lunedì 10 febbraio 2014

Lunedì, 10 febbraio, 2014. Questo è sicuramente un diario anomalo. Mancano i fatti importanti, le passioni, i dolori, i momenti felici e quelli tristi, le speranze, le delusioni, i successi e gli insuccessi della mia vita. Può anche capitare che ne faccia cenno, ma senza indugiare sul significato profondo, sugli scarti esistenziali che essi hanno significato, determinato, nel bene e nel male. Più passa il tempo, più il senso della vita mi sfugge. A qual fine siamo venuti alla luce, perché viviamo o siamo vissuti, come cambierà il mondo dopo che saremo morti. Si potrebbe cercare di dare un senso alla vita, come alcuni hanno fatto, nell'ambito di un contesto che di per sé appare già privo di senso, sia che lo abbiano cercato nella lotta, nel dolore o nella morte. Come se negli imperscrutabili equilibri dell'universo l'estinguersi di una pulce facesse differenza con quella di un essere umano. Come se in tali equilibri il potere, la prevaricazione, la sottomissione, la lotta, il sacrificio, il rischio della vita, il riscatto potessero meritare una collocazione di qualche universale interesse. Si potrebbe anche provare a dare un senso alla propria vita in non importa quale forma di successo artistico, scientifico, finanziario. Illusione. Fatico a trovare un esempio che calzi alla perfezione, che sveli il messaggio instabile che mi attraversa il cervello, lo spiaccichi contro il muro e lasci che me lo legga in tutta calma. Nel frattempo potremmo pensare a un macchinario enorme, immenso, smisurato al di là di ogni immaginazione, con un numero ancor più smisurato di ingranaggi, di cuscinetti con le loro minuscole sfere d'acciaio e che in una di tali minuscole sfere si sia sviluppata la vita. Gli esseri che abitano questa minuscola sfera sono talmente piccoli, rispetto al colossale marchingegno, pressoché invisibili. Si vedono però l'un l'altro, e come. Si vedono e si odiano, e per lo più cercano di farsi del male. Anche quando dicono si amarsi, a volte subito dopo. Tutto ciò che ritengono importante, tutto il sapere accumulato, tutte le religioni che hanno creato e per le quali si sono combattuti e sterminati per secoli, tutto ciò non riguarda che gli invisibili abitanti di una minuscola pallina d'acciaio sperduta chissà dove nei meandri del marchingegno incommensurabile. Esso, benché aspirino perfino a diventarne padroni, li ignora, come fa peraltro con ogni essenza ininfluente sui suoi equilibri. Dunque, qual è il senso delle loro vite? Neppure si sa cosa ci stiano a fare su quella pallina, uguale a bilioni di bilioni di altre. Rebus sic stantibus, ricollegandomi all'inizio di questo discorso stanco, mi sono chiesto perché dover includere nel diario dolore, passione, felicità e tristezze, speranze e delusioni, successi e insuccessi, palpiti insignificanti di un essere insignificante relegato su una minuscola pallina d'acciaio, un essere che per nulla contribuisce al sincrono e quasi miracoloso funzionamento del macchinario. E' davvero la vita un succedersi di tanto grandi e nobili passioni, e anche di meno nobili, invidia, gelosia, odio, oppure non è che lo scandire del tempo da quando si viene al mondo fino alla morte con il solo compito di procreare e continuare la specie degli invisibili? Qual è la realtà, quali le azioni che vengono davvero scandite dal tempo? I giornali ne sono pieni. E' la cronaca quotidiana della comunità degli invisibili, ma anche quella personale, che riguarda ciascuno di loro. Con il succedersi dei fatti si riempiono le giornate, la cronaca delle giornate scandisce la vita. “La vita è tutto ciò che ci accade mentre facciamo programmi”, qualcuno ha detto qualcosa del genere, forse John Lennon, ma non ne sono sicuro. Svegliarsi ogni mattina, vestirsi, far colazione, prendere l'auto, andare al lavoro, fare pranzo, tornare al lavoro, riprendere l'auto o un mezzo pubblico, tornare a casa, cenare, litigare, guardare la tv, andare a letto, fare l'amore, dormire. Si potrebbe aggiungere il tempo risucchiato da malattie, visite mediche, esami clinici, interventi chirurgici, da file interminabili alle poste, alla banca, a qualsiasi sportello dove si pagano utenze e simili, ecc. Non è questa la vita? Non è questa la cronaca cui la morte imporrà un finale drastico? Molto riduttivo, si dirà. Ma se gli invisibili finalmente ce la faranno, come inspiegabilmente pare abbiano specificato nell'agenda delle più ambite mete, a sbriciolare e distruggere la minuscola sfera d'acciaio sulla quale hanno vissuto e prosperato, allora non solo quel concetto riduttivo non ci sarà più, ma non ci sarà né ci sarà mai stata vita sopra di essa. Ho esordito dicendo che questo è un diario anomalo. Ora posso precisare che è anomalo perché riduttivo e che è una fortuna poterne ancora scrivere uno. Con leggerezza, senza eccessivo impegno.

Nessun commento:

Posta un commento