domenica 16 febbraio 2014

Domenica, 16 febbraio 2014. Fra una mezz'ora mia moglie metterà in tavola la polenta con le “cucciolette”. Naturalmente hanno anche un nome italiano, ma in questo momento non mi viene in mente. Fa niente. In famiglia le abbiamo sempre chiamate in questo modo, usando il termine dialettale, e con un termine diverso potrebbero anche arricchirsi di italiano ma perderci di gusto. Tutto ciò c'entra davvero poco con quanto ho intenzione di scrivere. Oppure potrebbe entrarci, non si può mai dire, e quest'ultima osservazione non potrà essere decifrabile che quando avrò finito con questa pagina. Perché? Perché mi serve per introdurre l'argomento principale. Voglio scrivere di qualcosa che mi ossessiona, che incombe su ogni mia previsione e perfino sui miei romanzi. Credo di averne già parlato anche in queste pagine. Si tratta del caos, della concatenazione del caso, di quella sequenza di fatti apparentemente insignificanti che esplodono in una situazione critica. Come non gli bastasse ossessionarmi, stamattina, all'improvviso, mi ha coinvolto in una situazione a dir poco scomoda. Cominciamo dall'inizio:
Verso le nove e trenta dico a mia moglie passerò la mattinata in mare, sulla barca a vela. Naturalmente lei protesta (non per niente corre il detto che si dovrebbe rinunciare ad avere una barca se si vuole avere una moglie e viceversa) perché vorrebbe che la accompagnassi in chiesa. Verso le nove e tre quarti raggiungo il molo per verificare a quanti nodi viaggia il vento ma non ci trovo che l'alito del moribondo. Bruno, il pescatore che ha la barca poco lontana dalla mia, mi conferma che sarà una mattinata di calma piatta. Bene, sarà il caso di accontentare mia moglie. Torno a casa che saranno state le dieci e un quarto, la avverto che ho cambiato programma e mi infilo sotto la doccia. Mentre ne esco, verso le dieci e venticinque, lei mi grida da sopra di lasciare aperti i vetri della finestra per evitare che il vapore faccia muffa alle pareti. Riesco a mala pena a sentirla, ma intuisco la raccomandazione ricorrente dopo ogni doccia e lascio aperti i vetri all'interno. Mi vesto e sono pronto per le undici meno dieci. La messa è alle undici e mia moglie teme di tardare, perciò mi sollecita a far presto. Si crea un'atmosfera di ansia e di fretta. Mentre dal comò raccatto il portafoglio, qualche moneta, il cellulare e altri ammennicoli, le grido di prendere le chiavi, scendere e salire in macchina. Mi precipito dietro di lei, chiudo la basculante, salgo al posto di guida e le chiedo le chiavi. Questo il momento in cui esplode la situazione critica, perché lei le chiavi non ce le ha.
Prima considerazione: Il mio primo programma era di andare in barca.
Seconda considerazione: Mancava il vento, fatto in sé trascurabile, ma se avessi seguito il programma di andare in barca, mia moglie sarebbe andata in chiesa da sola, in tutta calma, e non avrebbe dimenticato le chiavi (Non è una conclusione avventurosa perché lei è estremamente scrupolosa e ha la memoria di un elefante).
Terza considerazione: Ho deciso di fare subito la doccia e sono andato nel bagno, dove in genere, d'inverno, tranne di primo mattino, la finestra è chiusa. Io, però, su invito di mia moglie, l'ho lasciata aperta (fatto in sé trascurabile).
Quarta considerazione: La mia decisione di fare la doccia subito (fatto in sé trascurabile), incutendole però il timore di tardare alla funzione religiosa, ha creato atmosfera di ansia e di fretta, la sola causa della distrazione di mia moglie.
Fin qui, dunque, non ho fatto che descrivere una serie di eventi del tutto trascurabili che sono esplosi in una situazione critica.
Impossibilitati a muoverci e senza più una casa, abbiamo cercato al telefono nostro figlio: Picche. Abbiamo cercato al telefono nostra nuora: Picche. Non era questione di vita o di morte, per fortuna, e poi si sa che i telefoni raramente comunicano le emergenze. Aiutati che Dio t'aiuta. Abbiamo chiesto consiglio ai Vigili del fuoco. Un vicino di barca, appartenente al Corpo, mi ha riconosciuto e
ed è venuto insieme a due colleghi. Li abbiamo subito informati che sarebbe stato inutile forzare la serratura del portoncino d'ingresso, serrato all'interno anche da un catenaccio di sicurezza. Visto che i vetri interni delle finestre erano tutti chiusi, (così pensavamo in quel momento e sarà il caso di sottolineare come lo stato di agitazione possa essere un ingombro pericoloso), non restava che trapanare la serratura della basculante oppure distorcerne il perno che penetrava nel muro in alto. In entrambi i casi con danno alla basculante. Poi, d'un tratto, quando il mio amico ce l'ha chiesto per l'ennesima volta, ci siamo ricordati che i vetri del bagno erano rimasti aperti. Con l'ausilio di una scala, problema risolto in cinque minuti, senza alcun danno. Di certo non li avevo lasciati aperti prevedendo che rientrare in casa sarebbe stato qualcosa come mission impossible. Così vanno le cose. Possiamo solo supporre che dipendano dalla nostra volontà.

