Brucia in un attimo e non lascia brace di sorta. Solo un po’ di cenere che si spazza via con un soffio. Dopo la pubblicazione di “La dodicesima grotta”, ho finito da poco, forse l’ho già detto in uno dei post precedenti, un nuovo romanzo. Penso di intitolarlo “L’ultimo plenilunio” , ma non ne sono sicuro. A premere per la copertina ci sono altri titoli, “Un teschio per una messa”, “L’ultima messa per l’assassino”, “Omicidio di plenilunio” e anche altri che ho annotato da qualche parte ma ora mi sfuggono. Dovrò rivederlo un’ultima volta. Il fatto è che sono uno scrittore distratto, mentre scrivo non bado ai dettagli, tipo rispetto degli orari, delle stagioni, della presenza del sole o della pioggia, idoneità dell’abbigliamento dei personaggi, insomma, piccolezze, ma solo in apparenza, perché a lavoro compiuto crescono a dismisura, ti coprono di insulti per non averle ritenute degne di considerazione. Allora ti tocca rileggere, rileggere, rileggere fino alla nausea, perché loro ti fanno il dispetto di farsi di nuovo piccole, invisibili, e cercano di sfuggirti come scarafaggi sorpresi alla luce. Dovrò rivederlo un’ultima volta, in particolare per un piccolo dettaglio, anzi, non tanto piccolo, perché una ragazza di Kiev non è una russa e due ragazze di Kiev non sono due russe. Tre sono le possibilità. La prima è sostituire la parola ucraina a russa e ucraine a russe ogni volta che appaiono nel romanzo, singolarmente o in coppia. La seconda, pure piuttosto semplice, è cambiare il luogo di origine e farle venire da Mosca, oppure da San Pietroburgo. La terza, un po’ più complicata, è indurre uno o anche un paio dei personaggi a spiegare che, in genere, da noi, quelli che parlano russo sono tutti russi, come lo erano, un paio di decenni addietro, tutti i tovarisci di tutti i paesi dell’immensa Unione Sovietica. Tornando al mio ultimo thriller, dal titolo che avrei scelto a costo di tante laboriose elucubrazioni è scaturito un inconveniente e non è inconveniente da poco. Mia figlia, che per quanto ne so scrive poco ma ha già vinto un concorso letterario e si è ben piazzata in un altro, ha commentato che “L’ultimo plenilunio” le fa venire in mente un branco di lupi mannari che ululano al cielo notturno e all’inconsapevole satellite. Non molto incoraggiante. I figli . Dunque, la ricerca non è ancora finita. Elucubrare necesse.

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì 19 aprile 2012-04-19

Me ne stavo tranquillo in poltrona senza neppure prestare troppa attenzione al sonoro quando sullo schermo è apparso d’un tratto un essere bieco e mal rasato, volutamente presentato come essere repellente. Il mio interesse nello spot si è destato appena in tempo perché potessi afferrarne il significato. Dunque, si trattava di un evasore fiscale. Un bruto, forse anche cannibale e assassino. Almeno a giudicare dalle apparenze. Cazzo, mi è balenato in mente il modo in cui venivano rappresentati gli ebrei nei manifesti nazisti o nei cortometraggi della propaganda antisemita. Naso adunco, mani rapaci, sguardo beluino. Si poteva pensare di rischiare la vita soltanto ad avvicinarli. Sono rimasto, devo dire, perplesso, poi mi sono convinto che ogni accostamento sarebbe stato arbitrario. Torniamo all’evasore fiscale. Tanto per cominciare, un evasore fiscale me lo immagino molto diverso. Mi figuro un tipo elegante, con una bella macchina, magari una Mercedes se non qualcosa di meglio, uno yacht a vela di almeno dodici metri attraccato a un qualche pontile di lusso, o anche uno a motore, di quindici o venti metri, con cabine, cucina e salotto e anche un paio di bagni molto più accoglienti di quelli frequentati dai comuni mortali che non si sottraggono ai sacrifici imposti da Equitalia, quelli nel mirino di Monti, per intenderci. A proposito, pare che in Islanda i ministri responsabili di disastri economici vengano sottoposti a processo, perché in Italia invece a Monti è stato concesso il tiro a bersaglio sui contribuenti onesti? Misteri della politica. Un evasore fiscale deve anche avere una villa, magari del settecento, con parco e un viale alberato, restaurata a suon di milioni dal tetto alle fondamenta, magari con l’aggiunta di qualche marmo, che non guasta mai. Insomma, un evasore fiscale che si rispetti non deve temere il confronto con chi si appropria del denaro dei contribuenti per concedersi una botta di vita. Una botta dopo l’altra. In Italia non c’è un ministero della propaganda, ma se ci fosse e intendesse davvero sollevare l’indignazione popolare per il mancato pagamento delle imposte e per l’uso che si fa di quelle che vengono pagate, purtroppo dai soliti coglioni, dovrebbe decisamente usare una immagine del tutto diversa per sbatterti in faccia l’evasore, e forse aggiungerne un’altra da riferire ai vari Napoleon che ci propinano il bello e il cattivo tempo.

