Sabato 21 aprile2012
Stamattina ho fatto un salto al
molo, ma avevo poca voglia di uscire in mare. Per di più soffiava quello che
gli antichi romani chiamavano Garbinus, che in italiano è diventato Garbino e
che è sinonimo di Libeccio. Molti non conosceranno il Garbinus e neanche il
Garbino ma credo che tutti conoscano il Libeccio e sappiano cosa significa una
libecciata. Per chi non ne fosse al corrente, chi si prende una libecciata si
trova esposto a un vento di sud ovest che può cambiare direzione ogni momento
e ti aggredisce con raffiche
violentissime e micidiali. Con un quattro metri in vetroresina scuffiare è
facile, come pure ritrovarsi con l’albero spezzato o le vele a brandelli. Non è
detto, comunque, che non ci sia modo di affrontarlo. Con una lunga esperienza
alle spalle, si può. E’ una gran faticata, ma ne vale la pena e si torna a
terra con un pieno di adrenalina. Più o meno come fare bungie jumping o volare
sopra le cime con un deltaplano. Stamattina non sentivo una spinta sufficiente
e non mi sono sentito all’altezza. Scelta sbagliata, perché me ne sono pentito
ancor prima di arrivare a casa. Anche perché oggi è sabato e non avrò una nuova
occasione. Il pomeriggio è consacrato alla famiglia. Se ne riparla domani. Ho passato il pomeriggio davanti alla
televisione insieme a mia moglie. Ci siamo visti un bel film indiano Mi
piacciono i film indiani, anche se mi insospettiscono. Pensare che i figli
possano amare i padri e le madri, e viceversa, che le mogli amino teneramente i
mariti e viceversa, che pazienza, accettazione e tolleranza possano rimpiazzare
violenza, insofferenza e fanatismo e che tutto ciò venga rappresentato in un
film come per descrivere una realtà mi insospettisce. Sarà per via di questa
società dionisiaca che mi è piombata addosso come un elefante ubriaco.
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