martedì 11 febbraio 2014

Martedì, 11 febbraio, 2014. Non c'è che dire, viviamo un'economia globale, una cultura globale, una politica globale, una scurrilità globale. I tempi cambiano. Ricordo mia madre quando inorridiva nel sentire i figli dei pescatori, quando venivano a scorrazzare dalle nostre parti, bestemmiare e inveire con quanto di più scurrile poteva uscire dalla loro bocca, totalmente disinibiti e senza quel minimo di istruzione che a quell'epoca poteva ancora fungere da deterrente. Quanto a me, bastava il disagio che vedevo in mia madre a distogliermi dal ripetere simili performance. Confesso che in seguito il temperamento sanguigno e gli stimoli della vita mi hanno consentito un buon recupero, ma non è di questo che intendo parlare. Anzi, vorrei spezzare una lancia a favore dei giovani pescatori, che a quell'epoca vivevano nella miseria senza altro destino che ereditare quello dei padri. Molti anni più tardi, quando la passione per la vela mi ha spinto a frequentare il loro ambiente, ormai adulti sia io che loro, ho scoperto quanto rispetto portassero alla famiglia, ma anche agli estranei, quanto fossero schivi e mi è sembrato perfino incredibile che dessero del Voi ai loro padri. Non ho mai frequentato una scuola di vela e quello che so l'ho imparato da loro. Mi hanno insegnato ad assecondare il mare, a capire il vento. Li ho rispettati e mi hanno rispettato. E ci sono cascato di nuovo. Quando scivolo su una digressione che mi appassiona, esco dal seminato. Forse no, avevo cominciato con la scurrilità globale. Non mi son allontanato troppo. Facciamo un bel salto, dai figli dei pescatori (parlo di quelli delle vecchie lancette, al massimo dei primi topolini a motore, i minuscoli pescherecci che poco a poco le hanno rese obsolete) alle più alte sfere della politica mondiale. Attraverso sofisticatissimi congegni di intercettazione, impegnando i migliori esperti della materia, sicuramente ingegneri elettronici delle telecomunicazioni se non qualcosa di maggior caratura, i russi hanno scoperto e rivelato al mondo che Victoria Nuland, nientemeno che sottosegretario di stato di Barrack Obama, dice parolacce. E' successo un putiferio. Non tanto perché la Nuland dice sconcezze, ma perché ha mandato a fare in culo l'intera Europa. Italia, Francia, Inghilterra..., insomma, venticinque stati in un colpo solo. Le è scappato di bocca nel corso di una telefonata con il presidente ucraino. Avrebbe dovuto immaginare che Putin quella chicca non se la sarebbe fatta scappare. Chissà se anche la mamma della Nuland rabbrividiva al suono delle oscenità, ma di certo suo padre non saltava su una barca a vela alle quattro di mattina, anche d'inverno, per guadagnarsi il pranzo e forse anche la cena per la famiglia. Tuttavia va scusata. La colpa è anche della lingua, l'inglese, cosi sintetica, così duttile. Per sollevare tanto casino, le è stato sufficiente farsi sfuggire tre brevissimi suoni: Fuck the EU!