giovedì 5 aprile 2012

diario di un qualsiasi nessuno

Mercoledì, 4 aprile 2012

Ogni volta che scrivo l’Anno Domini 2012 mi vengono in mente i Maya. Per il momento pare che la profezia della fine del mondo abbia già avuto un effetto, quello di incrementare gli introiti degli operatori turistici che si sono fatti un dovere di spedire quanti più curiosi possibile in Guatemala. E’ possibile che qualcuno di costoro voglia chiedere ai discendenti diretti dei Maya se la profezia è affidabile, magari se la saranno tramandata di generazione in generazione. Se i Maya si sono aggiornati alla civiltà corrente, è anche possibile che i turisti trovino il paese zeppo di chioschi in concorrenza fra loro dove qualche santone o gran sacerdote o chissà chi altri abbia già stabilito un minimo di offerta per fornire la rivelazione più attendibile. Una volta assicurati che la profezia non è una bufala, il prossimo passo sarà una corsetta fino al Pech de Bugaresh, un monte misterioso nemmeno troppo alto, appena 1250 metri, più o meno, sui Pirenei francesi, a conquistarsi la prenotazione di una camera per la notte del 20 dicembre, ma anche una settimana prima del giorno 21, i meno tirchi. Si tratta di un paesino minuscolo, che la profezia vuole salvo dallo sfacelo, dove i prezzi della terra e degli immobili e degli affitti saranno già arrivati alle stelle. Così stanno le cose. Oltre alle previsioni del tempo, quest’anno abbiamo anche la previsione dell’Apocalisse. Dovrei sforzarmi di trovare qualcosa del genere per promuovere la vendita del mio romanzo, che è piaciuto da matti a me e a e a quei quattro gatti che lo hanno comprato, a cominciare dal titolo che ha un ritmo tutto particolare. La dodicesima grotta (Ta, ta ta ta, ta ta ta, ta). Ci ho riflettuto un po’ su, ma l’Apocalisse non è di aiuto. A meno che non ne faccia distribuire qualche migliaio a Bugaresh verso novembre. Ma se poi c’è davvero l’apocalisse, non mi resta neanche il tempo di incassare i diritti d’autore. Pensiamo a altro . Oggi sono uscito con un forte scirocco che si è indebolito da morire appena ho lasciato il porto, subito ha cominciato a piovere ed è cessato il vento. Ne è rimasto un alito ed è stato un miracolo che sia potuto rientrare. Il fuoribordo è dal meccanico da quindici giorni. Dovrebbe pulire il carburatore, nient’altro, ma nel frattempo devo farne a meno. In questi giorni è scaduta anche la polizza. Meccanico o no, carburatore o no, che usi il motore o meno, va pagata. La polizza è come la vita. Ingiusta. Ci faccio un salto domani mattina.