giovedì 24 marzo 2011

diario di un qualsiasi nessuno

Giovedì, 29 luglio 2010. Da qualche settimana sto dando la caccia a un paio di passaporti che pare abbiano smarrito la strada. Stamane, sul tardi, mi sono recato per l’ennesima volta all’apposito Ufficio, dove avevo appuntamento con uno che non c’era. Capita. In questi ultimi giorni il tempo è stato amico e mi ha regalato diversi sciroccali e qualche grecale da adrenalina. L’ultima volta mi è costato il fiocco, strappato come uno straccio vecchio, ma va bene così, tanto era agli sgoccioli. Naturalmente parlo del fiocco del Vaurien, perché per il momento con la barca nuova ho rotto ogni rapporto. In primo luogo, perché porta sfiga, ogni volta che ci esco il vento sembra appartenere a un altro pianeta e mi pare di navigare sopra una papera di plastica. Se invece c’è un po’ di vento, cala immediatamente o svanisce del tutto appena esco dal porto. Così sono tornato al mio vecchio amore, che a terra appare un rudere, tanto che qualcuno mi chiede se davvero intendo uscirci in mare, specie quando il vento si mette a fischiare, ma che sopra le onde è docile come uno spinone. Naturalmente è anche colpa sua se ho trascurato il diario, non ci si può occupare di due amori alla volta. C’è chi sostiene che anche l’uomo, monogamo, debba occuparsi di una donna alla volta, ma questo può diventare un discorso compromettente, perciò meglio piantarla qui. Il fatto è che rileggendo queste pagine, mi mancano i giorni senza annotazioni. Pare quasi che non li abbia vissuti e istintivamente cerco di ricordare. Che cosa ho fatto per la bellezza di 17 giorni? Beh, sono andato in barca, per certo, e tutto il tempo passato in mare non è andato sprecato. In fatto di iodio sono ancora in fase di recupero. Ho anche lavorato al computer, ho scannerizzato dei piccoli quadri e qualche foto per le copertine dei thriller e degli altri libri che ho messo sul mio sito. I quadri naturalmente sono miei e di solito li tengo sotto chiave, come il mio amore per la pittura, che va aggiunto a quello per la vela, per lo scrivere, per la poesia, specie se dialettale, per le lingue straniere e forse anche qualcos’altro. Tenerlo sotto chiave non è un problema, anche per lunghi periodi, durante i quali quasi me ne dimentico. Poi, d’un tratto, esplode all’improvviso, come un vulcano, e allora sono cenere e lapilli e colate di lava che sommergono tutto il resto. Quasi tutto l’entusiasmo, però, resta nell’intenzione, perché solo di rado lo ritrovo nel dipinto, motivo sufficiente perché covi questa passione in segreto. L’eruzione può durare un mese, due, a volte è durata sei mesi, poi cessa di botto, proprio come è scoppiata, e io mi ritrovo con un numero di nuovi dipinti e non faccio che aggiungerli a quelli vecchi. Per qualche tempo me li riguardo, a volte compiaciuto a volte no, poi li archivio e torno a dimenticarmene. Mai pensato che potessero tornarmi utili per illustrare le copertine delle mie pubblicazioni on line. Impara l’arte e mettila da parte, la vita è piena di sorprese. Che altro ho fatto in questi giorni? Ricordo di essere stato dalla doc, ma non ricordo il perché. Ah, si, il cerume agli orecchi. Mi capita,ogni quattro o cinque anni, di risvegliarmi una mattina sordo come una campana. E’ roba da poco, ti sparano un mezzo litro di acqua calda nell’orecchio con una siringa di metallo che peserà almeno un chilo e il tappo viene rimosso e subito torna l’udito. Il guaio è che mi hanno fissato l’appuntamento a più di un mese di distanza e fino ad allora dovrò cavarmela con quel poco che riesco a sentire. L’evento più clamoroso, riguardo ai tappi di cerume, mi capitò ai tempi dell’università, il mattino in cui dovevo sostenere la prova di dettato in inglese. Fu vero panico. Per fortuna c’era nei pressi di casa mia un ambulatorio di suore che mi salvarono dalla catastrofe con una procedura d’urgenza. In un periodo così lungo avrò fatto certamente dell’altro, ma non mi viene in mente. Ho ascoltato il telegiornale all’ora di pranzo, causa la contemporaneità degli eventi, e mi compiaccio che il vocabolario usato dai mezzi busti e da quelli esposti per intero, intendo anche corredati di arti superiori e inferiori, si sia notevolmente arricchito, consentendo pari arricchimento a ogni settore dell’audience. Anche gli italiani meno ferrati nella propria lingua saranno stati ormai indotti a comprendere e a far propri vocaboli come concussione e collusione, finora relegati negli atti giudiziari e non disponibili per la massa. Se le cose continueranno allo stesso modo, non c’è neppure il pericolo che se li dimentichino. Ricordo anche di aver cercato di rimettere le mani sul giallo che ho lasciato a metà, ma ho proprio perso ogni feeling con i personaggi e, se non sbaglio, anche con la tastiera. Perciò ho deciso di riprendere con un po’ di esercizio. Ho buttato giù una scaletta, cosa insolita per me perché mi toglie il gusto di decidere come proseguire a seconda delle situazioni che si presentano, per un breve racconto thriller. Così, per rifarci la mano. Poi lo includerò nel Diario di un qualsiasi nessuno. Qualcuno potrebbe anche aver voglia di leggerlo.

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