Diario di un qualsiasi nessuno

Martedì, 11 febbraio, 2014. Non c'è che dire, viviamo un'economia globale, una cultura globale, una politica globale, una scurrilità globale. I tempi cambiano. Ricordo mia madre quando inorridiva nel sentire i figli dei pescatori, quando venivano a scorrazzare dalle nostre parti, bestemmiare e inveire con quanto di più scurrile poteva uscire dalla loro bocca, totalmente disinibiti e senza quel minimo di istruzione che a quell'epoca poteva ancora fungere da deterrente. Quanto a me, bastava il disagio che vedevo in mia madre a distogliermi dal ripetere simili performance. Confesso che in seguito il temperamento sanguigno e gli stimoli della vita mi hanno consentito un buon recupero, ma non è di questo che intendo parlare. Anzi, vorrei spezzare una lancia a favore dei giovani pescatori, che a quell'epoca vivevano nella miseria senza altro destino che ereditare quello dei padri. Molti anni più tardi, quando la passione per la vela mi ha spinto a frequentare il loro ambiente, ormai adulti sia io che loro, ho scoperto quanto rispetto portassero alla famiglia, ma anche agli estranei, quanto fossero schivi e mi è sembrato perfino incredibile che dessero del Voi ai loro padri. Non ho mai frequentato una scuola di vela e quello che so l'ho imparato da loro. Mi hanno insegnato ad assecondare il mare, a capire il vento. Li ho rispettati e mi hanno rispettato. E ci sono cascato di nuovo. Quando scivolo su una digressione che mi appassiona, esco dal seminato. Forse no, avevo cominciato con la scurrilità globale. Non mi son allontanato troppo. Facciamo un bel salto, dai figli dei pescatori (parlo di quelli delle vecchie lancette, al massimo dei primi topolini a motore, i minuscoli pescherecci che poco a poco le hanno rese obsolete) alle più alte sfere della politica mondiale. Attraverso sofisticatissimi congegni di intercettazione, impegnando i migliori esperti della materia, sicuramente ingegneri elettronici delle telecomunicazioni se non qualcosa di maggior caratura, i russi hanno scoperto e rivelato al mondo che Victoria Nuland, nientemeno che sottosegretario di stato di Barrack Obama, dice parolacce. E' successo un putiferio. Non tanto perché la Nuland dice sconcezze, ma perché ha mandato a fare in culo l'intera Europa. Italia, Francia, Inghilterra..., insomma, venticinque stati in un colpo solo. Le è scappato di bocca nel corso di una telefonata con il presidente ucraino. Avrebbe dovuto immaginare che Putin quella chicca non se la sarebbe fatta scappare. Chissà se anche la mamma della Nuland rabbrividiva al suono delle oscenità, ma di certo suo padre non saltava su una barca a vela alle quattro di mattina, anche d'inverno, per guadagnarsi il pranzo e forse anche la cena per la famiglia. Tuttavia va scusata. La colpa è anche della lingua, l'inglese, cosi sintetica, così duttile. Per sollevare tanto casino, le è stato sufficiente farsi sfuggire tre brevissimi suoni: Fuck the EU!

