domenica 4 luglio 2010

Domenica 21 febbraio
Finalmente non piove, anzi, un mattino di sole. Otto gradi e mezzo. Qui a due passi hanno aperto qualcosa che sta a metà fra una panetteria e una pasticceria e a volte torna comoda per andarci a comprare un paio di maritozzi appena usciti dal forno. Di solito facciamo colazione a fette biscottate e marmellata, ma stamattina bisogna festeggiare il sole. Ai due maritozzi aggiungo una treccina spennellata a dovere che mi strizza l’occhio da dietro il vetro. Torno a casa e metto tutto sul tavolo del tinello, poi passa mia moglie e approva con un’occhiata. Così cominciamo bene la giornata. Ieri è stata dal dentista e l’ha trovato un po’ giù di corda. Pare che, con la crisi in atto, gli italiani ridano di meno e mangino come possono, magari masticando con i canini se non con gli incisivi. La percentuale di affari in calo, rilevata dagli odontoiatri, si avvia al 20% e la paura è che tenda a salire. Non solo vengono procrastinati cure e interventi non proprio indifferibili, ai quali non è connessa una sofferenza immediata, ma soprattutto, aita, aita!, molta gente pare aver rinunciato alle protesi. Le protesi d’oro. Dunque sono in pensiero i dentisti, ma anche gli odontotecnici con i loro laboratori piccoli e grandi, che sfoderano corone, ponti e dentiere che poi vengono presentate al paziente come gioielli per teste coronate. Un mio amico dovrebbe rimettersi, chiedo venia per il linguaggio profano, quattro denti, solo per poter masticare in modo decente e non rovinarsi lo stomaco e il resto dell’apparato digerente. Gli è stato presentato un preventivo di ottomila, dico ottomila, euro. Il prezzo di un’utilitaria, che potrebbe costare anche di meno, pagamento in trentasei rate senza interessi. Lo si può capire, ha subito un contraccolpo ed è andato giù di corda, ma non è andato giù il preventivo. Per concludere, non me la sento di compatire i dentisti né di confortarli né di augurar loro che corone, ponti e dentiere si rimettano in moto. Se proprio non ce la fanno, si potrebbe studiare un congruo prepensionamento. La loro improvvisa sparizione potrebbe anche indurre qualcuno a migliorare e soprattutto snellire l’assistenza odontoiatrica e i comuni mortali tornerebbero a masticare senza azzardare coinvolgimenti nel giro dei mutui, specie se a tasso variabile, con il rischio di dover smettere di masticare del tutto. Arriva il postino e mi consegna la risposta di una casa editrice, una di quelle serie, che non prendono gli autori per coglioni cercando di vendergli i libri che hanno scritto. Se non sbaglio, ho spedito la proposta editoriale nell’ottobre del 2007. Dovrei essere emozionato, eccitato, invece è come aprire la busta di una pubblicità di cosmetici destinata a mia moglie. Mi si dice che il mio romanzo è interessante e certamente atto a tenere desta l’attenzione del lettore, ma purtroppo…., poi la solita stronzata dell’impossibilità di inquadrarlo nel programma editoriale. Il mio problema non è scrivere, ma inquadrare. Era comunque una pratica che nell’intimo avevo chiuso da tempo, perciò mi risparmio l’ultimo fanculo e finisco la colazione. C’è ancora il sole e la temperatura è sui dieci gradi. E’ il caso di azzardare una breve uscita. Prendo gli attrezzi e vado a lavorare alla barca. Sulla spiaggia c’è poco vento, si sta bene. Con il trapano comincio a fare il primo buco per fissare gli occhielli. E’ lento, svogliato, e ha ragione. L’ultima volta che l’ho messo in carica, ce l’ho lasciato una trentina di ore e devo aver mezzo arrostito la batteria. Degli otto fori in programma, riesco a farne quattro e il quinto rimane a metà. Ha fatto quello che ha potuto, perciò evito di smoccolare. A casa dovrei avere un piccolo trapano manuale, non ricordo bene dove, ma dovrebbe esserci. Sono un paio di chilometri. Rientro e mi metto a cercarlo. Lo trovo ma è bloccato, non lo uso da secoli. Il barattolo del lubrificante è vuoto, o quasi. Provo con inclinazioni diverse e alla fine riesco a spruzzarne qualche goccia sull’ingranaggio. Mi aiuto con un martello e alla fine si sblocca. Ritorno alla barca e finisco gli otto fori. Missione compiuta. Fossi anche rimasto a mezza strada, poco male. Mi premeva mettere un po’ di ossigeno nei polmoni, e anche un po’ di iodio. A pranzo mia moglie mi propone un timballo che è una cosa a metà fra le lasagne al forno e le tagliatelle al sugo. In epoca di pizzerie, rosticcerie, surgelati e forni a microonde è roba per pochi. Squilla il cellulare, da qualche parte, il mio, e come al solito dovrei mettermi a cercarlo, perché mi rimane nella stessa tasca anche per settimane e a volte ritorna nell’armadio con gli indumenti. Il suono è smorzato e sembra proprio venire dal piano di sopra. Spiacente, richiamerà. Spargo sulla crosta il parmigiano e comincio a lavorare di forchetta, prima che si raffreddi. Difficile dire perché, ma l’ondata del cellulare mi ha appena sfiorato. Quando esco mi dimentico sempre di portarmelo appresso e quando rientro non so mai dove si trovi. Insomma, sono rimasto immune all’ansia da cellulare. Quasi mi dispiace, adesso che sono stati riabilitati. Si diceva che fossero micidiali per la salute, che per effetto delle onde elettromagnetiche potessero insorgere neoplasie e disgrazie simili, e altro ancora, mentre adesso, incredibilmente, le stesse onde elettromagnetiche potenziano la memoria e costringono l’Alzheimer a regredire. E le prove? I topi, i veri amici dell’uomo, che si sono fatti venire l’Alzheimer e sono rimasti per mesi a rincoglionirsi al telefonino per fornire i dati. A voler essere maliziosi e considerando il giro di affari intorno ai cellulari, verrebbe da chiedersi chi ha sponsorizzato l’esperimento assolutorio ma, come le vie del Signore, anche quelle di eventuali committenti sono infinite. In mancanza di prove, Honì soit qui mal y pense.

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