28 gennaio 2014. Tutto
ciò che ci succede diviene esperienza, e l'esperienza non va
assolutamente dispersa nel dimenticatoio dai sussiegosi mortali,
sempre sicuri di trascorrere in vita i prossimi dieci minuti. Tutte
le esperienze, anche le meno significative, andrebbero raccolte in un
libro, da rileggersi periodicamente, avidamente, più ingordi di
Gargantua e Pantagruel. Registro questa piccola esperienza per
ricordarmene ogniqualvolta uscirò di casa con un qualsivoglia
programma. Domenica, diciassette e trenta, è già piuttosto buio.
Salgo in macchina con mia moglie per andare a vedere “Tutta colpa
di Freud”. Di solito scegliamo fra tre sale cinematografiche,
trascurando la multisala, che ci rimane un pochino scomoda. Prima di
uscire, ho già verificato con attenzione in quale delle tre sale
viene proiettato il film che ci interessa e a che ora. Accensione.
Telecomando per il cancello automatico. Funziona. Mia moglie ha una
resipiscenza tardiva e si ricorda dell'ombrello. E' nell'altra
macchina. Scendo e vado a prenderlo. Si richiude il cancello. Risalgo
in macchina e avvio il motore. Telecomando per il cancello
automatico. Non funziona. Nel prenderlo da sotto il cruscotto, si è
sganciata la batteria. E' caduta sul tappetino, dalla parte di mia
moglie. Intabarrata com'è, con il freddo che fa, con un borsone
sulle ginocchia, non riesce a muoversi. Deve scendere. Accendo la
luce interna. La batteria non si trova. Tolgo i tappeti, ficco le
dita in tutti gli interstizi possibili. Non c'è più. Il tempo passa
e rischiamo di perderci il film. Pazienza, la troveremo. Scendo di
nuovo e vado a prendere il telecomando dell'altra auto. Funziona.
Accensione e via. Resta qualche preoccupazione per il parcheggio, più
difficile da trovare la domenica che cento euro per la strada. Però
se ci sbrighiamo... Di colpo ci sbarra l'ingresso al sottopassaggio
un divieto grande quanto un sole di mezzanotte. Niente da fare. Ce
n'è un altro un un mezzo chilometro più avanti. Lo infiliamo e
torniamo indietro. Si fa per dire. Cento metri e la strada è già
intasata. I minuti passano...La fila procede lentamente, ma per
fortuna procede. All'ingresso del corso principale, un altro sole di
mezzanotte. Ci sbarra la strada e ci incanala in una via laterale. Di
nuovo in processione. Lenta. I minuti passano...La processione
continua finché incredibilmente non sfociamo in una via meno
ingombra che però è dannatamente fuori rotta. Mi concentro per
trovare una scorciatoia fra vie e viuzze e rimedio un parcheggio, sia
pure un po' stortignaccolo, a un duecento metri dal cinema. Mancano
meno di cinque minuti all'inizio. Corriamo fino alla biglietteria. Lì
ci informano, con discreta noncuranza e anche con una scrollatina di
spalle, che c'è stato un errore nell'inserire la programmazione sul
sito e che “Tutta colpa di Freud” viene proiettato in un altro
cinema. Inutile rifiutarsi di crederci, perché è vero. Torniamo sui
nostri passi, con il fiatone nuovo e quello in parte già accumulato,
e raggiungiamo l'auto. Senza perdere tempo a mandare accidenti,
percorro rapidamente (questa volta è una zona poco trafficata) un
paio di chilometri, occupo l'unico posto libero di un piccolo
parcheggio a due passi dal cinema, raggiungiamo la biglietteria. Il
film è appena cominciato. Entriamo e la prima impressione è di un
gran pienone con tutti i posti occupati. Assuefacendosi gli occhi
alla luce, cominciamo a scorgere alcuni vuoti. Pochissimi e mai
appaiati. Ci rassegniamo e ci sediamo in due file diverse. Per
fortuna il film non è male, ci rilassiamo e riprendiamo fiato. Alla
fine si riaccendono le luci e getto uno sguardo dalle parti di mia
moglie. E' già in piedi. Mi distraggo un secondo e quando mi volto
di nuovo non la vedo più. Vado di corsa. E' inciampata in qualcosa
ed è caduta a sedere sugli scalini. Per fortuna non si è fatta
niente. O quasi.
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