lunedì 10 febbraio 2014

Lunedì, 10 febbraio 2014. Siamo davvero in tanti e sparsi per il mondo, i matti. Di sicuro ce n'è uno, che ancora non mi restituisce il fuoribordo perché ha prolungato il soggiorno alle Filippine. Stamattina sono andato al cantiere e ho ricevuto la bella notizia. Il meccanico non tornerà prima della fine del mese. Secondo il precedente bollettino avrebbe dovuto essere di ritorno per la fine di gennaio. Sarà colpa di un irresistibile appeal della sua Carmenzuola filippina. Sono sicuro che chiunque mi capirebbe se dicessi che neanche dieci paia di buoi potrebbero trascinarlo via o comunque distoglierlo dalle sue attuali incombenze. Chinar la fronte davanti alla fatalità, che altro? Lotito, presidente della Lazio, parlando dell'incontro di ritorno per la semifinale di Coppa Italia tra Roma e Napoli, dice che tiferà per il Napoli. Perché ha la maglia dello stesso colore della Lazio, dice. Domanda: Che cazzo c'entra il colore della maglia? Laziali e romanisti, relative tifoserie incluse, da decenni si trattengono a fatica dallo sbranarsi. Pulsioni beluine che non riguardano i presidenti? In tal caso, ritiro la domanda. Però la faccenda del colore della maglia non mi convince.
E' il momento dei geologi, dei meteorologi, e di non so chi altri. Sono tutti lì, ad alternarsi sul monitor, per spiegare alla “gente comune” come da un bel po' di tempo ci hanno battezzato i mezzi busti, che però hanno recuperato l'altra metà e anche qualcosa in più perché ora si presentano tutti interi, a spiegare, dicevo, perché l'Italia, da nord a sud, si sta sfaldando come un castello di sabbia aggredito sulla riva dall'onda. Pare che le precipitazioni, rispetto a non so quale anno del passato, siano aumentate di nove volte. Il numero di tonnellate di acqua che appesantiscono un ettaro di terreno fa paura. Aumenta di continuo il numero delle case distrutte, di altre inagibili, alcune in bilico sull'orlo di voragini terrificanti, aumentano gli allarmi, molto spesso tardivi, per il pericolo di straripamento di fiumi e torrenti. Senza alcun possibile allarme crollano colline, trascinandosi a valle, insieme ai detriti, case e “gente comune”. L'espressione che riecheggia dall'uno all'altro di questi convegni funebri televisivi, officiati dai già menzionati esperti, è “mancata prevenzione”. Ma cos'è la prevenzione, una parola nuova? C'era anche prima che si susseguissero tanti disastri, oppure no? Se c'era, come è vero che c'era, perché mai questi officianti vengono chiamati in tv solo dopo i funerali? Non sarebbe meglio ascoltarli prima e soprattutto farli ascoltare prima dei decessi? Se esiste una prevenzione mancata ci sarà pure qualcuno preposto alla prevenzione dovuta, e allora, la domanda che piomba sulle corde vocali come una meteora fuori controllo suona certamente: Chi cazzo è costui? O meglio: Chi cazzo sono costoro? Politici, naturalmente, purtroppo irrimediabilmente orbi di un nome e un cognome.

Diario di un qualsiasi nessuno

Lunedì, 10 febbraio 2014. Siamo davvero in tanti e sparsi per il mondo, i matti. Di sicuro ce n'è uno, che ancora non mi restituisce il fuoribordo perché ha prolungato il soggiorno alle Filippine. Stamattina sono andato al cantiere e ho ricevuto la bella notizia. Il meccanico non tornerà prima della fine del mese. Secondo il precedente bollettino avrebbe dovuto essere di ritorno per la fine di gennaio. Sarà colpa di un irresistibile appeal della sua Carmenzuola filippina. Sono sicuro che chiunque mi capirebbe se dicessi che neanche dieci paia di buoi potrebbero trascinarlo via o comunque distoglierlo dalle sue attuali incombenze. Chinar la fronte davanti alla fatalità, che altro? Lotito, presidente della Lazio, parlando dell'incontro di ritorno per la semifinale di Coppa Italia tra Roma e Napoli, dice che tiferà per il Napoli. Perché ha la maglia dello stesso colore della Lazio, dice. Domanda: Che cazzo c'entra il colore della maglia? Laziali e romanisti, relative tifoserie incluse, da decenni si trattengono a fatica dallo sbranarsi. Pulsioni beluine che non riguardano i presidenti? In tal caso, ritiro la domanda. Però la faccenda del colore della maglia non mi convince.
E' il momento dei geologi, dei meteorologi, e di non so chi altri. Sono tutti lì, ad alternarsi sul monitor, per spiegare alla “gente comune” come da un bel po' di tempo ci hanno battezzato i mezzi busti, che però hanno recuperato l'altra metà e anche qualcosa in più perché ora si presentano tutti interi, a spiegare, dicevo, perché l'Italia, da nord a sud, si sta sfaldando come un castello di sabbia aggredito sulla riva dall'onda. Pare che le precipitazioni, rispetto a non so quale anno del passato, siano aumentate di nove volte. Il numero di tonnellate di acqua che appesantiscono un ettaro di terreno fa paura. Aumenta di continuo il numero delle case distrutte, di altre inagibili, alcune in bilico sull'orlo di voragini terrificanti, aumentano gli allarmi, molto spesso tardivi, per il pericolo di straripamento di fiumi e torrenti. Senza alcun possibile allarme crollano colline, trascinandosi a valle, insieme ai detriti, case e “gente comune”. L'espressione che riecheggia dall'uno all'altro di questi convegni funebri televisivi, officiati dai già menzionati esperti, è “mancata prevenzione”. Ma cos'è la prevenzione, una parola nuova? C'era anche prima che si susseguissero tanti disastri, oppure no? Se c'era, come è vero che c'era, perché mai questi officianti vengono chiamati in tv solo dopo i funerali? Non sarebbe meglio ascoltarli prima e soprattutto farli ascoltare prima dei decessi? Se esiste una prevenzione mancata ci sarà pure qualcuno preposto alla prevenzione dovuta, e allora, la domanda che piomba sulle corde vocali come una meteora fuori controllo suona certamente: Chi cazzo è costui? O meglio: Chi cazzo sono costoro? Politici, naturalmente, purtroppo irrimediabilmente orbi di un nome e un cognome.
Lunedì, 10 febbraio, 2014. Questo è sicuramente un diario anomalo. Mancano i fatti importanti, le passioni, i dolori, i momenti felici e quelli tristi, le speranze, le delusioni, i successi e gli insuccessi della mia vita. Può anche capitare che ne faccia cenno, ma senza indugiare sul significato profondo, sugli scarti esistenziali che essi hanno significato, determinato, nel bene e nel male. Più passa il tempo, più il senso della vita mi sfugge. A qual fine siamo venuti alla luce, perché viviamo o siamo vissuti, come cambierà il mondo dopo che saremo morti. Si potrebbe cercare di dare un senso alla vita, come alcuni hanno fatto, nell'ambito di un contesto che di per sé appare già privo di senso, sia che lo abbiano cercato nella lotta, nel dolore o nella morte. Come se negli imperscrutabili equilibri dell'universo l'estinguersi di una pulce facesse differenza con quella di un essere umano. Come se in tali equilibri il potere, la prevaricazione, la sottomissione, la lotta, il sacrificio, il rischio della vita, il riscatto potessero meritare una collocazione di qualche universale interesse. Si potrebbe anche provare a dare un senso alla propria vita in non importa quale forma di successo artistico, scientifico, finanziario. Illusione. Fatico a trovare un esempio che calzi alla perfezione, che sveli il messaggio instabile che mi attraversa il cervello, lo spiaccichi contro il muro e lasci che me lo legga in tutta calma. Nel frattempo potremmo pensare a un macchinario enorme, immenso, smisurato al di là di ogni immaginazione, con un numero ancor più smisurato di ingranaggi, di cuscinetti con le loro minuscole sfere d'acciaio e che in una di tali minuscole sfere si sia sviluppata la vita. Gli esseri che abitano questa minuscola sfera sono talmente piccoli, rispetto al colossale marchingegno, pressoché invisibili. Si vedono però l'un l'altro, e come. Si vedono e si odiano, e per lo più cercano di farsi del male. Anche quando dicono si amarsi, a volte subito dopo. Tutto ciò che ritengono importante, tutto il sapere accumulato, tutte le religioni che hanno creato e per le quali si sono combattuti e sterminati per secoli, tutto ciò non riguarda che gli invisibili abitanti di una minuscola pallina d'acciaio sperduta chissà dove nei meandri del marchingegno incommensurabile. Esso, benché aspirino perfino a diventarne padroni, li ignora, come fa peraltro con ogni essenza ininfluente sui suoi equilibri. Dunque, qual è il senso delle loro vite? Neppure si sa cosa ci stiano a fare su quella pallina, uguale a bilioni di bilioni di altre. Rebus sic stantibus, ricollegandomi all'inizio di questo discorso stanco, mi sono chiesto perché dover includere nel diario dolore, passione, felicità e tristezze, speranze e delusioni, successi e insuccessi, palpiti insignificanti di un essere insignificante relegato su una minuscola pallina d'acciaio, un essere che per nulla contribuisce al sincrono e quasi miracoloso funzionamento del macchinario. E' davvero la vita un succedersi di tanto grandi e nobili passioni, e anche di meno nobili, invidia, gelosia, odio, oppure non è che lo scandire del tempo da quando si viene al mondo fino alla morte con il solo compito di procreare e continuare la specie degli invisibili? Qual è la realtà, quali le azioni che vengono davvero scandite dal tempo? I giornali ne sono pieni. E' la cronaca quotidiana della comunità degli invisibili, ma anche quella personale, che riguarda ciascuno di loro. Con il succedersi dei fatti si riempiono le giornate, la cronaca delle giornate scandisce la vita. “La vita è tutto ciò che ci accade mentre facciamo programmi”, qualcuno ha detto qualcosa del genere, forse John Lennon, ma non ne sono sicuro. Svegliarsi ogni mattina, vestirsi, far colazione, prendere l'auto, andare al lavoro, fare pranzo, tornare al lavoro, riprendere l'auto o un mezzo pubblico, tornare a casa, cenare, litigare, guardare la tv, andare a letto, fare l'amore, dormire. Si potrebbe aggiungere il tempo risucchiato da malattie, visite mediche, esami clinici, interventi chirurgici, da file interminabili alle poste, alla banca, a qualsiasi sportello dove si pagano utenze e simili, ecc. Non è questa la vita? Non è questa la cronaca cui la morte imporrà un finale drastico? Molto riduttivo, si dirà. Ma se gli invisibili finalmente ce la faranno, come inspiegabilmente pare abbiano specificato nell'agenda delle più ambite mete, a sbriciolare e distruggere la minuscola sfera d'acciaio sulla quale hanno vissuto e prosperato, allora non solo quel concetto riduttivo non ci sarà più, ma non ci sarà né ci sarà mai stata vita sopra di essa. Ho esordito dicendo che questo è un diario anomalo. Ora posso precisare che è anomalo perché riduttivo e che è una fortuna poterne ancora scrivere uno. Con leggerezza, senza eccessivo impegno.

domenica 9 febbraio 2014

Diario di un qualsiasi nessuno

Domenica, 9 febbraio 2014. Finalmente sono andato in barca. Venerdì e sabato. La mattina di sabato con un filo di garbino leggero ma sufficiente a tenere acceso un segnale di allarme. Dopo la lunga astinenza di dicembre e gennaio (calma piatta o poggia), anche la vela aveva l'aria incazzata. Ho faticato sistemarla e non sono neanche sicuro di esserci riuscito del tutto. Tanto per cambiare oggi piove, ulteriori verifiche rimandate. Ho accompagnato mia moglie in chiesa, poi sono arrivati il timballo e la crostata alla marmellata di cachi. Sta diventando una sana tradizione, quella del timballo. Un sugo da leccarsi i baffi, e non solo in senso letterario, perché me ne sono cresciuti un bel paio, anche se mancano di balzare all'occhio, in quanto tutt'uno con un lungo barbone incolto. Quanto alla crostata con la marmellata di cachi, un delirio. Si è meritata la bottiglia di spumante avanzata dalle feste. Abbiamo acceso la tv e mi sono addormentato sul divano. D'un tratto ho quasi avuto l'impressione di un incubo, invece era la faccia di Henry Fonda apparsa all'improvviso un attimo che ho aperto gli occhi. Non so perché, ma mi è sempre parso un alieno, ogni volta mi fa pensare a un manico di scopa con arti in movimento. Il guaio è che anche la figlia mi fa la stessa impressione, ma non è colpa sua. E' ovviamente un'impressione indotta. Le cose però stanno così, e ogni volta che vedo Jane, mi pare di vedere Henry e riappare il manico di scopa. Pare che stanotte abbiano arrestato Cutrì. Nell'atmosfera di sfiducia e generale sfascio che si respira dentro e fuori casa, sembra incredibile che qualcosa funzioni ancora. I carabinieri, a quanto pare, funzionano. Sono rimasto solo un po' sorpreso quando ho letto le dichiarazioni di un tenente colonnello, se non vado errato, che ha parlato di una cattura dovuta a un'operazione condotta con precisione chirurgica. Non erano le bombe americane, quelle intelligenti, le smart bombs, a colpire con precisione chirurgica? La precisione chirurgica estesa all'area combattente è roba americana. Per carità, diamoci una regolata nell'importare dagli Stati Uniti. Non occorre importare proprio tutto.